L'Europa la stiamo distruggendo noi!

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In un mondo dove l'Europa potrebbe avere un ruolo decisivo per la salvaguardia della democrazia, in un contesto politico dove gli autoritarismi, le dittature, sembrano essere la normalità e le democrazie quasi un fastidio, invece di diventare un punto di riferimento, è a rischio dissolvimento. Non sono gli USA, i putiniani, i cinesi, a distruggere l'Europa. Lo stiamo facendo noi, da soli. Non siamo nè carne, nè pesce, siamo totalmente allo sbando. L'Europa se si chiede cosa sia, la gente non saprà cosa rispondere, i suoi organismi sono sconosciuti ai più, percepita come entità astratta, anzi, l'Euro è spesso maledetto, forse l'unico beneficio che viene riconosciuto è la caduta dei confini, anche se , vedi ad esempio tra Italia e Slovenia, sono ritornati a modo loro. Insomma, ci siamo sciacquati la bocca all'inverosimile su fatto che l'Europa fosse un soggetto che ha garantito la pace per oltre 70 anni, anche se la guerra in Jugoslavia non è stata considerata...

Genova e Trieste, due città di mare e amare per i lavoratori



Il Caso Taranto si ripercuote su Genova ma in qualche modo anche su Trieste.
L'Ilva di Cornigliano è strettamente connessa all'Ilva di Taranto, se chiude, come sembra inevitabile, l'Ilva di Taranto, anche i lavoratori liguri vedranno il proprio futuro denso di precarietà.
Ma anche Trieste è condizionata dalla vicenda Ilva di Taranto.
Il caso Ferriera, che in qualche modo già nel 2003 aveva anticipato, a livello di procedimento legale quello che ora accade a Taranto, guarda l'evoluzione di Taranto, perché la situazione è simile, uno stabilimento vecchio, che necessita di una ristrutturazione integrale, perché inquinante, perché non più compatibile con le giuste ed ordinarie esigenze che devono garantire il diritto alla salute dei cittadini ma anche dei lavoratori.
Ma non è giusto che siano i lavoratori a pagare il prezzo della speculazione, della cattiva industrializzazione, ed una soluzione alternativa deve essere pensata seriamente.
Genova e Trieste, due città di mare, ma amare per i lavoratori.
E coincidenza vuole che in questo periodo sia Genova che Trieste saranno unite anche da due eventi importanti, il salone nautico e la Barcolana.
I lavoratori liguri hanno minacciato di protestare davanti al salone nautico, utilizzando quella vetrina come megafono nazionale per la loro situazione ed indignazione, a Trieste, la sola paventata ipotesi di protestare, utilizzando la Barcolana come ulteriore megafono, ha già creato enormi spaccature e divisioni.
Per amore della città e rispetto della città, la Barcolana non si tocca.
Certo, ma che fare della sorte di migliaia di lavoratori e lavoratrici, indotto incluso?
La Barcolana è una iniziativa di carattere internazionale, che al pari del salone nautico di Genova, richiama, anche se per poche ore, l'attenzione mediatica internazionale oltre che nazionale, sulle rispettive città. Nessuno ha detto che quell'iniziativa deve essere bloccata, ma una protesta, legittima, che chieda la solidarietà ai lavoratori deve essere attuata. Trieste, come Genova, sono due città che vivono la fine dell'epoca della pessima industrializzazione. Industrie che chiudono battenti, nessuna idea chiara e certa sullo sviluppo, compatibile con l'ambiente, è all'ordine del giorno.
Trieste è una città in svendita, migliaia di case collocate sul mercato immobiliare, il lavoro non c'è, e giorno dopo giorno quel poco che rimane scompare, dunque, che fare? Si deve continuare ad assistere alla triste fine, tacendo?
Se autunno caldo sarà, lo sarà solo per le lotte singole degli operai che perdono il lavoro o che il lavoro hanno perso, se autunno caldo sarà, lo sarà solo per quelle migliaia di persone che per disperazione, non avendo più nulla da perdere, andando oltre ogni sterile demagogica retorica e politica, si chiedono come devono fare per vivere. Ed allora se la Barcolana ed il salone nautico possono essere due megafoni che possono diffondere per l'Italia intera il grido di migliaia di lavoratori, ben venga l'iniziativa di lotta, starà al buon senso sapere gestire gli eventi non casuali di protesta.



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