C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Quando la palla oltrepassava la "cortina di ferro" di Gorizia


Tante sono le storie che si raccontano durante il periodo del "muro" di Gorizia. Nell'immaginario collettivo vi è l'idea di un muro che divideva due blocchi ostili, e che queste ostilità si riflettevano nella quotidianità. Guai ad avvicinarsi al famoso "muro", guai oltrepassarlo. Tra le tante storie che ho ascoltato ve ne sono alcune che in verità evidenziano come spesso il tutto veniva ingigantito all'inverosimile e che la realtà era meno "ostile" rispetto a come veniva, a volte per opportunismo propagandistico, presentata la situazione tra i due blocchi "goriziani". Alcuni ragazzi del Collegio Dante, quando giocavano a pallone e la palla andava oltre il confine, oltre il reticolato, non avevano alcuna difficoltà a scavalcarlo, e riprendere la palla e spesso erano gli stessi soldati Jugoslavi a restituirla. Un reticolato che in quella occasione pareva essere più che una tremenda linea divisoria un campo di pallavolo tra due Stati in piena guerra fredda, anche se a dire il vero negli anni '50 quando ciò accadeva la Jugoslavia si avvicinava all'Occidente rompendo i rapporti con l'Unione Sovietica almeno fino al '55. Ma gli anni '50 verranno ricordati soprattutto per la nota "domenica delle scope" qui a Gorizia. Certo, non era un periodo facile, specialmente sul fronte di Trieste più che su quello goriziano. Sul sito della CIA, alla voce Historical Document, è stato pubblicato nel 2007, con ultimo aggiornamento nel 2011, un documento interessante da parte di Richard Stolz che inizierà la sua carriera con la CIA  a Trieste e continuerà con successo fino a ricevere nel 1991 la medaglia per la sicurezza nazionale dal presidente americano Bush.  Scriverà, che almeno lui non sapeva, “ che nel 1954 tra Londra e Vienna si tennero incontri segreti proprio sulla questione di Trieste. La soluzione, saprà dopo, consisteva nell'assegnare definitivamente Trieste all'Italia e la zona B alla Jugoslavia”. Quello che lui sapeva, però, è che nel tardo autunno del 1953 “a tutti i dipendenti inglesi e americani era stato ordinato di abbandonare il territorio senza alcun preavviso. Ciò è stato progettato per metterci fuori dal pericolo e per mettere pressione sugli italiani e jugoslavi, così dimostrando che facciamo sul serio. I dipendenti militari americani sono stati inviati a Viareggio, una località turistica estiva sulla costa occidentale d'Italia, che ha avuto un certo numero di camere d'albergo vuote in quel periodo dell'anno”. Ed alla fine la pressione avrà l'esito che la storia ci ha insegnato. Concluderà scrivendo che l'esperienza di Trieste "è stata l'inizio della mia storia d'amore per tutta la vita con gli uomini e le donne della CIA”. E' importante ricordare anche questo passaggio che riporta nelle sue memorie, con riferimento all'aggressione fascista, subita dal Governo Militare Alleato intorno al 1954. “Diverse centinaia di membri fascisti ( Movimento Sociale Italiano), marciarono contro il palazzo del GMA. Dopo che i manifestanti raggiunsero l'edificio ci furono cariche con bastoni e scudi, c'è stata una esplosione a meno di 20 metri dalla mia posizione. Un uomo tra la folla cadde a terra. Era sul punto di lanciare una granata contro la polizia, ma aveva staccato la sicura troppo presto e la sua gamba era stata spazzata via. Successivamente verrà eletto al Parlamento Italiano e non venne imputato". Insomma periodi tesi, ma ancora una volta il pallone univa, come quelle partite di calcio che venivano organizzate tra Jugoslavi e Neozelandesi, Angloamericani, per fraternizzare durante la reciproca permanenza nelle zone contese. Il pallone riportava all'essere bambini, alla propria infanzia, il pallone un tempo superava ogni linea di confine, anche a Gorizia. Oggi, invece nella migliore delle ipotesi il pallone si perde nel vuoto della indifferenza, e nella peggiore delle ipotesi viene metaforicamente bucato dalle nocività del terzo millennio. Nocività che partoriscono menzogne, spesso in buona fede, a volte in cattiva fede, ma mala fede e cattiva fede si perdono nella incompetenza e nella non conoscenza e dilagano spesso nella rete. Umberto Eco, nel 2015 scriveva: "Nessuno è imbecille di professione (tranne eccezioni) ma una persona che è un ottimo droghiere,un ottimo chirurgo, un ottimo impiegato di banca, può su argomenti su cui non è competente, o su cui non ha ragionato abbastanza, dire delle stupidaggini.E' giusto che la rete permetta di esprimersi anche a chi non dice cose sensate, però l'eccesso di sciocchezze intasa le linee"

Commenti

  1. Storia interessante. Il pallone oltre il confine. Una bella immagine. Grazie
    Max M.

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