La salvaguardia del verde sia la principale opera pubblica

Per ogni albero tagliato, uno nuovo deve essere piantato! Questo è il principio che fin dall'800 ispira la politica del rimboschimento in Svezia e ben due terzi del Paese sono coperti da foreste. Il FVG è una regione meravigliosa, però in sofferenza anche a causa delle problematiche dovute ad un clima sempre più caldo. Cambiamenti climatici o meno una certezza c’è, i nostri Comuni devono dare la priorità alla cura del verde. Sia questa la principale opera pubblica da sostenere. Mettere da parte altre opere, che al momento sono da considerarsi come secondarie e investire nel verde. A partire da Ronchi che da decenni se la passa male e dove sembra più di attraversare un cimitero di tronchi che un parco urbano in evidente sofferenza. Ronchi ha le potenzialità per divenire un giardino pubblico in stile inglese, ma ad oggi siamo solo nel mondo dei sogni. Servono interventi propositivi e non polemiche o strumentali. Ciò che è stato è stato, serve una visione e una volontà che sia final...

Una, dieci, cento maschere contro il CIE di Gradisca



La maschera può essere il simbolo di quel legame e catena che condiziona l'identità dell'individuo mutando la sua libertà di essere in libertà di non essere, oppure un velo che che vuol annientare le differenze sociali, umane, per unire, tramite la protezione di quel misterioso  oggetto che è anche soggetto plastificato, l'umanità, siamo tutti uguali nell'essere umani, ma siamo tutti differenti nel vivere la vita sempre più disumana.
Non mi son mai piaciute le maschere, ho sempre vissuto la maschera con senso di inquietudine, però vi sono dei momenti in cui la maschera rappresenta meglio di ogni parola o scritto l'essenza che vuoi o vorresti comunicare e contrastare.
Una maschera, un prato verde, bandiere nere e rosso e nere, persone, chi con la divisa chi senza divisa che si fronteggiano per un maledetto muro.
Un muro alto, grigio come il cielo di questo giugno, un cancello automatico, un lampeggiante, e provi ad intravedere con lo sguardo fugace cosa si cela oltre quel confine.
Il Cie ed il Cara.
Sigle che sono anche sostanza di repressione ed oppressione legalitaria.
Persone che attendono di essere “identificate” nel primo caso, persone richiedenti asilo politico nel secondo caso.
Senza carta e bolli non puoi essere , ma solo sognare di essere o illuderti che sarai.
La clandestinità è l'effetto collaterale della cittadinanza, per come strutturata.
Certo, siam tutti figli e figlie dello stesso cielo e mare, ma per le regole della società, che mutano e ribaltano il senso della natura delle cose, non potrai mai essere figlio o figlia dello stesso cielo e mare, sarai solo un clandestino e come tale dovrai essere punito, perché tu, simbolo, dovrai essere l'esempio per tutti quelli che osano oltrepassare mari e deserti per sfiorare l'Italia.
Eppure questi luoghi sono stati dimenticati da buona parte della così detta società civile che lotta.
Certo, con le dovute differenze.
Vi sono ancora oggi associazioni, realtà, che lottano e contrastano tal sistema, ma la politica rappresentativa di se stessa ignora ciò che ha edificato, nonostante i Medici Per i Diritti Umani”abbiano certificato “condizioni di vita inumane, peggiori di quelle delle carceri”all'interno dei vari CIE sparsi per l'Italia. A tal proposito suggerisco di leggere un documento pubblicato su infoaction (http://www.info-action.net/attachments/article/2062/CIEdossier.pdf)

Ma vi sono persone che non dimenticano, come scritto poc'anzi. Prima una iniziativa in città e qualche giorno dopo proprio innanzi a quelle mura, organizzata dal gruppo germinal di Trieste e diverse realtà.
Uomini in divisa e uomini e donne senza divisa. Chi difende quelle mura, chi lotta contro quelle mura. E dentro persone con la maschera imposta dalla legge che inibisce ogni libertà di essere. Una performance del Living Theatre , fili color arancio, tuta nera, passi robotizzati, urla e dolore e poi l'unione.
Via quelle maschere.
Siamo uomini e donne, figli dello stesso cielo e dello stesso mare.

alcune foto del presidio del primo giugno 2013  al Cie di Gradisca




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