Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Un Professore, uno studente ed il gavettone





Premetto che io personalmente ho sempre difeso i lavoratori,specialmente quelli della Scuola, sia burocraticamente che sostanzialmente essendo anche militante attivo di una organizzazione politico sindacale di base.
Ho sempre difeso i diritti dei lavoratori contro ogni abuso e sopruso, ma a volte emergono dei limiti, limiti ove delle riflessioni sono dovute.
A Trieste come in varie città italiane, quando giunge l'ultimo giorno di scuola ecco il gavettone moment. Tradizione, se così possiamo definirla, goliardica, dall'origine incerta, ma che lentamente ha trovato affermazione in varie realtà siano esse meridionali siano esse settentrionali.

Ma innanzi ai locali del Liceo Galilei di Trieste è accaduto ciò che non doveva accadere.
Un Professore che denuncia, sparavano fumogeni davanti alla scuola, non c’erano solo gavettoni, vi era, secondo la sua ricostruzione, una situazione di pericolo per i suoi allievi, parte l'affronto con un ragazzo, ed ecco la consumazione della violenza.
“Ho afferrato la bottiglia che il giovane mi stava agitando davanti alla faccia e gliel'ho schiacciata sulla testa. In effetti gli ho anche rifilato un bel calcio nel sedere”
Questo quando dichiarato in una lettera aperta inviata al Piccolo di Trieste.
Invece, secondo quanto riportato dal giornale locale, il ragazzo avrebbe riportato una frattura scomposta allo zigomo. Guarirà in 20 giorni.

Insomma, calcio nel sedere, bottigliata in faccia, una situazione nata da un momento certamente teso, di difficile gestione, ma che nessuna violenza mai può e dovrà giustificare.
Eppure in Città è partito il dibattito. Vengono inviate varie lettere di sostegno al Professore, che riconducono il suo gesto in una sorta di actio libera in causa .
Addirittura c'è chi sottolinea che in quel momento avrebbe chiamato la Polizia o che avrebbe avvisato la Polizia il giorno prima per fronteggiare il gavettone day.
Personalmente penso che chi insegna nella Scuola Pubblica Statale italiana, anche in situazioni di disagio e tese come quelle accadute innanzi al Galilei, mai e poi mai deve ricorrere alla violenza.
Quale esempio si conferisce ai ragazzi?
Quale insegnamento si offre alla collettività?
Non esistono giustificazioni e scriminanti verso quel gesto.
Nella scuola esistono problematiche di vario tipo.
Penso per esempio ai continui affronti che si vivono in alcune realtà difficili del sud Italia.
Professori minacciati, anche picchiati, ma che non reagiscono con la violenza.
La scuola, deve conferire altro spirito d'insegnamento.
Forse era il caso di prevenire quella situazione, la Dirigenza Scolastica che ha fatto in tutto ciò?
Forse era il caso di comunicare preventivamente ai ragazzi che quel giorno non sarebbero stati tollerati gavettoni e che sarebbero conseguiti provvedimenti di un certo tipo, piuttosto che ricorrere al gesto individuale quasi eroico e giustificato da alcuni docenti.
Qui non è messa in discussione la valenza o meno di quel professore, di quello che ha fatto nel corso della sua carriera, di come ha insegnato, ma di come si è comportato in simile occasione.
Ma al Piccolo arrivano spesso lettere dal tenore univoco, probabilmente sarà una strategia difensiva concordata, una forma di solidarietà richiesta per affrontare l'iter disciplinare.
Ma è una strategia che spacca la scuola, che attacca gli studenti e difende i docenti, quando in realtà si dovrebbe forse ricorrere ad una sorta, citando Orazio, di aurea mediocritas, ovvero maturare una posizione intermedia che non santifica e giustifica in toto il comportamento assunto da quel docente, e non condanna ex toto il comportamento di tutti gli studenti.
Quello del gavettone è un momento conosciuto da tutti, la soluzione al problema, se è un problema non è data né dalla chiamata preventiva o successiva delle forze di Polizia, comportamento ridicolo a parer mio e poco formativo ed educativo, né dalla violenza difensiva o in qualunque rango essa la si voglia relegare.
La violenza non si giustifica mai, specialmente quando si realizza in un luogo deputato all'insegnamento di valori e principi che dovrebbero rendere questa società meno dipendente dalla giustizia fai da te e più dipendente da valori che trovano il loro centro di gravità nel reciproco rispetto.
Rispetto che oggi è venuto meno su entrambi i fronti e forse questo è il vero elemento su cui riflettere.

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