Trasformare la casa natale di Tina Modotti, nel museo Tina Modotti, può essere una grande opportunità per Udine

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Tina Modotti è probabilmente più apprezzata all'estero che in Friuli. Semplicemente è a dir poco sconcertante che non esista praticamente quasi nulla dedicato a lei. C'è una sala dedicata a Tina Modotti in città, c'è un punto Modotti, che ospita dei quadri di artisti locali, a pochi passi dalla casa natale di Tina Modotti che è cercata più dai messicani, sudamericani che altro. Eppure in quella via affascinante a pochi minuti a piedi dal centro di Udine, in via Pracchiuso 89, c'è la casa natale di Tina, dove sorge una targa con le parole di Neruda che ne ricordano l'essenza. La facciata della casa è stata recentemente restaurata e l'edificio ospita l’asilo notturno “Il Fogolâr”   inaugurato il 4 settembre del 2006  ed ospita le persone senzatetto  ed è gestito dalla Caritas. All'interno vi si trovano delle stampe e copie di alcune fotografie di Tina. Sarebbe il minimo sindacale pretendere di trasformare la casa natale di Tina Modotti in un museo che possa ac...

La "crisi" sta finendo?



E' un tormentone, un tormento che sembra non finire più.
Anzi, a scriverla tutta, sembra essere nati con la così detta crisi.
Sono cinque maledetti anni che ogni giorno ci bombardano con crisi, spread, borsa, mercato, finanza, lavoro, disoccupazione.
Cinque anni che non si parla d'altro.
Cinque anni di totale assorbimento e siamo così impregnati dall'odore di questa crisi che non respiriamo altro ed alla fine è diventata normalità, talmente normalità che sembra sia sempre esistita.
Probabilmente quando finirà, perché finirà, ci sarà qualche altro nuovo tormentone.
Dalla questione sicurezza nazionale, per gli attentati alle Torri Gemelle, si è passati alla crisi, ed il tutto è nato sempre lì, in America.
Ma non è questa una crisi paragonabile a quella del 1929. Sono fatti diversi, epoche diverse è tutto diverso anche il capitalismo è mutato nel suo perenne mutare e noi sempre a rincorrere ma con estremo ritardo.
E' una meschina guerra tra capitalisti, gli squali hanno divorato i pesci piccoli, le grandi imprese hanno delocalizzato sfruttando manodopera, hanno massacrato l'economia dell'Europa del Sud, semplicemente per sfruttare la manodopera di questi Paesi al momento giusto ed i diritti sono sempre più storti.
Globalizzazione del capitalismo.
La crisi che crisi non è, è una guerra che ha seminato vittime, sofferenze e nuove conquiste.
I capitalisti hanno potuto saggiare la non reazione del popolo anzi proprio verificare che il popolo popolo non è.
Qualche fumata rivoltosa di rabbia, che forse si ripeterà, ma niente di più.
E' venuta meno la solidarietà attiva internazionale, è venuto meno il ripensamento condiviso della società.
Occupy, indignados,popoli viola, arancio, verdi, gialli, rossi, bianchi, neri, che popoli mai sono stati ma solo espressione di un momento superato e sepolto.
Ora ci sono, ora non ci sono.
Siamo come un semaforo, ora rosso, ora verde, ora giallo e poi ancora, rosso, verde e giallo.
Arriveranno altre nuove formule, altri nuovi modelli, altre sigle, altro tutto che sarà nulla.
Ma la crisi che crisi non è, salvo per la gente comune che ha visto il proprio benessere individuale essere massacrato, finirà e non potrà che finire.
Si ritornerà ad investire, riapriranno le attività, le città continueranno a vivere i processi di omologazione, i lavoratori ringrazieranno per il lavoro senza diritti, perché quello che conta è il lavoro magari anche con riduzioni salariali, ed immensa competizione per quattro denari, insomma hanno creato le basi per una nuova era, una nuova era di immense speculazioni ed annientamento dei diritti sociali.
Non sarà la nostra generazione a cambiare le cose, non vi è il tempo, ma potrà essere testimone consapevole di ciò che è accaduto. Sarà la generazione che verrà a dover raccogliere il testimone e comprendere il grande inganno e quella che nascerà da essa a rivoltarsi contro il tutto, sarà una generazione ribelle, che ancora deve arrivare, ma è nostro compito prepararla.
Questo è il momento della semina della ribellione e ciò mi conforta.
Una semina che inizia con l'assoluta difesa della libertà di pensiero, di critica, della dignità ma anche della libertà d'insegnamento. Le scuole e le università sono il primo luogo ove elevare barricate a difesa del pensiero critico e consapevole.
Non è il mio pessimismo cosmico, né nichilismo, ma una lettura della realtà che annienta ogni illusione e l'illusione è un male da sradicare.
La crisi sta finendo, ma, verrebbe da chiedersi, quando è iniziata?
Iniziamo a chiamare le cose con i giusti nomi, sta per finire, o forse è già finita, la guerra tra capitalisti, i nuovi assetti sono stati raggiunti ed il popolo ancora una volta ha subito passivamente questa immane violenza alla propria dignità.
Marco Barone


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