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Visualizzazione dei post con l'etichetta minoranze

Trasformare la casa natale di Tina Modotti, nel museo Tina Modotti, può essere una grande opportunità per Udine

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Tina Modotti è probabilmente più apprezzata all'estero che in Friuli. Semplicemente è a dir poco sconcertante che non esista praticamente quasi nulla dedicato a lei. C'è una sala dedicata a Tina Modotti in città, c'è un punto Modotti, che ospita dei quadri di artisti locali, a pochi passi dalla casa natale di Tina Modotti che è cercata più dai messicani, sudamericani che altro. Eppure in quella via affascinante a pochi minuti a piedi dal centro di Udine, in via Pracchiuso 89, c'è la casa natale di Tina, dove sorge una targa con le parole di Neruda che ne ricordano l'essenza. La facciata della casa è stata recentemente restaurata e l'edificio ospita l’asilo notturno “Il Fogolâr”   inaugurato il 4 settembre del 2006  ed ospita le persone senzatetto  ed è gestito dalla Caritas. All'interno vi si trovano delle stampe e copie di alcune fotografie di Tina. Sarebbe il minimo sindacale pretendere di trasformare la casa natale di Tina Modotti in un museo che possa ac...

La Croazia e quei capricci nazionalistici fuori da ogni tempo sul bilinguismo

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  La Croazia è una nazione splendida, ricca di contraddizioni, fortemente cattolica, orgogliosa dei propri colori, della propria bandiera, che primeggia dal turismo, allo sport, pur essendo un Paese grande quanto una regione italiana, eppure, ci sono delle cose che continuano a far storcere il naso. Come il bilinguismo. Se in città come Fiume, Rijeka, che è impossibile veder chiamate Fiume con un cartello bilingue, come accade d'altronde similmente a Trieste, dove Trst, lo si può leggere solo fuori dalla città, dei tentativi azzardati  vi sono, come alcune targhe poste per ricordare i nomi storici delle vie, bisogna constatare però che è molto complicato riuscire a trovare dei cartelli, delle indicazioni, in italiano. Eppure la minoranza italiana esiste, ha delle proprie comunità, che faticano ad ottenere delle concessioni, dei diritti. Balza all'occhio ad esempio una segnalazione che giunge dalla splendida Lussino. E non è l'unico caso che accade in Croazia. Dove un cartel...

L'italiano esodato... da Cherso

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  Prima del famigerato esodo, Cherso, come Lussino e come tanti altri posti del Quarnero, dell'Istria croata oltre che slovena, della Dalmazia, la presenza degli italiani autoctoni era importante, in alcuni casi si arrivava ad avere la maggioranza assoluta, poi, quello che è stato, è stato, i diritti però del bilinguismo, finalizzati a tutelare tanto l'italiano, quanto le radici e l'identità storica e culturale di questi luoghi, in un certo senso anche se con fatica sono sopravvissuti e difesi con battaglie quasi quotidiane da decenni da parte degli abitanti della minoranza del luogo. Però a volte capita di dover fare i conti con la legge dell'assurdo. Come a Cherso. Dove se da un lato emerge la sede della comunità italiana, con tanto di tricolore, dall'altro, il bilinguismo è praticamente inesistente. Anzi, ridicolizzato. Ci sono cartelli in inglese, sloveno e tedesco e non in italiano, altri, pochissimi, una manciata, in italiano, solo messi forse come accontentin...

Vidali: da difensore dei diritti della minoranza slovena a sostenitore della zona franca di Trieste

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Il paraculatismo politico Nella società di oggi si assiste a dei paradossi incredibili, dove aree politiche che per una vita hanno osteggiato i diritti delle minoranze slovene o manifestato profonda avversità verso tutto ciò che potesse profumare di Austria, con una strepitosa capovolta, si elevano a tutori dei diritti delle minoranze slovene o rispolverano i simboli dell'Impero. Ma i motivi sono pressoché di natura economica, da un lato, chiamasi "paraculatismo politico" e di consenso elettorale, dall'altro, va constatato che il DNA rimane immutato. Tra le accuse che giungono, come un nastro rotto, è che Vittorio Vidali, accusato di essere l'artefice di tutti i mali del mondo (non fu un santo sia ben chiaro), sarebbe stato un profondo odiatore degli sloveni e volle affossare l'autonomia triestina. Baggianata storica. La storia di Trieste è complessa e segnata da tappe fondamentali che hanno comportato anche un mutare delle strategie politiche in corso.   Cont...

