Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Gestisci un blog? Attenzione ai commenti si rischia la condanna per diffamazione





Il Tribunale di Varese, con una sentenza depositata il giorno 8 aprile 2013, numero di ruolo generale 116/13, ha espresso un principio ed una condanna, a dir poco incredibile e pericolosa, ma in linea con l'epoca dell'austerità e del rigore vigente.
Una blogger, e ribadisco una blogger, quindi siamo in migliaia ad essere chiamati in causa, ed il principio che seguirà è estendibile anche ai social network, amministrava il suo blog, ed è emerso un dibattito, forte, duro ed aspro, tra aspiranti scrittori o scrittori esordienti, in merito alle note problematiche che emergono sulla pubblicazione di libri. Veniva presa di mira una casa editrice specifica. Commenti dopo commenti, specialmente anonimi, cosa accadeva? Che la casa editrice interessata querelava l'amministratrice del Blog.
Il Tribunale di Varese, nella sua sentenza, scriverà che “gli epiteti “cloache editoriali”, “truffatori”, signori della truffa”, cosche mafiose”, “strozzini”, attribuiti alla categoria genericamente individuata come editori a pagamento, e inclusiva della persona offesa, sono obiettivamente tali da lederne l’onore e il decoro; la diffusione di immagini mortificanti e allusive, frutto di montaggio, direttamente riferite a ST è obiettivamente tale da lederne l’onore e il decoro; così pure è a dirsi dell’uso nei suoi confronti dei termini “arpia”, “repressa del cazzo”, “urticante peggio di una medusa” e “solite stronzate” riferito a sue affermazioni; non integrano il reato, risolvendosi in forte ma legittima critica, le affermazioni circa la “pessima qualità” di talune produzioni editoriali.”


Nel formulare le accuse il Pubblico Ministero fa riferimento alle leggi n. 47/1948 e n. 223/1990 e contesta, senza ulteriore specificazione, la violazione dei commi primo, secondo e terzo dell’art. 595 c.pen. . Nel caso di specie, ricorda il Tribunale, “ il sito www.[...].org
Quanto alla qualificazione del fatto , per il Tribunale, “è corretto da parte del Pubblico Ministero parlare di comunicazione con più persone; sussiste l’aggravante di cui all’art. 595, terzo comma, c.pen. sotto il profilo” dell’’utilizzazione di “mezzo di pubblicità”, non sotto il profilo dell’’essere l’’offesa recata “col mezzo della stampa”.

Quanto all’’attribuzione soggettiva di responsabilità all’imputata, essa è diretta, non mediata dai criteri di cui agli artt. 57ss. c.pen.; la disponibilità dell’amministrazione del sito Internet rende l’imputata responsabile di tutti i contenuti di esso accessibili dalla Rete, sia quelli inseriti da lei stessa, sia quelli inseriti da utenti; è indifferente sotto questo profilo sia l’esistenza di una forma di filtro (poiché in tal caso i contenuti lesivi dell’altrui onorabilità devono ritenersi specificamente approvati dal *dominus*), sia l’inesistenza di filtri (poiché in tal caso i contenuti lesivi dell’altrui onorabilità devono ritenersi genericamente e incondizionatamente approvati dal *dominus*).
“Non è certamente idonea a escludere la responsabilità penale dell’imputata la clausola di attribuzione esclusiva di responsabilità agli autori dei commenti contenuta in un “regolamento” di natura esclusivamente privata per l’utilizzazione del sito (gli autori, semmai concorrono nel reato, ma di essi in questo processo non vi è traccia di identificazione, né sono imputati).”

L'imputata blogger veniva condannata alla pena di euro mille di multa, oltre al pagamento delle spese processuali; pena sospesa, non menzione; Visti gli artt. 538ss. c.p.p. Condanna LR al risarcimento del danno in favore della parte civile ST, che liquida in euro cinquemila; nonché al pagamento delle spese di costituzione e giudizio che liquida in complessivi euro mille, oltre IVA e CPA.

L'avviso è chiaro. Come moderare i commenti? Moderare i commenti vuol dire censurare i commenti. Nessuna libertà di espressione, anche aspra e violenta è permessa, d'altronde ti colpiscono lì ove fa più male, nelle tasche, chi ha 5000 mila euro da sborsare per un risarcimento danni? Riporto il mio esempio, ma ribadisco che tale problematica riguarda tutti e tutte, e non solo quelle migliaia di persone che curano blog e siti internet, forum o social network. Io da anni coltivo un blog che ha oltre 500 mila visite, una pagina facebook con oltre 3000 mi piace, twitter e così via dicendo, come posso controllare tutti i commenti? Controllare poi cosa orripilante. Dunque che fare? Rischiare la condanna o semplicemente chiudere i commenti, oppure censurare? Dove li trovi cinque mila euro in caso di condanna?Sì, esiste sempre la cassa di resistenza, ma non è così scontata come pratica...

Marco Barone
note: fonte sentenza leggioggi

Commenti

  1. il mio intevento sul caso diffamazione e blogger e libertà di espressione ha ispirato il fatto quotidiano: http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/05/11/blogger-condannata-per-diffamazione-responsabile-per-commenti-dei-lettori/590003/ bene, l'importante è non far finire nell'oblio quella sentenza che è pericolosa. mb

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