C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Quella intitolazione dello scalo di Ronchi a Brazzà e la mancata intitolazione a Lauri



Diverse, nel corso del tempo, sono state le proposte di intitolazione dello scalo di Ronchi. Da Bartoli, ex sindaco di Trieste, ad Augusto Cosulich, da Teodoro de Rinaldini primo presidente del Consiglio Regionale del FVG, al Tenente pilota Tonizzo, da Padre Marco D'Aviano, proposta sostenuta da diverse soggettività, a D'Annunzio, da Giulio Cesare, a Furio Lauri, medaglia d'oro al valor militare. Furio Lauri ritenuto come il “padre” dello scalo di Ronchi, scalo che dopo la seconda guerra mondiale era in condizioni disastrate, costellato da numerosi crateri di mine, erano stati costruiti abusivamente fossi, canali, strade praticandovi le più svariate colture agricole. E Lauri, con la sua società Meteor, de facto ripristinò il nostro scalo e diede lavoro a centinaia di persone. La motivazione della medaglia al Valor Militare, che ben si può leggere anche sul sito nazionale dell'ANPI, era questa: “ Ufficiale pilota animato da purissimo amor patrio, allatto dello armistizio, ancora convalescente di ferite di guerra, non esitava ad abbandonare la sua città natale per portarsi in volo a Roma dove partecipava ai combattimenti di Porta S. Paolo. Successivamente si faceva animatore della resistenza capeggiando una esigua schiera di sabotatori annidatisi sul monte Gennaro. Sfuggito al rastrellamento di detta località, raggiungeva ancora una volta Roma e, ad avvenuta liberazione, con velivolo disarmato e di scarsa velocità atterrava in zone impervie a tergo del nemico onde raccogliere notizie preziose per lo sviluppo delle operazioni e trasportare alcuni feriti gravi e prigionieri. Di particolare utilità quelle che consentivano di prevenire la distruzione di Genova. In critiche circostanze, assistito dal suo coraggio e dalla sua perizia, riusciva sempre a portare a termine le missioni affidategli pur sapendo di essere attivamente ricercato e consapevole dell’avvenuta cattura dei genitori. Cielo dell’Italia occupata, 8 settembre 1943-17 aprile 1945.”. Tra i sostenitori della proposta vi era anche il Comune di Ronchi, l'associazione culturale 4° stormo di Gorizia, il club 77 delle Frecce Tricolori di Monfalcone ecc. A Lauri verrà solo intitolata la sala espositiva dell'aeroporto di Ronchi.

