Mafia,
o meglio mafie, come cosa nostra, 'ndrangheta, camorra, sacra corona
unita, estese su tutto il territorio italiano ed oltre i confini del
non più Bel Paese, in Friuli Venezia Giulia, nonostante i segnali
lanciati dalla DIA, nonostante le recenti operazioni poste in essere
dalle forze dell'ordine e dalla Magistratura, nonostante vi siano
tutti una seria di fattori che tendono ad evidenziare come questa
terra possa essere fertile in particolar modo per le operazioni di
riciclaggio di danaro “mafioso”, ebbene il tutto non sembra
essere percepito come un problema.
D'altronde
in Italia siamo abituati ad affrontare le situazioni quando queste
diventano emergenza insostenibile, una emergenza continua che poi si
consoliderà come emergenza ordinaria per divenire la questione secolare da
essere affrontata e contrastata.
Prevenzione?
Parola sconosciuta.
La
conferma di ciò è data dal fatto che la parola mafia o mafie è
assente da tutti i programmi elettorali per la scelta del nuovo
Presidente che andrà a governare la Regione del Friuli Venezia
Giulia.
Studiosi
come Umberto Santino, hanno analizzato il concetto di subcultura
mafiosa e transcultura.Intendendosi
per la prima un "sottinsieme di elementi culturali sia
immateriali che materiali – valori, conoscenze, linguaggi, norme di
comportamento, stili di vita, strumenti di lavoro – elaborato o
utilizzato tipicamente da un dato settore o segmento o strato di una
società" mentre per transcultura un "percorso trasversale
che raccoglie elementi di varie culture, per cui possono convivere ed
alimentarsi funzionalmente aspetti arcaici come la signoria
territoriale e aspetti modernissimi come le attività finanziarie,
aspetti subculturali derivanti da codici associazionistici ed altri
aspetti "postindustriali".
Io
non parlerò né di subcultura né di transcultura, ma semplicemente
di cultura mafiosa. I
mafiosi moderni, quelli che governano le organizzazioni criminali,
non sono più illetterati, ignoranti , ma sono persone laureate, che
studiano anche nelle migliori università internazionali, che hanno
menti fini e sottili che coltivano una propria cultura, la loro. Il
problema di fondo è proprio la cultura mafiosa, il coltivare quel
tipo di interesse particolare che prevale su quello comune e
collettivo per fini di lucro e profitto tramite azioni trasversali
che attraversano la via della politica e della finanza, del mercato e
della grande e piccola economia, imponendo le proprie regole, i
propri dogmi, i propri codici, la propria società che deve
contrastare la società Stato. Stato
mafioso, contro Stato non mafioso ma a volte accade anche di notare
una confluenza tra Stato Mafioso e Stato non mafioso. Il
punto nodale è proprio questo. Le mafie di oggi giorno sono
strettamente connesse e correlate al capitalismo, al business da esso
derivante, dal proibizionismo da esso derivante, dal semplice
concetto di profitto .
Esiste
la possibilità di conseguire il profitto tramite gli strumenti
leciti, quelli regolamentati dallo Stato, ed il profitto illecito,
quello non accettato dallo Stato, ma il problema è e resta il
profitto.
Ma è proprio la madre del profitto che determina oggi
giorno la forza imponente delle mafie, la proprietà privata, essenza
vitale del capitalismo. Senza
capitalismo, senza profitto, ovvero senza proprietà privata,
probabilmente le mafie moderne non avrebbero più ragione di
esistere. Qualsiasi altra azione di contenimento finalizzata a
salvaguardare il profitto lecito, la proprietà lecita, ovvero quella
regolamentata e normata dagli Stati, non potrà essere idonea, a
parer mio, a debellare la realtà economica, sociale e culturale
delle mafie.
Le
Regioni hanno varie possibilità di intervento in tale campo. Per
esempio si possono istituire convenzioni e protocolli con l'Agenzia
nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni
sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Si può fare
pressione a livello di Stato centrale affinché una buona percentuale
dei proventi, derivanti dalla vendita dei beni confiscati alle mafie,
nei territori regionali considerati, siano destinati ai bilanci
regionali e di quelle Regioni ove i beni sono stati sequestrati e
venduti, ciò potrebbe essere uno strumento di incentivazione utile
per tamponare la falla mafia, e nello stesso tempo conferire una consistente
boccata di ossigeno alle casse in crisi delle Regioni. Potrebbero
avviare percorsi di formazione ed aggiornamento per le scuole, le
Pubbliche Amministrazioni, contro le mafie, avviare sportelli di
consultazione od ove raccogliere le denunce offrendo le dovute tutele
e garanzie al denunciante, insomma non è giustificabile che il
Friuli Venezia Giulia rimanga indifferente a questa problematica, che
viene percepita come un fattore distante se non irrilevante, perchè le mafie in FVG esistono. La
principale forza delle mafie è data dalla indifferenza.
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