Mi scuso per la lunghezza dell’intervento,
la materia è delicata e necessita di un’analisi essenziale che possa conferire
le giuste valutazioni.
Intervengo in merito alla Sentenza 212/2012 del Tribunale del Lavoro di
Trieste depositata in cancelleria il 29 agosto 2012 , una sentenza che affronta
la questione inerente la problematica delle prove Invalsi nella Scuola Pubblica
Statale italiana, che in questi giorni ha trovato diffusione in molti siti nazionali specializzati sulla scuola, riviste
ecc.
Questo argomento mi vede
coinvolto personalmente per due ordini di motivi.
Il primo è strettamente legato
alla Sentenza, poiché sono stato io a curare il ricorso che è stato rigettato
dal Giudice del Tribunale di Trieste, ricorso che comunque attende, per motivi
di diritto, anche se nato da vicende diverse, altri pronunciamenti in altri
tribunali italiani, il secondo, perché insieme alla mia organizzazione
Sindacale, i Cobas, mi definisco una piccola goccia nell’oceano sempre più
tempestoso e condiviso, non demagogica, ma semplicemente ideale e pragmatica, che insieme a docenti, studenti, genitori e
semplici cittadini si è battuta, si batte e batterà ancora contro
tutto ciò che rappresenta il sistema Invalsi, ovvero un sistema che condurrà la Scuola nella direzione
della concorrenza, del “merito” e del profitto.
Parto da un piccolo esempio che
può ben spiegare di cosa stiamo parlando.
L'Invalsi, Ente Pubblico di
Ricerca, tramite una normativa confusa che non si concilia con la complessità
del quadro giuridico vigente nel sistema scolastico, nella maggior parte delle
sue prove, che si svolgono in certe date, comporta l'interruzione dell'attività
didattica ordinaria, avvalendosi dell'attività lavorativa del personale docente,
che in quel momento dovrà interrompere il proprio lavoro, per automatizzare la
sua professione, una automatizzazione che con tanto di cronometro e parole da
ripetere a memoria, come imposte dal manuale del somministratore, denigra la
dignità professionale del lavoratore, il
quale dovrà distribuire e correggere
quelle prove che avrebbero la pretesa di verificare la preparazione degli
studenti frequentanti la scuola italiana con riflessi futuri sul valore
complessivo, in termini di profitto, della stessa scuola. Prove che comportano
una discriminazione sociale verso gli studenti
sia diversamente abili che con disturbi di apprendimento, prove che
indirizzano la risposta verso quella che il sistema vuole che sia la risposta e
che conseguentemente compromette la libertà d'insegnamento. Perché se
potenzialmente le risposte corrette su quattro domande sarebbero tre, solo una
di quelle tre è, per il sistema, quella giusta.
Ed è chiaro che lo studente
dovrà essere preparato e formato affinché al momento del test-quiz risponda
correttamente per l'Invalsi, ma non è detto che quella risposta sia corretta
per la comunità.
Intanto continua il business dei
libri, cd e programmi che vogliono preparare gli studenti, ma anche i docenti,
alle prove dell'Invalsi.
E poi quale merito? Chi decide i
criteri fondanti il merito? Chi valuta colui che dovrà valutare? Per non
parlare del fatto che queste prove, oltre che porre in competizione anche i
bambini sin dalle scuole elementari, non tengono assolutamente conto delle
difformità territoriali e sociali esistenti, tra rione e rione, tra città e
città, tra regione e regione. Prove omologate, standardizzate, che condizionano
e condizioneranno la formazione di intere generazioni.
Premesso ciò, occorre ricordare che
la prima battaglia è e deve essere prevalentemente culturale, sociale,
didattica, e non legalitaria, strada che comunque andava tentata, poiché
opporsi ad un sistema potente come quello in itinere, è ardua cosa, ed il
diritto prosegue per quella strada che non sempre coincide con l’essenza della
legittimità.
Veniamo al dunque della citata
sentenza.
Una causa caratterizzata da due sole
udienze con due Giudici diversi.
Il primo è stato trasferito, il
secondo affronterà la questione con una udienza di discussione non superiore ai
13 minuti ed un ritiro in Camera di Consiglio di pochi minuti.
Insomma 15 minuti per decidere
su una vicenda complessa, articolata, annosa, contorta e non certa.
15 minuti per imporre un
dispositivo che rigetterà il ricorso e condannerà la ricorrente alle spese
processuali.
15 minuti per l'Invalsi .
E pensare che una volta il
lavoratore era la parte debole e tutelata, che erano rarissimi i casi ove la
condanna alle spese processuali poteva maturare, ma che ora è divenuta prassi
basilare e di mero monito per tutti i ricorrenti , i quali devono sapere che
far valere la pretesa di un diritto in Tribunale e non certamente in via
temeraria, può comportare la condanna alle spese.
Eppure la sola complessità della
vicenda era da sola idonea a soddisfare
almeno una compensazione delle spese processuali, ma così non è stato.
Confido nel fatto che il MIUR
abbia l'accortezza di non pretendere il pagamento di quelle spese processuali,
per questioni non tanto di diritto, ma
di mera etica.
Il caso parte da una vicenda
eloquente. Una docente si vedeva imposto formalmente quanto segue:
“ lascerà la classe e rimarrà a
disposizione dell'Istituto per eventuali necessità della scuola inerenti alla
funzione docente,e, al venir meno di questa condizione, dopo essersene accertata,
potrà lasciare temporaneamente l'Istituto per riprendere servizio
successivamente secondo il consueto orario di lezione”
Ordine di servizio che si
commenta da solo a cui comunque veniva prestato formale rimostranza e diffida e
che veniva impugnato in Tribunale.