Tra i nomi che si proposero vi erano anche quelli di Pasolini, di Michelstaedter, di Rusjian, S'Anna, Stoppani, Svevo, Tessitori, Zappata, Goffredo de Banflield, Fiume Isonzo e Pietro Savorgnan di Brazzà. Proposta, quella di Brazzà, avanzata nel 2005 dal Comune di Moruzzo, la cui famiglia aristocratica Brazzà era originaria, e sostenuta da uno specifico comitato di Pordenone nel giugno del 2006. Vi era anche una proposta per i criteri per l'intitolazione. Risulta che questi fossero 13: 1) radici famigliari nel territorio del nord-est; 2) svolgere attività a favore dell'aeroporto; 3) appartenere alla storia dell'aviazione italiana; 4)essere un valoroso combattente italiano; 5)contribuire a far conoscere l'Italia nel mondo; 6)portare benessere e lavoro per la popolazione; 7)le istituzioni pubbliche devono essere favorevoli; 8)l'opinione pubblica è favorevole; 9)il nome deve dare lustro allo scalo; 10)non ha avuto incarichi di carattere politico;11)è onorato con altre intitolazioni; 12) non è stato coinvolto in scandali; 13) conosciuto dalle nuove generazioni. 
Ma con atto del settembre del 2007 il Direttore dello scalo aeroportuale di Ronchi ordina, dopo  la decisione come assunta dalla Giunta Regionale del FVG, in Pietro Savorgnan Brazzà il nominativo con cui intitolare l'aeroporto del FVG. Stranamente, visti anche i criteri come proposti, viene accettato il nome di Brazzà che nasce a Roma in via dell’Umiltà 82, nel 1852 e morirà a Dakar nel 1905, la sua famiglia aristocratica era originaria del Friuli, lui prenderà anche la cittadinanza francese, opererà per l'interesse della Francia, divenne ufficiale della Marina di Francia, sarà sì esploratore ma nell'ambito del colonialismo, ed infatti è noto come il colonialista buono o gentile od “illuminato”, come se vi possa essere un colonialismo cattivo ed uno buono ed oggi giorno gli effetti del colonialismo, specialmente quello di matrice francese, li vediamo quali sono. Gli esploratori di quel tempo si "avventuravano" in zone non note, con lo scopo di venire a conoscenza se fossero, quelle esplorate, terre appetibili per i loro "committenti". 
Non ci si deve dimenticare che il colonialismo è stato legittimato anche da una corrente intellettuale specifica, giustificandolo moralmente ed eticamente. Si dovevano civilizzare popoli "meno evoluti", che non erano in grado di accedere autonomamente alla civiltà. Oggi, più che di civiltà si parla di democrazia. 
Morirà a Dakar nel 1905 in un letto di ferro dell’ospedale ed il letto ove è morto ancora oggi porta la scritta: qui è morto Pietro Savorgnan di Brazzà. Era massone si iscriverà alla loggia massonica Alsace Lorraine (Grande Oriente) alla quale apparteneva anche il ministro Jules Ferry, suo alleato di sempre. La sua iniziazione avviene in un solo mese e si dimetterà da questa l'anno prima di perire. E' vero che ha denunciato la Francia per il suo modo “cattivo” di fare colonialismo, è vero che si è adoperato per il Congo, di cui è stato anche Governatore, è vero che a lui vi è, come avviene in pieno stile colonialista, una città dedicata, Brazzaville, e dove da qualche anno vi è anche un mausoleo costato circa 8 milioni di euro costruito con circa 500 tonnellate di marmo bianco giunto da Carrara, che accoglie le sue ceneri, della moglie e dei quattro figli, ma gli interrogativi sussistono sulle modalità con le quali si è arrivati a tale intitolazione e sul perché.  Perché che almeno nella comunità di Ronchi sono molto diffusi. 
Perché intitolare il nostro scalo ad un colonialista e nobile romano, naturalizzato francese? Visti anche i nomi come riportati in precedenza, alcuni sicuramente più consoni alla storia del nostro territorio e non solo? Perché a chi si è adoperato per l'interesse principale della Francia colonialista? La quale, ad esempio, nel 1883 diede al solo Brazzà un milione e mezzo, oltre un bastimento, le merci e tutto quell'arredo che volle per la grande intrapresa ch'egli doveva compiere in nome e per conto della Francia. Nel fascismo vi è stato chi ha cercato di usare anche l'operato del Brazzà come esempio, come modello, per incentivare il colonialismo italiano. Infatti, nella seduta della Camera del 20 maggio 1933 il fascista Bruni dichiarerà, a proposito della politica colonialista italiana: "Eppure l'Italia non mancava nemmeno allora di uomini capaci di grandi imprese coloniali e che, non trovando in Patria comprensione e possibilità di impiego delle loro energie, dettero la loro opera e la loro vita a vantaggio di governi stranieri. Basta pensare a uomini come Romolo Gessi, il Gordon italiano, cui è dovuta in così gran parte la prima conquista egiziana del Sudan. E con maggiore melanconia ancora si pensa ad uno dei maggiori colonizzatori dei tempi moderni, italianissimo di nome e di nascita, Savorgnan di Brazzà, cui la Francia deve una delle più vaste e ricche regioni del suo impero africano". Insomma, per un maggior senso di rispetto del nostro territorio, della storia del nostro Paese, non solo il nome del nostro scalo deve mutare, ed avevo proposto scalo di Ronchi-FVG, ma anche la sua intitolazione, anche perché quella di Brazzà pare essere una intitolazione che ha creato più dissensi, malumori, divisioni, che condivisioni. 

Marco Barone

note foto in testa al post:
 
Fiesler Storch Fi 156 C3, MM 12822, l'unica "Cicogna" in servizio presso l'Aeronautica (altri due erano rimasti all'ANR), fotografato a Brindisi nell'estate 1944, con le insegne ICAF. Questo aereo , ai comandi del Tenente Furio Lauri (nella foto AMI), ha compiuto imprese quasi incredibili, recuperando molti piloti alleati abbattuti, volando ed atterrando dietro le linee nemiche,  spesso in pieno giorno.

Picture scan from Emiliani, Ghergo, Vigna - Aviazione Italiana: la guerra in Italia - Ed Albertelli

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