La minoranza italiana in Slovenia e Croazia tra qualche decennio non esisterà più ? Si pagano le conseguenze del crollo dell'Impero Asburgico

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Scongiuri a parte, si intende, c'è un dato statistico importante, che da un lato vede sempre incrementare l'emigrazione dalla Croazia e dalla Slovenia, in particolar modo in Croazia si sta assistendo ad un vero e proprio tracollo demografico, ed in tutto ciò, mentre si continua a dibattere sul passato, palla al piede ancora in queste terre per un '900 che ha lasciato profonde cicatrici, bisogna fare i conti con i numeri che non perdonano. Certamente è stato significativo l'esodo istriano, fiumano e dalmata, migliaia di italiani andarono via dalla Jugoslavia, principalmente perchè non accettavano di vivere in una terra che non fosse più italiana ed in uno stato politicamente comunista e che verso gli italiani, in relazione a quanto accaduto con il ventennio fascista, aveva delle pregiudiziali inevitabili, come accadde un pò ovunque, nelle terre contese, in quella che si può chiamare la tipica coda delle guerre. Impressionante fu sicuramente l'esodo da Pola dove dichi...

Da Capodistria a Fiume, da Trieste a Udine passando da Gorizia, una regione fondata sulle minoranze, cuore della Mitteleuropa

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  Si parlavano tante lingue, e tante se ne continuano a parlare. L'Impero Asburgico è stato chiaramente anticipatore di quell'Europa che altro non è un grande contenitore di identità, nazionalità, di maggioranze e minoranze. Ci sono lingue principali, come allora era il tedesco, e poi nella Pubblica Amministrazione si dovevano conoscere i fondamenti almeno di quelle parlate nelle proprie città, ora sono l'inglese con il tedesco ed il francese a giostrarsi il primato, in un vecchio continente dove si parlano la bellezza di 24 lingue ufficiali, più una miriade di non ufficiali con decine e decine di dialetti e varianti. Sono queste: bulgaro, ceco, croato, danese, estone, finlandese, francese, greco, inglese, irlandese, italiano, lettone, lituano, maltese, neerlandese, polacco, portoghese, rumeno, slovacco, sloveno, spagnolo, tedesco, svedese e ungherese. Sotto l'Impero erano una ventina: Tedesco, ungherese, italiano, sloveno, serbo, croato, romeno, polacco, ce...

Gradisca deve recuperare quelle radici slave oggi dimenticate se non perdute

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  Gradisca d'Isonzo, dal 1936 vanta il titolo di città, e rientra tra i comuni friulanofoni del FVG. In friulano è Gardiscje  e  Gardiscja nella variante locale.    Pare che la prima volta venne citata in un documento ufficiale fu nel 1176, descritta come un villaggio agricolo di sette famiglie, alcune di origine slava, altre latine, sottoposte alla giurisdizione del Patriarca di Aquileia.  Lo stesso toponimo Gradisca pare abbia origine slave. Gradišče. A proposito delle radice slave di Gradisca, oggi perdute, interessante notare quanto riportato dall'ultimo censimento effettuato dall'Impero Austroungarico. Censimento che veniva realizzato con cadenza decennale, dal 1880, ogni 31 dicembre dell'anno di riferimento, si analizzava a livello statistico la propria popolazione. L'esito del censimento era in lingua tedesca, ma nello stesso volume i nomi dei luoghi venivano invece riportarti ora in modo plurilingue, come Trieste, che era Triest e Trst, Gorizia,...

Quel bilinguismo osteggiato a Trieste fin dai tempi dell'Austria ad oggi. Il dibattito feroce in Parlamento negli anni '50 contro l'uso dello sloveno a Trieste

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A Trieste, leggere Trst, non se pol. Nonostante il Memorandum di Londra, che sancì il passaggio dall'amministrazione alleata a quella italiana affermasse espressamente il diritto dell'uso della lingua slovena a Trieste come esercizio del principio di eguaglianza. Ma il bilinguismo a Trieste è sempre stato zoppicante ed osteggiato.    Il dibattito che ci fu in Parlamento dal 1954 al 1958 in particolar modo, sulla questione del bilinguismo in città, rivelò tutta l'avversione della componente nazionalista nei confronti dell'uso della lingua slovena in città. Il deputato dannunziano Anfuso, del MSI si appellò al paradosso che neanche la tanto odiata Austria che aveva sempre spalleggiato i popoli slavi in Italia avesse osato garantire il bilinguismo: " Tutti i colleghi sanno che l’Austria (l’Austria che aveva il rispetto federalistico connesso alla sua natura di Stato federalistico) si rifiutò sempre di ammettere il bilinguismo slavo a Trieste. L’Austria si oppose al g...

