Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Il capo di D'Annunzio, tra il seno di Giulietta, schiaffetti alla Benny Hill e le "bombe"dei cocai e piccioni

Cosa fatta capo ha. Questo disse D'Annunzio appena occupata Fiume per sottrarla ai suoi nemici croati che considerava di razza inferiore e non all'altezza di governare la bella Fiume. Ci pensò D'Annunzio con i suoi 16 mesi di dittatura insieme ai suoi fedeli italianissimi effettivamente a elevarla a rango di El Dorado. La distrusse praticamente. Intanto, a Trieste, ci si interroga, sul vero dilemma. Che non è tanto il cazzotto diplomatico subito in modo potente dalla Repubblica di Croazia. Ma che farne del capo della statua di D'Annunzio? Per rimanere in tema di capo, insomma
Sul Piccolo di Trieste, Giovanni Tomasin ha scritto che molti si avvicinano per una toccatina ricordo al capo del Vate. E viene subito in mente quella strabiliante tradizione che ad esempio si è accanita sul seno di Giulietta, di Verona a Monaco, ma pare che la stessa tradizione si ripeta  a Chicago,a Bangkok,a Ningbo in Cina.
La si tocca usurando il seno, tanto che è diventato di un color diverso, come buon auspicio. Con una grande concentrazione di batteri probabilmente, pace dell'anima sua. Il punto è se siamo certi che toccare il capo di D'Annunzio sia di buon auspicio. Non solo perchè è la statua più contestata della storia di Trieste a cui si augura vita breve e di vederla presto rinchiusa in qualche magazzino, visto ciò che rappresenta, ma per quanto accaduto proprio a lui, al "duce divino" come si faceva chiamare D'Annunzio a Fiume.  D'Annunzio scelse di partire l'11 settembre per occupare Fiume perchè l'11 era il giorno della beffa di Buccari. Ma ebbe un virus intestinale, pare, sicuramente la febbre, in quel giorno scelto e dovette ritardare la partenza alle prime ore del 12 settembre anche per questi motivi oltre al fatto perchè i camion non arrivavano. A Fiume venne cacciato a cannonate, cercarono anche di accopparlo in stile Giulio Cesare, e alcuni suoi legionari nel fuggi fuggi generale lo derubarono pure. Sparirono parecchi soldi e documenti importanti dalla sua cassaforte. Insomma, lui distrusse Fiume, i croati subirono quello che subirono e soprattutto fu una sorta di "impresa" sfigatissima. Che poi spalancherà le porte al fascismo. Dunque, non è proprio un bell'auspicio toccare il capo di D'Annunzio, visto che quella statua celebra la marcia su Fiume. Il rischio che porti sfiga c'è.
C'è chi come Aldevis Tibaldi si domanda "se istighi anche schiaffetti rapidocefalici alla Benny Hill".
O chi inizia a condividere in rete manuali per piccioni che se la vedranno con i mitici cocai di Trieste su come cercare di fare centro sul capo di quella statua durante un sorvolo. Un pò per riprendere le gesta dannunziana che su Trieste non gettò solo volantini ma anche bombe nella zona dei cantieri. E dunque un bombardamento da parte di cocai e piccioni è forse da mettere in conto.

mb 
fonte foto rete 

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