Non è né retorica né sterile
demagogia.
Chi governa, chi assume nelle sue
funzioni l'essere Stato italiano, chi norma, chi legifera, è immune
da ogni responsabilità giuridica, civile, ma a volte anche etica e
morale.
Cambiano i governi, cambiano i
parlamenti, ma le norme che questi hanno prodotto rimangono ferme nel
tempo invadendo, stravolgendo la vita di milioni di persone.
Spesso si ragiona da contabile, da
ragioniere, senza tener conto che dietro un numero vi sia una
persona, dietro una persona una storia di vita, sogni, emozioni,
passioni e speranze.
Sono più di due anni che nella scuola
è stata realizzata una situazione talmente indegna che ha creato
scalpore non appena divenuta di dominio pubblico. Mi riferisco alla
vicenda dei docenti idonei ad altri compiti, su cui ho già
scrittoper diverso tempo, e di riflesso tale situazione si ripercuote sul
personale precario Ata, diventato ancora più precario nella
precarietà storica, ma anche sulle biblioteche scolastiche.
E' stato facile normare tale situazione
che comportando il trasferimento ad altra mansione, ad una mera
dequalificazione, comportando un grave incremento dell'orario di
lavoro per il personale idoneo ad altri compiti, ed è forse il caso
di ricordare che si tratta di persone che patiscono diverse
patologie, anche gravissime, ha di fatto reso concreto e reale il
rischio di licenziamento poiché la mansione che sarebbero chiamati a
svolgere è impossibile per loro. Nello stesso tempo si sono
congelati i posti per i precari Ata e si è
fomentato un grave disagio sociale ma anche personale.
Ma questa
volta anziché dividersi i lavoratori, grazie all'intervento dei
Cobas, si sono uniti, o meglio unite visto che per la quasi totalità
si tratta di donne, altro elemento su cui riflettere.
Ma a Roma, oggi
23 agosto, ove era attesa una presa di posizione ultima su tale
questione, è accaduto ciò che era nell'aria da tempo.
Una precaria napoletana, cogliendo
tutti di sorpresa, al presidio indetto dai Cobas con i lavoratori
della scuola, ha preso una bottiglietta d’alcol ed ha tentato il
suicidio cercando di darsi fuoco, ma è stata prontamente fermata e
salvata dai colleghi.
Un gesto nato dalla disperazione, dalle
illusioni di una politica che non si assume le sue responsabilità.
Esiste una norma che è quella dettata dal codice penale, articolo
580 : “Chiunque determina altri al
suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola
in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il suicidio avviene,
con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non
avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che
dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o
gravissima (...)”.
Non è la prima volta che
accade una cosa del genere, e temo che non sarà l'ultima. La Procura della Repubblica
competente dovrebbe aprire un fascicolo d'ufficio per istigazione di
Stato al suicidio. Certamente ciò non sarà
risolutivo, però sarà significativo, perché chi si
assume responsabilità di tal fattura deve essere anche sanzionato in
caso di nefandezze come quelle citate.
D'altronde la civiltà
giuridica e sociale la si conquista anche in questo modo, senza
sanzione la norma non la si ottempera, e questa norma si chiama
rispetto della dignità umana.
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