Come
è noto, vi è stata recentemente una importante sentenza della Corte
Costituzionale , la n°. 219 del 19 luglio 2013,con la quale si è
dichiarato illegittima la disciplina che norma le sanzioni per la
violazione del patto di stabilità da parte delle Regioni a Statuto
Speciale. In particolare, la Corte ha ritenuto che l'applicazione
diretta di queste sanzioni anche alle Regioni a statuto speciale e
alle Province autonome sia illegittima per eccesso dei limiti della
delega in tema di federalismo fiscale (legge n. 42 del 2009).
Infatti, detta legge riserva la determinazione di tali sanzioni ai
singoli accordi che lo Stato deve definire con le Regioni speciali in
materia di patto di stabilità, dunque, per la Corte Costituzionale,
il legislatore delegato ha ecceduto dai limiti impostigli dalla
delega, incorrendo nella denunciata violazione dell’art. 76 Cost.
Insomma le Regioni a Statuto Speciale non hanno certamente ora il via
libera per “violare ” deliberatamente il Patto di Stabilità, ma
certamente fino a quando nessuna regolamentazione delle sanzioni tra
le dette Regioni e Stato avverrà, queste non possono avere luogo.
Certo, molte sanzioni, per aver sforato il patto di stabilità, sono
state comminate nel corso del tempo, ma hanno riguardato città di
Regioni a statuto ordinario, per esempio Vibo Valentia, dovrà
versare alle casse dello Stato una sanzione dell'importo di 1,2
milioni, e per diverse ragioni ora è anche in stato di dissesto
finanziario per un buco di circa 20 milioni di euro, il comune di
Torino è stato sanzionato con 38 milioni di euro, Alcamo (1,2
milioni), Bagheria (1,2 milioni), Catanzaro (2,7 milioni) Torre
Annunziata (1,3 milioni) e Trapani (2, 5 milioni ) Gallarate con i
sui 1,6 milioni. Insomma uno Stato che ti impone manovre di austerità
e rigore ma violando principi costituzionali chiari e certi, e le
Regioni a statuto speciale non hanno avuto il coraggio di sfidare
tale illegittimità in via sostanziale ma solo in via giuridica.
Intanto i cittadini hanno pagato e continueranno a pagare, come
sempre.
Ma
il ragionamento è più complessivo ed articolato. Continuano
da anni, senza sosta alcuna, manovre finanziarie, economiche, di
stabilità, che da un lato hanno lo scopo di cogliere l'attimo
offerto dalle speculazioni del mercato finanziario con l'alibi della
crisi reale e sociale, per svendere i beni comuni e pubblici,
liberalizzazioni, privatizzazioni, dall'altro invece si riducono i
diritti complessivi sociali, distribuendo le ricchezze in modo sempre
assolutamente ingiusto. I ricchi sempre più ricchi, il ceto medio è
destinato all'estinzione con l'inevitabile crescita esponenziale del
ceto sociale povero. L'Italia mai e poi mai potrà soddisfare il
debito pubblico esistente. E' materialmente e teoricamente
impossibile. Neanche la ricontrattazione del debito è una misura
idonea, poiché ciò comporterà sempre una continuità con le
politiche capitalistiche di ieri e di oggi. L'unica soluzione è
sollevare l'impossibilità assoluta sopravvenuta di adempiere a tale
obbligazione ricollegandosi a dei principi universali di diritto ben
recepiti anche nel nostro sistema giuridico. L'articolo 1218 del
Codice civile afferma che il debitore che non esegue esattamente la
prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova
che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da
impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non
imputabile, mentre il primo comma dell'articolo 1256 che
l'obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al
debitore, la prestazione diventa impossibile. Esistono tutte le
condizioni giuridiche e sostanziali per esprimere tale concetto.
Mancano, ovviamente, quelle politiche. E' impossibile,anche vendendo
la stessa Italia con tutti i beni connessi, pagare un debito,
destinato a crescere, che ad oggi ammonta a 2.034.763 miliardi Tutte
le manovre che verranno, l'incremento delle tasse, la riduzione
drastica dei diritti, finalizzata unicamente al pagamento del debito
pubblico, ivi incluse le svendite dei beni comuni, sono illegittime,
inefficaci, sono un cappio al collo per tutto il Paese e per i
cittadini. Intanto la sofferenza non potrà che crescere ed aumentare
anche il distacco tra il così detto centro la così detta periferia.
Il patto
di stabilità è diventato spesso alibi della dubbia modalità di
gestione della cosa pubblica, ma ha anche costretto le
amministrazioni a decidere su quali devono essere le priorità, come
nel campo della manutenzione ordinaria sacrificando spesso proprio le
periferie. A Trieste esiste una situazione di crescente disagio
sociale. Crisi nel lavoro, problemi nel diritto alla casa a cui si
cerca di far fronte ora con agevolazioni economiche, soffrono anche i
simboli dell'apparenza, come le rive, totalmente disastrate e dove
inciampare e non farsi male è un miracolo, il molo audace che da due
stagioni estive è in condizioni pietose, per non parlare delle cose
oramai divenute fatto notorio. Ma se soffre il centro, cosa accade in
periferia? Anche se a parer mio Trieste non ha una vera periferia ma
tanti piccoli centri. A Roiano, per esempio, vi è il problema ratti
anche in orario diurno, nella piazza della Chiesa, dopo varie
segnalazioni, lì ove vi è anche l'area giochi dei bambini, sono
stati collocati erogatori d’esca topicida in polipropilene. La
sporcizia domina spesso sovrana. Presso la scala al Belvedere, ove nel
dicembre del 2005, è stata posta da parte degli enti culturali
sloveni cittadini una targa dedicata al compositore triestino
appartenente alla comunità slovena Ubald Vrabec esiste una
situazione tipica di degrado, erbaccia ovunque, così come la targa
stessa circondata anche da erbaccia. Ma è difficile che non vi sia un borgo od un rione che non lamenti problemi di degrado. Oppure aumentano i sogni traditi
e le promesse mancate. Graziella Goitan, mi segnala, per esempio, che
nell'area di Rozzol Melara ci si interroga sul perché i panelli
solari per il risparmio energetico,che ben potevano usufruire le 650
famiglie lì abitanti e ne avrebbero tratto sicuramente beneficio
economico mettendo in moto un volano virtuoso pure per il lavoro,
sono stati dimenticati. Oppure che fine hanno fatto i propositi di “
Trieste riparte da Melara centrale con un progetto di
riqualificazione partecipata “ e ancora : “ da Rozzol Melara può
partire la riqualificazione delle periferie “ o “ Il nostro
futuro : cominciamo costruirlo adesso”?
Piccoli
segnali ma certamente significativi.
Certo,
il patto di stabilità, si dirà. Ma a parer mio esiste una
questione Trieste, che va oltre il patto di stabilità, oltre la
crisi, su cui riflettere senza più perdere tempo.
Aggiornamento:
Segnalo che dopo la pubblicazione dell'intervento la scalinata al Belvedere è stata ripulita dall'erbaccia. (Foto scattata il 2 agosto 2013), la foto di copertina che ritrae la scalinata in condizioni di degrado è di fine luglio ed antecedente alla pubblicazione dello scritto.
mb
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