La
maschera può essere il simbolo di quel legame e catena che
condiziona l'identità dell'individuo mutando la sua libertà di
essere in libertà di non essere, oppure un velo che che vuol
annientare le differenze sociali, umane, per unire, tramite la
protezione di quel misterioso oggetto che è anche soggetto plastificato, l'umanità, siamo
tutti uguali nell'essere umani, ma siamo tutti differenti nel vivere
la vita sempre più disumana.
Non
mi son mai piaciute le maschere, ho sempre vissuto la maschera con
senso di inquietudine, però vi sono dei momenti in cui la maschera
rappresenta meglio di ogni parola o scritto l'essenza che vuoi o
vorresti comunicare e contrastare.
Una
maschera, un prato verde, bandiere nere e rosso e nere, persone, chi
con la divisa chi senza divisa che si fronteggiano per un maledetto
muro.
Un
muro alto, grigio come il cielo di questo giugno, un cancello
automatico, un lampeggiante, e provi ad intravedere con lo sguardo
fugace cosa si cela oltre quel confine.
Il
Cie ed il Cara.
Sigle
che sono anche sostanza di repressione ed oppressione legalitaria.
Persone
che attendono di essere “identificate” nel primo caso, persone
richiedenti asilo politico nel secondo caso.
Senza
carta e bolli non puoi essere , ma solo sognare di essere o illuderti
che sarai.
La
clandestinità è l'effetto collaterale della cittadinanza, per come
strutturata.
Certo,
siam tutti figli e figlie dello stesso cielo e mare, ma per le regole
della società, che mutano e ribaltano il senso della natura delle
cose, non potrai mai essere figlio o figlia dello stesso cielo e
mare, sarai solo un clandestino e come tale dovrai essere punito,
perché tu, simbolo, dovrai essere l'esempio per tutti quelli che
osano oltrepassare mari e deserti per sfiorare l'Italia.
Eppure
questi luoghi sono stati dimenticati da buona parte della così detta
società civile che lotta.
Certo,
con le dovute differenze.
Vi
sono ancora oggi associazioni, realtà, che lottano e contrastano tal
sistema, ma la politica rappresentativa di se stessa ignora ciò che
ha edificato, nonostante i Medici Per i Diritti Umani”abbiano
certificato “condizioni di vita inumane, peggiori di quelle delle
carceri”all'interno dei vari CIE sparsi per l'Italia. A tal
proposito suggerisco di leggere un documento pubblicato su infoaction
(http://www.info-action.net/attachments/article/2062/CIEdossier.pdf)
Ma
vi sono persone che non dimenticano, come scritto poc'anzi. Prima una
iniziativa in città e qualche giorno dopo proprio innanzi a quelle
mura, organizzata dal gruppo germinal di Trieste e diverse realtà.
Uomini
in divisa e uomini e donne senza divisa. Chi difende quelle mura, chi
lotta contro quelle mura. E dentro persone con la maschera imposta
dalla legge che inibisce ogni libertà di essere. Una performance
del Living Theatre
, fili color arancio, tuta nera, passi robotizzati, urla e dolore e
poi l'unione.
Via
quelle maschere.
Siamo
uomini e donne, figli dello stesso cielo e dello stesso mare.
alcune foto del presidio del primo giugno 2013 al Cie di Gradisca
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