Si ripristini a Ronchi la storica lapide della strage nazifascista del 15 settembre '43, il massacro di 8 soldati

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Il 15 settembre del 1943, cioè pochi giorni dopo la costituzione della storica Brigata Proletaria, quando mille partigiani si ritrovarono a Selz per cercare di arrestare, con la battaglia di Gorizia, l'avanzata nazista, a Ronchi si realizzò una strage per mano nazista, che comportò la morte di 8 soldati. Come avevamo già ricordato recentemente sulle pagine del Piccolo, di questa tragedia ne fu realizzata una specifica scheda storica per iniziativa di Luzzi, nell'importante atlante delle stragi nazifasciste e quella del 15 settembre '43 è stata l'unica avvenuta a Ronchi. Per anni venne realizzata una cerimonia,  il parroco, don Falzari, fece innalzare nell’immediato dopo guerra una lapide con una croce ed una scritta sul marmo nero: Tendenti alla Patria, freddati dal piombo ai piedi del Carso, qui sostano i loro corpi per riprendere la via alla Patria eterna nella resurrezione finale. Req. aet. dona eis Domine et lux perpetua luceat con i solo nomi dei tre allora...

Anche Gorizia ha avuto il suo Narodni dom il Trgovski Dom distrutto dal fascismo

Quando su internet cerchi la voce Narodni dom, trovi decine e decine di notizie ed anche approfondimenti, esiste anche una pagina di wikipedia dedicata al dramma di quello che era noto, a Trieste, come Hotel Balkan, simbolo della riscossa della comunità slovena incendiato dai fascisti.
fonte foto Narodni dom

Ma quando, invece, cerchi, il simile Trgovski Dom, trovi sì delle informazioni, ma pochi dettagli sulla tragedia che lì si è consumata e non esiste una pagina wikipedia dedicata. Entrambi avevano in comune l'ingegno di Fabiani, entrambi hanno avuto in comune un destino brutale, ma non la stessa attenzione. Quello di Trieste diventerà il simbolo delle persecuzioni subite dalle comunità slavofone in questa piccola ma controversa e complessa fetta di terra, quello di Gorizia, invece, un semplice e brutale caso di cronaca conseguente al caso triestino. Eppure nella malvagità della diabolica e perfida azione fascista il simbolo del salto di qualità di buona parte della comunità slovena che dalle campagne entrava a pieno titolo nella grande economia, ed entrare nella grande economia significava concorrere con il capitale e capitalismo e con la borghesia italiana, il simbolo di un ritrovo importante e significativo per la comunità slovena del goriziano, ha avuto un destino, per alcuni aspetti, più beffardo rispetto a quello doloroso di Trieste. Per fortuna esistono i libri, e leggendo i libri si possono apprendere storie o dettagli, che sono poi quelli che segnano nell'animo la differenza, puoi informarti su tante piccole e grandi vicende a volte volutamente nascoste. La storia, che ora riassumo brevemente, l'ho appresa leggendo il libro di Alessandro Cattunar, il Confine delle memorie, quaderni di storia,ed. Le monnier pag 80,81,82, che comunque non è l'unico a trattare questo argomento e riporta le testimonianze, con riferimento al caso di cui ora trattasi, come riportate nel libro di F. Bevk Crepuscolo trad. italiana di E. Martin, in Gorizia nella letteratura slovena, Poesie e prose scelte a cura di Bratuz,Goriska,1997; Peric Congiura per un Palazzo, in Isonzo-Soca,1999 p.26; D.Kuzmin Trgovski Dom p.27
Il 4 novembre del 1926, sei anni dopo l'incendio del Narodni dom,un manipolo di fascisti, festeggiando la Celebrazione della vittoria, accompagnati dal manganello, dal motto me ne frego e dalla solita camicia nera entrarono violentemente nelle sale della banca commerciale slovena gettando in cortile libri, mobili, oggetti, tutto quello che si poteva gettare venne gettato via fino a costituire un mucchio da bruciare. E bruciarono libri,documenti, mobili,oggetti,simboli, bruciarono l'identità slovena, il riscatto sloveno, tra una folla di cittadini che osservava anche applaudendo ed inneggiando Viva l'Italia, già. Applauso che prese maggiore forza quando intervennero i vigili del fuoco e rimossero l'insegna del Trgovski Dom. Quel luogo non era solo una banca, vi era anche un teatro, vi era anche una libreria, era un punto di riferimento comunitario per gli sloveni e per diverse associazioni prevalentemente slovene. E quel luogo, dopo l'assalto e dopo un decreto prefettizio di requisizione del 1927, diventerà la casa del Fascio. I fascisti, proprio quelli che ne avevano determinato l'inizio della fine con la tipica azione squadristica, nel tempo ove nei locali e nelle scuole e per le vie della città dominava la scritta “ qui si parla solo italiano”, si appropriarono, cercando di distruggerla, dell'identità slovena. Hanno avviato una pulizia etnica, hanno avviato un processo di italianizzazione, che scritta così potrebbe sembrare nulla di inquietante. Ma inquietante lo era, perché italianizzazione altro significato non aveva che uccidere la cultura, l'identità, la storia, l'essenza, il cuore, l'anima, di una intera comunità. E tutto questo oggi non è ricordato a dovere,no, non lo è. Solo recentemente, dopo diverse peripezie e situazioni transitorie, dunque anno 2014, quel luogo lentamente viene restituito alla comunità slovena.

Marco Barone

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