Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Trieste dal Molo Audace decadente, all'errata sincronizzazione dei semafori, alcuni problemi della Città

I semafori hanno un loro fascino.
Tre luci che in via automatica provano a conferire una sorta di ordine nel caos del traffico cittadino.
Pedoni, auto, camion, moto, biciclette tutti imprigionati dal rosso e liberati dal verde di quel segnale luminoso, inventato  a Nottingham verso la fine del 1800.
Ora vi domanderete perchè parlo del semaforo?
Semplice.
Perchè a volte ci si deve occupare anche di quelle piccole cose che condizionano la quotidianità, quelle piccole cose che in realtà possono divenire grandi cose e se la grande cosa è la prevenzione, allora non posso non parlare del semaforo e della errata sincronizzazione dello stesso.
Mi riferisco in particolar modo ai semafori disposti lungo le rive triestine,e nel particolare del particolare ai semafori disposti innanzi la seconda piazza più grande d'Europa che sfocia sul mare, la Piazza dell'Unità d'Italia.
Accade che non appena attraversi la prima corsia, con il semaforo verde, devi sostare qualche lungo ed interminabile secondo, in un breve limbo di terra, che divide le due corsie, quella che conduce verso il Molo VII e quella che conduce verso la Stazione centrale dei Treni. Un limbo di terra ove auto, camion e moto sfrecciano a pochi centimetri di distanza dalle persone.
Il problema è ora più rilevante specialmente visto l'arrivo della stagione turistica ed estiva e del contestuale arrivo delle navi da crociera che inevitabilmente incrementono l'affollamento proprio di quel tratto di strada.
Allora perchè non sincronizzare diversamente i semafori?
Che quando è verde da un lato sia verde anche dall'altro, in modo tale che il pedone possa attraversare direttamente l'intera strada per recarsi dalle rive verso la piazza o viceversa, senza dover sostare, a rischio della propria incolumità, nel bel mezzo di quel breve e stretto tratto di strada?
Parliamo di una cosa da nulla, che in realtà potrebbe rivelarsi una grande cosa.
I problemi che connotano la vita della città sono tanti, ma iniziamo con il risolvere le cose più semplici.
Trieste è una città ove i cittadini si attivano e parlano delle problematiche presenti nel proprio territorio, inviando segnalazioni e lettere al principale giornale della Città nonché ai minori, ai siti internet, ai blog, inviando anche svariate mail.
Alcune hanno riscontro altre si perdono nel vuoto del silenzio.
Sarà così anche per questa ennesima segnalazione?
Evviva la democrazia diretta e partecipata e questo è un piccolo esempio, di come il cittadino può e deve contribuire al buon funzionamento della vita cittadina,
Il semaforo, la cassetta della posta, il tutor sulla Costiera, il ponte sul Canal Grande, l'utilizzo delle risorse pubbliche, il sistema dei parcheggi, il degrado, la manutenzione mancata come il Molo Audace, sono alcune delle segnalazioni effettuate all'amministrazione pubblica che non sempre hanno avuto un riscontro concreto.
Penso per esempio al degrado del Canal Grande, che dopo una mia denuncia in rete,il Sindaco della Città di Trieste, Roberto Cosolini, così commentava verso fine febbraio del 2012,sulla sua pagina facebook,«Assieme all'assessore all'ambiente Laureni, stiamo programmando una serie di iniziative per pulire il Canal Grande, non appena le condizioni climatiche saranno più clementi».
 

E' estate, il tempo è clemente da almeno due mesi, ma il Canale è sempre sporco, per non dire di più. Oppure penso al molo quel molo che soffre ancora, nella sua parte finale, quell'angolo che dovrebbe congiungere lo sguardo dell'uomo sognante con l'Ursus, il gigante di ferro, è interrotto da un cedimento strutturale di quel molo che è per vari versi, non sempre poetici, il simbolo della Città. Un simbolo che perde pezzi, un simbolo che dovrebbe vivere in armonia con il mare, ma che ora soffre l'agonia di quel degrado che soffoca ogni senso di bellezza. Mesi e mesi di incuria, ed il molo cade letteralmente a pezzi.


Se è questo che deve accadere ad uno dei simboli della città, non oso pensare cosa  accade  al resto di quella città invisibile ai turisti, come la periferia, ove ruota la vita ordinaria di migliaia e di migliaia di persone.



Marco Barone

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