C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

A Trieste ho incontrato la povertà.

Avrei voluto e dovuto parlare o meglio scrivere o tastierizzare degli eventi censurati di Puerta del Sol, a Madrid,  dove per protestare contro la riforma del lavoro approvata dal neo-governo spagnolo gli indignati spagnoli subiscono cariche da parte della polizia, oppure dell'aggressione fascista, l'ennesima, accaduta a Massa, dove tali  aggressioni , realizzate da parte di gruppi organizzati di estrema destra, continuano a dilagare con una normalità a dir poco allarmante.
Oppure del lavoro precario presso il Terminal Passeggeri di Venezia, per le navi da crociera.
Mi era giunta una segnalazione. Un lavoratore che vuole mantenere l'anonimato, per non incorrere in ritorsioni, mi evidenzia alcuni problemi, diffusi e conosciuti, tra cui il fatto che se non hai "la pelle bianca", difficilmente potrai svolgere la mansione di addetto al Terminal Passeggeri. E' solo uno sfogo o questa denuncia risponde alla realtà? Sarà così anche a Trieste con l'arrivo delle navi da crociera? Nuova precarietà diffusa? Rischi di razzismo? Chi controlla? 
Oppure della rivoluzione mancata ad Atene. 50.000 mila cittadini circondano il Parlamento. La repressione ha prevalso, la possibilità di rivoluzione è mutata in sfogo di rabbia, con palazzi e banche bruciate.
Sconfitta.
Una enorme sconfitta.
Invece, parlerò, scriverò, tastierizzerò, di una esperienza umana vissuta da poche ore, a Trieste.
Nulla di straordinario.
Tragicamente ordinario.
Finalmente la Bora ha ceduto il passo al sole. 
Trieste cerca di riprendersi da uno stato di prigionia imposto dalla natura.
Moria di pesci, tegole vaganti, tir ribaltati, ghiaccio mutato in neve sul Molo Audace.
Una sorpresa sorprendente per ogni occhio umano.
Una cartolina vivente.
Nella terra di confine, ogni confine è stato superato.
Però, accade che dalla cartolina, in pochi attimi, vieni trascinato nella realtà.
Quella che non vuoi vedere e toccare.
Quella che Città come Atene vivono e vivranno per il prossimo futuro.
La povertà.
La dignità calpestata dallo stato di necessità.
Superata Piazza della Borsa, incontri una signora.
La vedi barcollare.
Ora a destra.
Ora a sinistra.
Ed ancora destra e sinistra unite da una società senza più colore politico.
Piange.
Sì, piange, e chiede qualche centesimo per comprare dello zucchero.
Lacrime e zucchero, nel pieno di una vita che vorresti amare, ma che in questo preciso istante ti sconvolge.
Vedi le persone fuggire da quella situazione.
Altre avvicinarsi, altre sconvolte.
La signora piange e barcolla nel Centro della borghesia cittadina in cerca di aiuto.
Vuole solo delle zucchero.
In quel momento non comprendo. Bora o non bora, vento o non vento, neve o non neve, il mondo si è fermato.
Atene è vicina all'Italia.
Non per la rivoluzione che non vi sarà.
Ma per la povertà.
Per quella dignità umana che dovrà per stato di necessità essere nascosta o dimenticata.
Il tempo continua a correre.
La Bora, leggera, continua a soffiare.
La signora è sempre là.
Trieste anche.

Marco Barone



 

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