La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Chiedi perdono al Papa? Rischi l'incriminazione



Il processo mediatico di questo inizio secolo è alle porte. Tra qualche mese si celebrerà il rito processuale che vedrà coinvolto il signor Paolo Gabriele e Claudio Sciarpelletti .
Sul sito internet del Vaticano è disponibile il testo dell'atto che ne disporrà il rinvio a giudizio. Ben 33 pagine dove emergono questioni a dir poco interessanti.
Scrivo da laico, e certamente sentir parlare oggi di processo in casa del Vaticano, per un fatto che ha riguardato sia la fede che la chiesa come istituzione, mi lascia a dir poco perplesso. Ma venivamo al dunque del provvedimento come sopra citato. Non mi soffermerò sulle cose note, come la vicenda dell'assegno, del libro dell'Eneide o della pepita presunta d'oro, e delle carte ufficiali sottratte, bensì sulla questione che ha riguardato l'imputabilità di Gabriele, poiché reputato capace di intendere e volere, nella realizzazione di atti, che hanno comportato la violazione di norme del codice penale Zanardelli ancora vigente in Vaticano.

Nel PROCEDIMENTO PENALE PRESSO IL TRIBUNALE DELLO STATO DELLA CITTÀ DEL VATICANO NEI CONFRONTI DEL SIGNOR PAOLO GABRIELE, sia la REQUISITORIA DEL PROMOTORE DI GIUSTIZIA che la SENTENZA DI RINVIO A GIUDIZIO PRONUNCIATA DAL GIUDICE ISTRUTTORE 13 agosto 2012 dedicano grande spazio alla questione più controversa, Gabriele era capace di intendere e volere?

Sono state realizzate ben due perizie mediche, quella del perito d'ufficio e quella del secondo perito.
Ovviamente sia il promotore della giustizia, così viene chiamato il loro Pubblico Ministero, che il Giudice Istruttore prenderanno per buona quella del perito d'ufficio, il quale sinteticamente risponde ai tre quesiti postigli dal Giudice istruttore in questo modo:

Al 1°: «La condizione personologica riscontrata [nel periziando] non configura un disturbo di
mente tale da abolire la coscienza e la libertà dei propri atti».
Al 2°: «In considerazione della pervasività della condizione personologica riscontrata, si ritiene il
periziando ancora socialmente pericoloso pur se nello specifico ambito dei reati ascrittigli».
Al 3°: «Tenuto conto dell’assetto personologico accertato, si considera il periziando
suggestionabile e quindi in grado di commettere azioni che possono danneggiare se stesso e/o
altri»

In questo contesto psicodiagnostico il Secondo Perito, Prof. Dr. Tonino Cantelmi, così risponde in particolar modo al primo quesito come posto dal giudice istruttore:

Al 1°: «Quanto emerso appare avere assunto sul periziando il potere di sviluppare una deformazione dei processi ideativi, fissità ideo-affettiva, rimuginazione, un esame alterato della propria realtà personale ed ambientale che allo stato attuale e nel periodo 2011-2012 ha agito abolendo la coscienza e la libertà dei propri atti»

Pagine e pagine di atti ed interpretazioni sono state dedicate a questa problematica, fondamentale, per definire il rinvio a giudizio dell'imputato principale.

La perizia d'ufficio, che non nega l'esistenza di un disturbo mentale a carico del sig. Gabriele, rileva che quel disturbo mentale non sarà tale, da abolire la coscienza e la libertà dei propri atti, verrà reputata idonea per un semplice motivo, ovvero che le indicazioni fornite dal primo perito appaiono , testuali parole, più persuasive di quelle del Secondo Perito e così facendo il giudice affermerà la sussistenza nell’imputato di una capacità di intendere e di volere tale da non impedirne la imputabilità e la colpevolezza, anche se, eventualmente, spetterà al Giudice di merito soppesarne l’esatta misura...

Persuasiva per cosa? Cosa vuol dire essere persuasivi? La Chiesa doveva punire l'infedele, ed ovviamente sarà la perizia medica più persuasiva per la realizzazione della condanna mediatica, perché il signor Gabriele è già stato condannato mediaticamente, e per la realizzazione del processo che verrà a breve, quella che verrà ritenuta idonea. Ma sarà anche persuasiva per distrarre dal vero nocciolo della questione, il fatto che il Papa non abbia il controllo integrale della sua Chiesa.

Uno degli elementi che convinceranno il promotore di giustizia sulla colpevolezza dell'infedele, è la richiesta di perdono. Infatti, il Promotore di Giustizia, scrive Si aggiunga che, da ultimo, il Gabriele ha chiesto perdono al Santo Padre, ribadendo così, implicitamente la coscienza e volontà di aver compiuto l’atto criminoso.

Che altro aggiungere? Riportare nell'atto processuale, come elemento determinante per la definizione dell'imputabilità del signor Gabriele, la richiesta di Perdono, è un qualcosa che dovrebbe creare scalpore ed indignazione per ogni fedele. Ma così non è stato, eppure Giovanni diceva che "Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da rimetterci i peccati e purificarci da ogni iniquità" .

Con quella richiesta di Perdono il Papa avrebbe certamente potuto evitare in qualche modo la realizzazione di quel processo. Ma probabilmente il Papa non controlla più la Chiesa istituzionale, che uccide la Chiesa religiosa, infatti, dagli atti processuali, emerge che il sig. Grabriele ha realizzato le condotte come conosciute da tutti perché si rendeva conto che su alcune cose il Santo Padre non era informato o era informato male. 

 Dunque la richiesta di Perdono viene valutata come atto idoneo a determinare il rinvio a giudizio dell'imputato, ma nello stesso tempo, l'imputato afferma «Preciso che vedendo male e corruzione dappertutto nella Chiesa, sono arrivato negli ultimi tempi, quelli… della degenerazione, ad un punto di non ritorno, essendomi venuti meno i freni inibitori. Ero sicuro che uno shock, anche mediatico, avrebbe potuto essere salutare per riportare la Chiesa nel suo giusto binario. Inoltre nei miei interessi c’è sempre stato quello per l’intelligence, in qualche modo pensavo che nella Chiesa questo ruolo fosse proprio dello Spirito Santo, di cui mi sentivo in certa maniera un infiltrato».

Essere considerato come infiltrato per opera dello Spirito Santo, non viene messo in discussione per verificare la reale imputabilità del sig. Gabriele. In Italia se in un processo qualunque una persona agisse dicendo che è stata guidata dallo Spirito Santo, difficilmente verrebbe reputata sana di mente. Ma l'apparato della giustizia della chiesa, pur applicando il codice Zanardelli, da un lato non può mettere in discussione, in via processuale, il richiamo allo Spirito Santo, perché ciò vorrebbe dire porre in discussione l'essenza stessa della Chiesa, ma dall'altro utilizza lo strumento del Perdono, che dovrebbe essere l'atto più elevato della Chiesa, come elemento idoneo a comprovare l'assoluta colpevolezza dell'imputato.

Una Contraddizione sorprendente, ma pienamente realizzata e che sfocerà nel processo mediatico di questo inizio secolo di cui si parlerà per anni.

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