C'era una volta, in un tempo ove ore e minuti,
secondi e decimi si confondevano tra il sogno di quell'alba che
accompagnava l'essere umano al risveglio obbligato e la notte dalle
grandi passioni ove ogni individuo osava sognare, una città chiamata la
Piccola Vienna, abbracciata dalle acque fredde di un mare sempre più
vagabondo e le alture rudi e grezze di una natura mai stanca di
affrontare l'imposto tempo.
In quella terra viveva un Re, un Re amato da molti,
odiato da tanti, un Re che un giorno vide tutto il suo patrimonio,
tutti i suoi beni, che aveva sempre diviso con la collettività,
essere conquistati e depredati dai predoni di una terra gelida e
fredda ove ogni azione ed emozione era dovuta e voluta dal loro
potente Dio chiamato Danaro.
Il Re perse tutto ma non la sua dignità.
Senza soldi, ma con tanta voglia di vivere,
nonostante tutto.
Sono nato Re e morirò Re.
Questo era il pensiero regnante sovrano nel cuore e
nella mente del Sovrano della Piccola Vienna.
Ed allora ecco il Re che doveva affrontare piccole
incombenze quotidiane ma necessarie per vivere o meglio sopravvivere
e cercare di capir come fare.
Scoprì la voce della solidarietà umana e sociale.
Scoprì l'eco dell'essenzialità.
Scoprì l'umiltà.
Ma un pensiero dominava i suoi pensieri.
Voglio viaggiare, devo viaggiare.
Io scrivo, rinchiuso nella mia stanza, scrivo
lettere ed emozioni che condivido con la società, con la mia gente,
con il mio popolo.
Ma le mie lettere devono partire.
Oggi, oggi devono essere trasportate dalla
Carrozza in quella MonteLeone ove il popolo attende di ascoltar la
mia storia, di leggere la mia storia che sarà la nostra storia.
Non posso certo deluderlo. Il popolo ha sempre
atteso le mie lettere e le mie storie,danaro o non danaro io
continuerò a scrivere, danaro o non danaro la mia parola continuerò
a volare nella valle dell'eco per divenir scrittura immortale
nell'eterno papiro.
E scriveva, scriveva,
raccoglieva la carta che veniva scartata dai vari notabili, ed imparò
il senso del riciclo ed utilizzava quell'inchiostro che custodiva
con viva ed ardua passione nel suo forziere.
I predatori presero oro
ed argento, ma non l'inchiostro perché non sapevano che farsene
dell'inchiostro.
Eppure quelle macchie
color nero gettate con violenza e sentimento sulla carta si
dimostreranno essere più importanti di ogni oro ed
argento, di ogni metallo vilmente prezioso per la società.
Giorno dopo notte, notte
dopo giorno, il Re scrisse varie storie, pronte per esser lette e
consegnate alla sua gente.
Ed ora doveva viaggiare,
viaggiare per consegnarle a quelle mani che sudavano la fatica del
duro lavoro, a quei cuori che attendevano la sinfonia della speranza.
Questo pensava anche il Re.
Soldi o non soldi, viaggerò.
Ed allora decise di salir sulla carrozza a vapore
senza pagar titolo di fvaggio alcuno sfidando ogni controllo e
controllore.
Sudava, sudava ma proprio quando il suo cuore
iniziava a diminuir le palpitazioni ecco la odiata frase: titolo
di viaggio prego...
Il Re non perse tempo, diretto e conciso disse,
io sono il Re, un tempo ero il Re della Piccola Vienna, avevo soldi,
avevo campi, avevo tutto, ora non ho più nulla, ma ho la mia
dignità. Devo consegnar queste lettere al popolo di MonteLeone. Io
ero il Re, io sono il Re, non ho il titolo di viaggio, non ho soldi
per pagarlo, non ho soldi per non far più nulla, ma è mio diritto
quello di viaggiare, è mio diritto quello di sognare, è mio diritto
quello di consegnar personalmente queste lettere al mio popolo, è
mio diritto salire su questo Treno che viaggerà in ogni caso, che si
fermerà presso le varie stazioni in ogni caso, non sono di alcun
peso, dunque vuole multarmi? Faccia pure, ma io non pagherò, perché
non ho danaro, è uno stato di necessità, ed in tal stato di
necessità io ora viaggio, si ora viaggio.
Il controllore guardando in basso affermò:
Tenga, questa è la sua multa, non la pagherà,
io devo fare il mio lavoro, non sarò io ad ostacolarla, Re.
Ed il Re stringeva tra le sue mani quel foglio.
E guardava scorrere il mondo fuori da quel vetro
sempre più opaco sempre più sporco.
Erba alta ed incolta accompagna il lungo binario
ferroso che congiungeva la Piccola Vienna con la rocca di MonteLeone.
Regnava in tal terra una guerra violenta e silente,
i predatori del nord conquistarono i beni e le terre, diritti e
ricchezze di ogni paese, ma la speranza e la dignità di andar oltre
il loro Dio non venne conquistata, no.
Ed il Re lo sapeva bene, le storie stilizzate in
quelle lettere da consegnar al suo popolo erano la fonte della
ribellione.
Speranza e ribellione unite nel bacio di una
emozione senza tempo.
Parole e scrittura, spada e scudo che completavano
l'armatura del popolo ribelle.
Viva il Re senza soldi.
Marco Barone
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