L'Egitto continua a non essere dichiarato Paese insicuro ma Giulio non è finito nell'oblio

 Nel sito Viaggiare Sicuri della Farnesina, nella scheda dedicata all'Egitto si continua a leggere che   " Dal 2011 l’Egitto è stato attraversato da profondi rivolgimenti politico-sociali ed il contesto politico-regionale relativo alla questione palestinese può avere riflessi sulla stabilità sociale e movimenti di protesta. I connazionali che si recano nel Paese per motivi professionali, di studio o turistici, devono essere pienamente consapevoli di tale contesto generale, così come dei rischi di detenzione o di altre misure coercitive connesse alla partecipazione ad attività politiche o anche soltanto a discussioni potenzialmente ricollegabili al contesto politico interno, come dimostra l’omicidio di Giulio Regeni. Come noto, nel 2016, è stato rinvenuto, vicino al Cairo, il corpo del giovane ricercatore italiano, torturato e barbaramente ucciso". I rapporti commerciali tra Italia ed Egitto continuano ad essere consolidati, si stipulano anche accordi...

Arriva l'estate ma anche il ritornello sulla Grecia



Le peggiori cose accadono sempre in estate. Ma oramai la gente lo ha capito e la vigilanza sussiste anche durante il periodo estivo che in questo 2013 vedrà milioni di persone solo sognare le sospirate vacanze. Già, la vacanza è andata in vacanza.
E' nuovamente partita la strategia anti-dipendenti pubblici, anti-pubblico. Probabilmente perché sarà il miglior modo per fare cassa e nello stesso tempo per privatizzare nuovi servizi in linea con la strategia Europa 2020.
Come già detto e scritto il decreto del fare se da un lato prevede lo sblocco di alcune opere, interventi nel settore dell'edilizia, nello stesso tempo prevede tagli nel settore dei servizi esternalizzati della scuola. Ma questo sarà solo l'inizio, le indicazioni d'altronde sono emerse da tempo.
Ed ecco che si continua a paragonare l'Italia o cercare di assimilare la situazione italiana a quella greca. Grecia, vittima scelta sacrificale per incutere timore.
Si dice che i dipendenti pubblici sono troppi, si dice che si deve tagliare, che così avanti non si può andare e per evitare di fare la fine della Grecia o contestualizzando il tutto alla situazione italiana, non si deve fare altro che tagliare. E', nel contempo, sparito lo spettro del Portogallo e per adesso anche quello della Spagna, invece sulla situazione di Cipro è calato un misterioso, ma forse comprensibile, silenzio.
Una ricerca di Forum Pa smentisce tutte una serie di leggende.
Evidenziano che i dipendenti pubblici italiani non sono troppi, anzi sono in in numero minore sul totale degli occupati se raffrontati agli altri Paesi (Francia: 20%, UK 19,2%) e sono molto meno anche in termini assoluti: 3,4 milioni (5,6% pop) in Italia contro i 5,5 milioni in Francia (8,3% pop.)e i 5,7 milioni in UK (10,9% pop.) .
Certamente emergono problematiche di cattiva organizzazione, infatti la citata ricerca evidenzia il problema della cattiva distribuzione ma nello stesso tempo emerge un tasso di età certamente elevato. Per esempio In Francia il 28% dei lavoratori pubblici ha meno di 35 anni, in UK sono il 25%, ma in Italia solo il 10%. E la percentuale di impiegati sotto i 25 anni, ossia assunti direttamente dall’Università, è praticamente nulla (1,3% e solo nelle carriere militari).
Si segnala anche la qualificazione inferiore dei dipendenti pubblici italiani rispetto alla media europea, ma le retribuzioni, salvo il caso della scuola, risultano essere nelle media europea ed anche superiori rispetto al settore privato.
Insomma il problema non è la quantità, ma l'organizzazione della macchina pubblica. E' necessario, a parer mio, un piano di formazione, un vero investimento nel personale e per il personale ed in particolar modo l'apertura delle porte alle nuove generazioni ponendo fine alla precarietà.
Si deve andare controtendenza, investire vuol dire migliorare ciò che è certamente migliorabile con una strategia a lungo termine che certamente porterà benefici alla collettività.
Tagli, rigore, austerità, sono stati un fallimento, e quando viene meno la disincentivazione e la motivazione, quando incrementa la precarietà, è ovvio che ne risente anche la qualità del servizio pubblico offerto.
Infine non dimentichiamo che il lavoro non è un privilegio, ma un diritto.



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