Riconoscere i diritti della minoranza linguistica alla comunità bengalese di Monfalcone? C'è il precedente del talian in Brasile

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Secondo la Treccani per minoranze linguistiche si intendono gruppi di popolazione che parlano una lingua materna diversa da quella di una maggioranza: quest’ultima si identifica normalmente coi parlanti che hanno come lingua materna la lingua ufficiale dello Stato di cui sono cittadini.   Oramai son trascorsi poco più di vent'anni da quando il primo bengalese mise piede nella città dei cantieri, da allora c'è stato un boom, siamo arrivati a circa 5 mila e più cittadini di nazionalità bengalese che vivono nella bisiacaria. La maggior parte concentrati su Monfalcone che vanta la presenza di mediamente il 5% della popolazione di nazionalità bengalese in una città che ha l'incidenza di stranieri più alta del FVG pari al 26,3%, in base agli ultimi dati. I bengalesi oramai sono la comunità nazionale diversa da quella italiana più importante del monfalconese, radicata nel territorio, con proprie attività, associazioni, nonostante le diverse problematicità con cui devono fare i con...

Anche se a Fiume son rimasti solo 2500 italiani, il bilinguismo va preservato. L'identità si tutela a prescindere dai numeri

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Fiume oggi conta circa 2500 italiani. Come è stato ricordato nel recente incontro tra il nuovo sindaco di Fiume, Filipovic e l'Unione italiana fiumana. Numeri che fanno una certa impressione se si va a guardare la storia fiumana, dove gli italofoni erano in base all'ultimo censimento austroungarico quasi il 50% della popolazione, per arrivare con i processi dell'italianizzazione fascista quasi al 70% della popolazione locale. Fiume ha una storia di pluralismo, ungheresi, italiani, croati, serbi, una città internazionale, che non a caso ebbe la sua massima vitalità quando fu città autonoma. Poi, contesa dai rispettivi nazionalismi, quello italiano prima, che a partire dalla disgraziata sventura dannunziana per 500 giorni farà scivolare Fiume nell'inizio del suo incubo che si perfezionerà nel 1924 con l'annessione all'Italia fascista. Poi contesa dal nazionalismo croato con la croatizzazione della città, per arrivare all'oggi. Una città dove a fatica si riesce...

L'ultimo grande censimento austriaco sul plurilinguismo prima della grande guerra. Si dovranno poi aspettare 60anni. Uno sguardo su Ronchi

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Nel Congresso Internazionale di Statistica che si svolse a San Pietroburgo intorno al 1870 si consigliò di introdurre nell'ambito dei censimenti della popolazione, il criterio della lingua d'uso, parlata dai cittadini.  Il primo a recepire questo criterio fu l'Impero Austroungarico, sotto la formula di lingua d’uso (Umgangssprache),  nel censimento il quale con cadenza decennale, dal 1880, ogni 31 dicembre dell'anno di riferimento, si analizzava a livello statistico la propria popolazione. L'esito del censimento era in lingua tedesca, ma nello stesso volume i nomi dei luoghi venivano invece riportarti ora in modo plurilingue, come Trieste, che era Triest e Trst, Gorizia, che era Gorz e Gorica, ora solo in italiano come Ronchi, Selz, Soleschiano, Vermegliano. Mentre Monfalcone, al cui distretto apparteneva Ronchi, veniva citata anche nella forma slovena di Trzic. L'ultimo censimento fu del 31 dicembre del 1910. Interessante il caso di Ronchi, che oggi come è no...

I nomi dei luoghi ora in italiano ora in sloveno o croato nei documenti dell'intelligence americana

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Con il Trattato di Pace del 1947 le conseguenze furono ben note. Si avviò l'esodo, importante, per alcuni aspetti epocale, le ragioni furono prevalentemente dovute al fatto che non si voleva vivere in uno Stato comunista e Jugoslavo e che non fosse italiano. Non furono le uniche, ma furono quelle prevalenti. Così come non semplici furono anche le vicende per gli optanti, le testimonianze raccontano storie diverse ed esperienze diverse. Solo in Dalmazia ne vennero accettate a fine novembre 1948 quasi un migliaio, di cui poco più un centinaio provenienti dalla zona di Lussino, località su cui è incentrato ora questo scritto. Si avviò con il Trattato di Pace anche una "restituzione" dei nomi dei luoghi al ceppo slavo. Questione che ancora oggi continua a far discutere nei Paesi dell'ex Jugoslavia. Vedi ad esempio quanto accade a Capodistria, dove si potranno leggere i cartelli stradali bilingui solo delle città dove il bilinguismo è applicato. Ljubljana a Capodistria, do...

