Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Wikipedia, Ronchi e le scritte pro Jugoslavia, la Venezia Giulia e la visita della Commissione alleata nel 1946

Il 25 marzo del 1946 a Trieste si svolgevano i funerali di dieci partigiani italiani e sloveni che vedevano la partecipazione di migliaia di italiani e sloveni.  Pare che alla fine del funerale, nel leggere la cronaca come riportata nella Stampa del 26 marzo 1946, in prima pagina, si sia svolto un corteo pro Jugoslavia con la diffusione di volantini sia in italiano che sloveno  e che veniva bloccato da quello pro Italia. Vi furono scontri, feriti ed arresti. Il CLN giuliano, come si legge nel giornale citato, comunque prendeva formalmente le distanze dalle manifestazioni nazionalistiche italiane cogliendo in un certo senso l'invito di De Gasperi il quale invitava espressamente a desistere dalle manifestazioni nazionalistiche, come si potrà ben leggere nell'Unità del 28 marzo del 1946, per ovvie ragioni strategiche. Tutto questo accadeva nel mentre della visita della commissione alleata la quale svolgeva una inchiesta nella Venezia Giulia per capire quali territori potevano essere annessi all'Italia e quali alla Jugoslavia. 
Non è vero che vi è stata una manifestazione unilaterale a favore dell'Italia. Le cronache di quel tempo ben evidenziano la complessità della situazione. Tanto che a Trieste, sempre l'Unità del 28 marzo 1946, scriveva che la città era paralizzata e la cosa interessante è che il corteo pro Jugoslavia vedeva tra i propri partecipanti gli operai del cantiere di Monfalcone ma anche cittadini giunti da Monfalcone. Il comandante in capo delle forze alleate diramava, nella sera del 27 marzo 1946, quindi in prossimità della fine della visita inchiesta in Venezia Giulia, un comunicato per la stampa, nel quale, in base ad istruzioni ricevute dai governi di Washington, si dichiarava che è " ferma intenzione degli alleati di  mantenere l'attuale situazione nella Venezia Giulia fino a quando non sia stata convenuta ed attuata la soluzione della vertenza territoriale".
Ciò a dimostrare che la situazione non era per nulla pacifica e lineare, specialmente dopo il passaggio di poteri avvenuto nel giugno del 1945 tra i partigiani Jugoslavi e le forze alleate. La stessa situazione si riscontrava nel goriziano, dove a manifestazioni pro Italia si aggiungevano quelle pro Jugoslavia ed i numeri erano seppur favorevoli alla causa italiana, quelli favorevoli alla causa jugoslava non erano certamente irrisori, anzi, si parlerà di quasi dieci mila cittadini scesi in piazza per la Jugoslavia e certamente non lasciavano intendere la prevalenza assoluta della soluzione italiana rispetto a quella jugoslava; nel caso di Gorizia la differenza è che, in base alla cronaca come riportata nell'Unità del 27 marzo del 1946, quelli che manifestavano pro Italia erano in prevalenza provenienti dalla città, quelli pro Jugoslavia dai sobborghi. La Stampa, del 27 marzo 1946, sottolineava che a Gorizia vi furono violenti scontri, tra le due parti, con una cinquantina di arresti ed un centinaio di feriti. D'altronde se a Ronchi, ancora oggi, esistono delle scritte, anche se in parte illeggibili per ovvie ragioni di tempo ma anche per atti vandalici, che testimoniano la volontà di buona parte della popolazione, in quel tempo, di voler aderire alla Jugoslavia, un motivo ci sarà.





Dunque, anche se il passaggio che ora segue è segnato, giustamente, come "non chiaro", quando in wikipedia, alla voce dedicata a Ronchi, che dopo l'iniziativa Ronchi dei Partigiani è in fase di approfondimento, si legge che “Il 26 e 27 marzo del 1946 si tenne la visita a Gorizia, e provincia della commissione interalleata per verificare quale fosse il senso di appartenenza della maggioranza dei cittadini che, partecipando a migliaia, sottolinearono il desiderio della gran parte della comunità di restare italiana” ciò non è corrispondete  pienamente al vero, perché si omette la volontà di buona parte della popolazione e della comunità di voler aderire alla Jugoslavia. E poi, con riferimento a Ronchi, visto che questa informazione è riportata nella pagina su Ronchi, si deve ricordare che  non era ancora in quel periodo rientrante nella provincia di Gorizia. La Commissione degli esperti per le indagini sulla frontiera italo-jugoslava completava il 7 aprile del 1946 le sue inchieste nelle zone assegnate alla sua indagine. Nel corso di tali indagini la Commissione, si leggerà in un loro comunicato, " ha visitato numerose località ed ha interrogato molte autorità e persone eminenti ed ha ricevuto e studiato numerosi documenti e dichiarazioni rimessele per iscritto. La Commissione partirà immediatamente per Londra , dove preparerà un rapporto finale e le proposte da presentare ai sostituti dei Ministri degli Esteri".
Intanto il 19 aprile del 1946 gli Stati uniti riconosceranno formalmente il governo jugoslavo di Tito

ed il 25 aprile in Italia, una Italia dove la carestia e la fame era diventata ordinaria emergenza, si festeggerà l'insurrezione d'aprile, la liberazione del Paese ed a Parigi inizieranno, dopo diversi rinvii i lavori che porteranno al noto trattato di Pace del 1947 che definirà l'italianità di una parte delle terre ancora oggi contese da sentimenti irredentisti e nazionalisti.




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