Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

1 maggio '45,70 anni dalla liberazione e rivoluzione di Trieste

Mille e più partigiani, dopo lunghe marce, battaglie dolorose con vivo amore per la libertà, per la giustizia sociale, e con laica fede nel socialismo, assediarono, circondarono e liberarono la città di Trieste in quel primo maggio del '45. Anche chi combatteva in città, contro i nazifascisti, attendendo i partigiani jugoslavi, eseguiva le istruzioni, come ricevute da staffette per la resistenza, del possente IX corpus. 
Marciano i partigiani per la città. Colpi di mitraglia, colpi di fucile, e cade il nemico nazifascista, liberata sarà la Risiera, e lentamente le bandiere rosse bianche e blu, e la stella rossa, sventolano da balconi fieri. Perché quella era la bandiera simbolo della liberazione. Perché quella era la bandiera simbolo della rivoluzione.
Donne antifasciste, donne protagoniste nella resistenza guidano cortei, cortei per la liberazione di Trieste. Qualche gruppetto nazista, sapendo che a Trieste stavano per arrivare anche i neozelandesi e gli angloamericani, tardarono ad alzare bandiera bianca. Morti e feriti, fatica e tensione, potevano essere risparmiati, se quelle truppe alleate non tentavano la corsa per Trieste. Ed in città arriverà il terrore, il terrore per i fascisti, collaborazionisti, nazionalisti, nazisti. Il terrore per coloro che hanno massacrato, violentato la dignità di Trieste, di sloveni, croati ed anche italiani e non solo. Vi era aria di rivoluzione. Vi era aria di rivoluzione. 
E rivoluzione era Jugoslavia.
Per la prima volta nella storia di Trieste le donne conosceranno il diritto di voto, per la prima volta nella storia di Trieste ci saranno pratiche socialiste. E come ogni rivoluzione che si conosca, a partir da quella tanto decantata francese, che può andare bene fino a quando accade in casa di altri, qualche testa, seppur non proprio la testa, è saltata idealmente giù, dove era giusto che finisse. Le rivoluzioni sono così.
Per questo sono e vengono demonizzate, per questo sono e vengono  odiate, per questo sono e vengono contrastate. 
Perché i borghesi ed i ricchi, gli aristocratici di quell'epoca, non potevano consentire l'equa distribuzione delle ricchezze, la fine della proprietà privata, la morte dello sfruttamento, la fine delle loro ricchezze, e nel mentre il popolo poteva pur continuare a morire di fame.
E l'armata che proteggeva il loro scudo venne punita per tutte le violenze indiscriminate compiute contro i diritti umani del popolo di Trieste. Chiamasi giustizia del popolo. Quella che lo stesso popolo voleva. Quella che il popolo pretendeva. Quella tanto decantata nelle rivoluzioni, che può andare bene fino a quando accade in casa di altri. Ma Trieste non doveva, non poteva diventare comunista. Questo non poteva essere concesso.
Il porto di Trieste non doveva avere anima rossa. 
Il porto di Trieste doveva avere anima nera e capitalista.
La liberazione verrà trasformata in occupazione, la giustizia del popolo in esecuzioni sommarie, e la marcia dei partigiani jugoslavi nella corsa per Trieste. Dall'altra sponda, quella degli angloamericani, dei neozelandesi, invece, subirà altra prospettiva. La marcia per Trieste diventerà la legittima marcia per fermare i comunisti, la loro occupazione diventerà liberazione, la loro giustizia sarà la giustizia. Questo perché Occidente ed Oriente, capitalismo e socialismo a Trieste si son affrontati a muso duro. E nel mezzo di tutto ciò ecco il condimento del nazionalismo, oppio per i popoli e strumento di distrazione dal vero cuore nero del problema.
Gli Jugoslavi che liberarono Trieste avevano tutti i diritti di questo mondo ad esercitare la loro sovranità su questa città, così come su Gorizia, Ronchi. Monfalcone, ad esempio. Avevano tutti i diritti di questo mondo a sognare e realizzare il socialismo. 
Ma il socialismo può andare bene solo quando accade a casa di altri.
Questo diritto doveva essere riconosciuto solo all'Italia, Italia asservita all'opportunismo, al capitalismo, all'Occidente. 
Tutto verrà perdonato all'Italia, i crimini verranno dimenticati, nascosti, minimizzati, da carnefice diventerà vittima, crimini nazisti e fascisti verranno ricollegati ai partigiani, la rivoluzione socialista diventerà massacro contro gli italiani, i 42 giorni di socialismo a Trieste diventeranno il periodo più criminale che l'Italia conobbe nella sua "innocente" storia, più criminali del fascismo e del nazismo messi insieme. Tutto verrà perdonato all'Italia, ed alla fine poteva sì avere Gorizia, e Trieste,  ma ad una sola condizione, ostacolare, a qualsiasi costo e prezzo il comunismo. Perché Gorizia e Trieste dovevano diventare i muri d'Occidente contro l'Oriente, i muri del capitalismo d'Europa contro il socialismo dell'Est. Trieste non poteva diventare con il suo porto la mina socialista alle porte d'Occidente.
Gorizia doveva essere la sentinella di Trieste.
Un porto socialista sull'alto Adriatico sarebbe stato l'inizio della fine del capitalismo, dello sfruttamento, della proprietà privata sui mezzi di produzione, l'inizio della fine del capitalismo d'Europa. Ed ogni mezzo divenne lecito, legale, legittimo. Un solo fine, un solo scopo, spingere oltre la linea di tolleranza il pericolo rosso socialista,Trieste non doveva diventare Trst, perché Trst significava l'amen per il malefico capitalismo. 
Dalla menzogna assunta a verità, dalla propaganda assunta a dogma, ed in quel tempo anche i demoni divennero angeli e gli angeli potevano diventare demoni, tutto dipendeva dal credo. Fascisti rimasero lì dove non dovevano rimanere, gestivano ciò che non dovevano più gestire, la cosa pubblica. 
Una sola pena avrebbero dovuto conoscere, quella che pochi hanno conosciuto ed è nel pensiero di tanti anche se detto sottovoce, che pochi fascisti furono giustiziati e se di più ne avessero giustiziati certamente le cose avrebbero preso una via diversa, quella del socialismo, della giustizia sociale, che nuoce gravemente al capitalismo.
La via maestra non poteva essere la rivoluzione e la madre di quella rivoluzione era la Jugoslavia. Ed il capitalismo sa perdonare, perdonare i propri figli per eccesso di zelo, come il fascismo e nazismo; già, ora possono essere figli fedeli, ora figli infedeli, questione di opportunismo, e l'Italia sistemica, diventata tipicamente capitalista è l'espressione di tutto ciò.
Quel primo maggio del '45 Trieste conobbe la sua liberazione e rivoluzione, l'unica rivoluzione socialista della sua storia, quella che non si deve più osare, quella che si deve dimenticare, quella che non si deve ricordare, e che verrà invece, e giustamente, ricordata con un solo grido, un solo canto, un solo inno, Smrt fašizmu,Svoboda narodu.

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