A Lussino, salvate diverse tombe di cittadini italiani dall'oblio, ma c'è ancora molto da fare per il riconoscimento dei diritti della minoranza italiana

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Viene reso noto che a Lussino, grazie all'operato di alcuni cittadini sensibili alla salvaguardia della memoria storica ed identità dei luoghi, sono state salvate una trentina di tombe, esattamente ben 37, nel cimitero di San Martino, dall'oblio e dal degrado a cui erano destinate. I cittadini in questione, tramite la nota pagina facebook dedicata a Lussino hanno reso noto che grazie al finanziamento promosso dall'Università Popolare di Trieste, attraverso i fondi del MAECI Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale,hanno potuto  attivarsi per salvarle. Iniziativa di gran pregio che merita il giusto riconoscimento e gratitudine in un contesto dove la comunità degli italiani,con difficoltà , essendo anche gli italiani autoctoni  ridotti al minimo storico, cerca di attivarsi per quanto possibile anche tramite l'operato di singole individualità per la difesa della memoria storica. Una delle battaglie che stanno conducendo da anni ad esempio è il  r...

La prima volta che le donne votarono a Trieste fu durante l'amministrazione Jugoslava

Tra il 13 ed il 17 maggio del 1945, giorno in cui presso il Teatro Rossetti di Trieste si formerà il comitato esecutivo italo-sloveno, il CLT (consiglio di liberazione di Trieste) i cui membri erano 12 italiani e 7 sloveni, organizzò l'elezione dell'assemblea costituente di Trieste. Sarà la prima volta nella storia di Trieste che le donne parteciperanno ad un processo elettorale. D'altronde ciò si poneva in linea con il grande ruolo svolto dalle donne all'interno della resistenza, è lì che è emersa la prima grande forma e sostanza di uguaglianza. Donne scesero festeggianti per le strade di Trieste dopo la liberazione della città dagli occupanti nazifascisti, donne erano alla testa del corteo che accoglievano i partigiani Jugoslavi, donne imbracciavano cartelli con scritto viva le donne antifasciste.


E' anche interessante notare come la posizione di avversità od ostilità, da parte delle altre truppe alleate, nei confronti dei Partigiani Jugoslavi e dei comunisti, in città, iniziò a concretizzarsi dal momento in cui iniziarono ad essere emanate le ordinanze di Maggio. 

Ordinanze con le quali si introducevano a Trieste il socialismo, una economia di stampo socialista che prevedeva il controllo diretto esercitato su tutte le industrie e le aziende commerciali, senza che comunque queste venissero confiscate, la chiusura di banche ed assicurazioni fino a nuovo ordine, tutte misure che ovviamente fomentarono l'ira del capitalismo e dei grandi industriali locali. Il CLN, avverso alla Jugoslavizzazione di Trieste, il cui scopo vitale era proprio quello di contrastare l'annessione di Trieste alla Jugoslavia, vide la sua attività essere benedetta dal Papa Pio XII il 18 maggio del '45, nonché anche dalla politica centrale nazionale, fomentando propaganda nazionalistica accusando i partigiani di aver avviato a Trieste una sorta di caccia all'italiano. Cosa ovviamente non vera, perché i provvedimenti di restrizione vennero attuati nei confronti di fascisti, collaborazionisti, siano essi italiani che sloveni o croati e non in via indiscriminata contro l'italiano. 
Fascisti e collaborazionisti che erano ancora un pericolo, in un tempo ove la guerra non era ancora effettivamente giunta pienamente a termine.
Insomma la paura di vedere una economia socialista alle porte dell'Italia, e con il controllo, da parte di questa, del più importante porto dell'alto Adriatico, è stata certamente determinante per il capitalismo, il quale servendosi della propaganda in chiave nazionalistica, ha seminato nel corso del tempo falsità e calunnie immani il cui esito è stato l'accordo di Belgrado e la divisione del territorio conteso in Zona A e B.  
Ciò per salvare il proprio sistema. Eppure, come si legge nel libro di Novak, ( Trieste 1941-1954) certamente non tenero nei confronti dei partigiani Jugoslavi, l'ex Podestà Pagnini ed il Prefetto Coceani fuggirono grazie all'aiuto delle altre truppe alleate, eppure il 15 giugno del '45, quando già le truppe jugoslave, in relazione agli accordi di Belgrado, furono costrette a ritirarsi nella nascente zona B,ben 60 mila operai manifestarono in città presentando una petizione al GMA, volevano l'amministrazione civile filo-comunista, chiedevano che tutti i fascisti e collaborazionisti fossero arrestati e condotti al tribunale del popolo, pretendevano il riconoscimento del CLT. Ciò a dimostrare come in città vi fosse un sentimento tutt'altro che univoco, omogeneo e di ostilità nei confronti del comunismo e della Jugoslavia.  Per capire il clima di quel tempo, e quanto il fascismo fosse radicato nel Paese, è importante leggere quanto pubblicato dalla Stampa il 16 aprile del 1945, in merito alle notizie che circolavano sulla possibile annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia: “l'unica morale possibile in questo umiliante episodio della Venezia Giulia bramata dai mandriani jugoslavi la trarranno gli italiani di buona fede, forse pensando che con Mussolini alla testa dello Stato italiano dalle Alpi alla Sicilia nessuna voce obliqua da oltre Adriatico avrebbe mai potuto levarsi ed insidiare ciò che è sacrosantamente nostro”. 
Articolo nel quale si scriveva anche che “d'altra parte la liberazione oltre alla fame, la carestia e tutti gli annessi e connessi ha portato nell'Italia invasa anche malattie che prima dell'arrivo delle multicolori truppe alleate erano praticamente sconosciute al nostro Paese”.
note:foto tratte dal video Taking Of Trieste - British Pathé 1945 disponibile sul sito del CNJ


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