A volte è
incredibile notare come la stessa figura, lo stesso simbolo, la
stessa essenza, sia oggetto di riferimento per due componenti
contrapposte, anzi opposte della nostra società, del nostro sistema,
quello che viviamo ogni giorno.
La battaglia
Stato e malavita passa anche se non specialmente, dalla via della
Chiesa.
Chiesa che più
di una volta è intervenuta condannando e minacciando le mafie.
Ma il problema è
dato da quello che accade quotidianamente nelle piccole realtà.
Piccole realtà
da dove si diffondono i comandamenti, i vangeli, delle mafie, che
come un fiume in piena inonderanno strade e contrade continentali.
Chiesa che per
forza di cose convive a livello territoriale con la malavita, con le
mafie, pur magari cercando di contrastarla, ma spesso piegando la
testa.
Vari preti hanno
subito intimidazioni, ma vari preti continueranno, nonostante i mille
proclami, a conferire comunione, confessione ed assistenza ai mafiosi
tutti.
Il potere che ha
la Chiesa è enorme, specialmente in quelle terre in quelle realtà
ove le mafie sono presenti fisicamente, dove si conoscono gli
individui che aderiscono, dove si conoscono le persone artefici
dirette ed indirette di quel cancro destinato a far morire il corpo
che lo ospita senza alcun invito, l'Italia.
Perché se di
cancro trattasi, o verrà troncato alla sua radice,oppure nulla potrà
evitare la normale evoluzione di questa malattia sociale, la morte.
Odore di morte
sociale che invaderà e devasterà definitivamente il corpo Italia.
Italia dunque
destinata a perire?
La Chiesa può
essere una delle cure, ma non l'unica cura.
Perché i mafiosi
sono credenti, manifestano a modo loro il credo, come tanti
d'altronde.
Hanno riti che
incrociano l'essenza della mafia con quella della religione, del
credo.
«nostro
Signore Gesù Cristo.
Io giuro dinanzi a questa società
di essere fedele con i miei compagni e di rinnegare padre, madre,
sorelle e fratelli e se necessario, anche il mio stesso sangue. »
Questa
la formula pronunciata dall'iniziato nella 'Ndrangheta (
contrasto onorato) quando diventa Picciotto d'onore nell'atto di
compiere il rito di battesimo e dovrà giurare con la figura di San
Michele Arcangelo tra le sue mani mentre brucia .
San
Michele Arcangelo, che in tal paradosso sociale e culturale, è
stato proclamato
patrono e protettore della Polizia
da Papa Pio XII il 29 settembre 1949 .
Ma è protettore anche di
altre categorie come i farmacisti, doratori, commercianti,
fabbricanti di bilance, giudici, maestri di scherma, radiologi. Si
affidano a lui anche i paracadutisti d'Italia e di Francia.
Due aspetti diversi della
società, che si combattano anche quotidianamente, a volte anche si
confondono, la Polizia come espressione dell'apparato repressivo di
uno Stato sempre meno Stato, e la 'ndrangheta come mafia dominante
ogni forma e tipo di mafia, che hanno in comune la figura di San
Michele Arcangelo, una parte importante della Chiesa, di quella
religione che indirizza molte menti verso una dottrina certamente
discutibile, ma che è ascoltata, che condiziona il vivere comune
della gente comune.
Ed allora, la Chiesa deve
negare i funerali ai mafiosi, 'ndranghetisti, camorristi, deve negare
loro la confessione, la comunione, deve adottare concretamente un
forte segnale di isolamento.
Deve denunciare alle Autorità
i mafiosi.
Fare nome e cognome.
La Chiesa è ben consapevole
di questo potere, ed in tale consapevolezza, alle parabole, alle
parole, deve dare seguito con azioni concrete e dure.
Altrimenti la Chiesa sarà
complice di questo cancro, sarà complice della morte dell'Italia, e
nessun funerale di Stato potrà poi essere celebrato, né dalla
Chiesa né dalle Autorità, perché lo Stato sarà defunto, perché
non vi sarà più nessuno Stato, perché lo Stato sarà stato e la
Chiesa anche.
Dico ciò perchè le mafie, a parer mio, prima di ogni cosa sono un fenomeno culturale, sociale, e solo dopo economico.
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