Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Tra la Fieste de Patrie dal Friul e quella triestina dove mettiamo la Bisiacaria?

Appena sbarchi a Ronchi, uscito dall'aeroporto noterai la grande scritta “aeroporto del Friuli-Venezia Giulia” e poi i simboli delle quattro città capoluogo. Aeroporto che si chiama di Trieste, di Ronchi, del FVG, in provincia di Gorizia, ma intitolato a Pietro Savorgnan di Brazzà . Insomma in un nano secondo capisci quanto è difficile e complessa questa terra. Aeroporto che riporta la scritta con il trattino, che divide il Friuli dal Venezia Giulia, trattino che a livello ufficiale sarebbe venuto meno dal 2001 ma che lì ancora resiste. Che ha il nome di Ronchi ma anche quello di Trieste, seppur in provincia di Gorizia, ma anche quello della nostra regione e dedicato ad un “esploratore friulano”, anche se nato a Roma e morto a Dakar e con cittadinanza francese. Ora, come è noto, si vuole realizzare la Fieste de Patrie dal Friul ed ovviamente non poteva mancare la risposta di Trieste, già presentati ,neanche a dirlo per iniziativa leghista, proposte per la festa triestina, o meglio della patria triestina.E quale potrebbe mai essere il giorno? Quello dell'arrivo dell'Impero, della caduta dell'Impero,della conquista da parte italiana, del 1 maggio del '45, del 12 giugno del '45, del 4 luglio del '46, del 10 febbraio del '47, del 26 ottobre del '54, del 16 febbraio del '63 ecc? Oppure si deve risalire all'età romana od al XII secolo quando divenne libero comune? E si potrebbe continuare ancora. Nel bel mezzo tra il Friuli e Trieste si pone la Bisiacaria, che nel noto gioco Frico, ex Friko, è zona cuscinetto. Ma siamo certi che deve essere questo il destino della Bisiacaria? Una semplice zona cuscinetto? Stando a questo localistico gioco, tra la festa del Friuli e quella di Trieste si pone quella della Bisiacaria. Quando potrebbe essere il giorno? Potrebbe cadere il 29 agosto ricordando il 1386 a quando risale la prima testimonianza storica dell'uso del nostro dialetto il bisiac. E l'inno? Beh a Ronchi esistono quattro inni, uno ufficiale, tre ufficiosi, anche se quello più noto e forse amato sembra essere l'inno di Tarlao musicato da Kubik con il noto verso “ronchi borgata di sole scuola di patrie virtù stanza di feste e carole il mio sospiro il mio sospir sei tu”. Però esiste ora anche l'inno della Bisiacaria, creato a Turriaco, del gruppo costumi bisiachi di Turriaco. 

Ma gli esempi potrebbero continuare. Senza dimenticare Monfalcone, San Canzian, San Pier d'Isonzo, Staranzano, Fogliano ed il dilemma di Sagrado è o non è Bisiacaria? Insomma un gran caos, e non si può escludere che verranno proposte altre feste, quali quella di Gorizia o Pordenone. D'altronde è evidente che nell'epoca della grande omologazione, e riforma degli enti locali 2014 docet, il piccolo si risveglia, alza la testa e vuol far sentire la propria voce anche a colpi di festa in una terra dalle cento e più patrie dove il piccolo è giustamente bello e dove l'autonomia deve essere sintomo di democrazia e non di sterile campanilismo. Comunque sia ora più che mai Viva l'A e po bon, con l'A non in senso italianizzato (là) ma austriaco...ed anche qui apriti cielo...che solo un buon bicer de vin può salvare dalle rivalità tutte nostrane.

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