I 50 mila italiani partigiani in Jugoslavia meriterebbero in Italia un monumento nazionale. Non rispettare il bilinguismo significa non rispettare anche il loro sacrificio

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17 furono le divisioni italiane che operarono in Jugoslavia, durante l'occupazione di quella terra contesa e dove si consumarono crimini atroci. Dopo la data che segnerà la svolta per l'Italia ed il riscatto anche per il Paese, l'8 settembre del 1943, si dovette scegliere con chi stare e da che parte stare. Ritornarsene a casa, in Italia, se autorizzati, con tutti i rischi del caso, combattere con l'esercito di liberazione della Jugoslavia contro l'odiato nazista, oppure tentare la sorte in una terra occupata. 50 mila italiani circa decisero di rimanere in Jugoslavia e combattere contro i nazisti insieme ai partigiani jugoslavi. Divennero partigiani. In Italia  delle sacche di resistenza attiva ci furono prima dell'otto settembre del '43, ma sarà possibile la resistenza armata diffusa solo con la disfatta dell'esercito. Armato comunque in modo ridicolo rispetto ai tedeschi, e soprattutto fu possibile perchè si voleva combattere contro  l'invasore. La...

Quel documento della CIA degli anni '60 con i nomi delle città jugoslave in italiano e poi rettificato nella forma "slava"

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I nomi dei luoghi hanno una importanza fondamentale, identitaria e di testimonianza del passato e delle radici storiche del luogo ma anche strategica. Un documento della CIA del 1963 con il quale si fotografava la situazione delle installazioni militari nelle principali località della Jugoslavia di Tito curiosamente riportava i nomi delle città in italiano, per poi in sede di revisione con un colpo di penna essere rettificati nella forma della lingua slava. Pola sarà Pula, Zara, Zadar, Capodistria, Koper, Spalato, Split, Fiume, Rijeka, ecc. Ciò probabilmente sarà avvenuto per una ragione strategica per consentire di identificare le città con i nomi riconosciuti in Jugoslavia in un tempo dove il bilinguismo non era sicuramente idilliaco. mb

Il nuovo sindaco di Fiume incontra il console italiano e la minoranza italiana: miglioreranno i rapporti con la minoranza italiana

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  Uno dei primi incontri ufficiali del nuovo sindaco di Fiume Marko Filipović è avvenuto con il console generale della Repubblica Italiana Davide Bradanini. Come rende noto il sito istituzionale della città di Fiume all'incontro hanno partecipato anche al vice sindaco Sandra Krpan, il segretario del comitato delle minoranze Verena Lelas, il presidente dell'assemblea italiana di Fiume Moreno Vrantanich e Marin Corva, presidente del comitato esecutivo dell'Unione Italiana. Il tema dell'assemblea è stato il miglioramento della cooperazione tra l'Italia e la città di Fiume e la minoranza nazionale italiana che è stato definito fino a quel momento come eccellente. Anche se delle criticità a Fiume non sono mancate a partire per esempio dalla questione del programma della città di Fiume capitale europea della cultura, non è stato scritto in italiano ad esempio. E non è stata una mancanza da poco. Il sindaco Filipovic ha espresso la sua soddisfazione sul fatto che un...

Si chiama Trieste Airport FVG ma non c'è un solo cartello stradale che lo indica così

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Nel 2016, con il processo di privatizzazione, lo scalo aeroportuale del FVG prenderà il nome di Trieste Airport Friuli Venezia Giulia. Mentre continuerà a rimanere intitolato a Brazzà.  Brazzà è Nato a Roma nel 1852 e morto a Dakar nel 1905, la sua famiglia aristocratica era originaria del Friuli,  prese anche la cittadinanza francese, divenne ufficiale della Marina di Francia, fu esploratore ma nell'ambito del colonialismo operando per l'interesse francese.  Dunque uno scalo intitolato ad un colonialista. Intitolazione sicuramente da rivedere . Intanto, è singolare osservare che in questi anni non si è rinnovata la segnaletica stradale che indica il Trieste Airport. Son rimasti i cartelli vecchi, genericamente indicando aeroporto, oppure aeroporto del Friuli Venezia Giulia, il vecchio nome. Singolare osservare invece come nei nuovi cartelli stradali collocati in prossimità dello scalo aeroportuale e bilingue, invece il nome dello scalo non solo non sia riportato, con...