Cosa accadeva nel giorno delle
prove?
In sostanza alla docente veniva
impedito fisicamente di entrare nella “sua” classe e nel suo giorno lavorativo
per apporre la firma sul registro ed effettuare lezione. Innanzi a tale
comportamento ed all'umiliazione ed alla lesione della propria dignità
professionale, la lavoratrice pativa uno
stato d'ansia tale che le comportava un
malessere da cui derivava una prognosi di alcuni giorni di malattia.
Tutto confermabile in via
testimoniale oltre che documentale, e nella sostanza non smentito da
controparte.
Ma i Testimoni non venivano
ammessi dal Giudice e nessun danno reale poteva, dunque, essere compiutamente
provato , nonostante la realizzazione dello stesso e la documentazione medica
prodotta.
Il danno morale (risarcibile in base all’art. 2059 c.c.) consiste, per buona
parte della giurisprudenza, nello stato di sofferenza, nel “patema d’animo”
passeggero, momentaneo, conseguente all’evento lesivo subito. Il danno morale
attiene alla sfera esclusivamente personale del danneggiato, alla afflizione
emotiva circoscritta in un breve lasso di tempo, che rende più difficoltoso il
momento di vita della persona, ma che non ne impedisce il proseguimento in
nessuno dei suoi aspetti basilari. Il risarcimento del danno morale viene
perciò definito pretium doloris, o pecunia doloris.
Dunque, cosa decide il Giudice?
Che Alla luce
del quadro normativo sinteticamente richiamato( nella sentenza) si
può dunque ritenere che l'effettuazione
di rilevazioni periodiche e funzionali
al monitoraggio dello standard qualitativo e del miglioramento
del sistema scolastico è previsto
dall'ordinamento in capo al Ministero
della pubblica istruzione che ne
dispone e cura lo svolgimento
anche avvalendosi di un ente
strumentale, l'Invalsi, le cui competenze
sono del pari normativamente previste proprio con riferimento
allo svolgimento, tra le altre,
delle funzioni di rilevazione di cui si discorre.
In relazione a tale funzione
non risulta sussistere alcuna competenza decisionale in capo
al singolo istituto ed in
particolar modo al Collegio docenti in ordine alla scelta di effettuare
o di
non effettuare le prove di cui di discorre.
Nè sussiste un residuo margine decisionale sull'an dell'effettuazione delle rilevazioni di cui si discorre
in capo al Collegio docenti del singolo Istituto. Infine, secondo il Giudice, l'articolo 7 del dlgs 297/94
non prevede alcuna competenza al collegio docenti dalla lettura del detto
articolo in relazione allo svolgimento delle prove di cui si
discorre.....L'unica cosa che potrebbe riconoscersi al collegio docenti è solo
una funzione propositiva di modalità
organizzativa per conciliare lo svolgimento
delle rilevazioni di che trattasi
con l'ordinaria attività didattica,ma giammai in ordine alla decisione sullo svolgimento o meno delle
stesse, come pretenderebbe parte ricorrente...
Dunque il Giudice afferma che si può e non che si deve ritenere
la rilevazione delle prove considerate in capo al Ministero che si avvale dell'Invalsi
e conseguentemente il Collegio Docenti non può pronunciarsi né sull'an, né
sullo svolgimento delle dette prove, ma solo sulle modalità organizzative, ed infine non afferma che le prove
dell'Invalsi sono attività didattica. Anzi lo stesso Giudice rileva che il
Collegio Docenti avrebbe una funzione di prospettiva per conciliare
lo svolgimento delle rilevazioni di che trattasi con l'ordinaria attività didattica.
Quindi, quel si può e non si deve, da cui discende la presunta non competenza
del Collegio Docenti, è una importante chiave di lettura, poiché il Giudice
conferisce una indicazione in tal
senso e non una certezza. Ed infine,
non essendo le prove attività didattica è chiaro che non possono interrompere
l'attività didattica e come si devono porre allora con l'attività didattica? Con il normale corso dell’attività di
insegnamento? Invalsi ed attività didattica restano due cose, come denunciavo
in passato, separate, distinte e non certamente compatibili.
Altro punto interessante della
Sentenza riguarda la questione dell’attività funzionale. Un Giudice che fa
propria una tesi del’USR del Friuli Venezia Giulia, che contrasta con le
indicazioni fornite dal Ministero. Infatti,
si deve sottolineare
che una nota della Direttrice dell'U.S.R per il F.V.G del 22 aprile 2011, n° prot. AOODRFR-5759, disponeva
in sostanza che le prove dell'Invalsi dovevano essere intese come attività
rientranti tra gli obblighi contrattuali previsti dall'articolo 29 del CCNL
comparto scuola, che pertanto non assumano carattere di attività aggiuntiva e
che nessuna retribuzione aggiuntiva era dovuta. Mentre la nota 2792 del 20.4.2011,della
dott.ssa Palumbo sosteneva il contrario ovvero che le dette prove devono essere
in sostanza considerate come attività aggiuntive e non funzionali all'attività
docente.
Il Giudice afferma che l'attività
di somministrazione e correzione delle prove Invalsi ben può farsi
rientrare tra le attività previste dall'articolo 29 del ccnl scuola vigente,
essendo tale attività inquadrabile come attività funzionale all'insegnamento,
ovvero come attività di vigilanza sugli studenti del pari doverosa ex articolo
29 comma 5, con riferimento alla fase di somministrazione in orario di
ordinaria attività.
Dunque, anche in questo passaggio
si rileva il carattere del può e non del
si deve. Quindi, si fornisce indicazione,
ma non certezza vincolante, ed anche su questo punto si rimarca il fatto
che le prove non sono attività didattica.
Rimane in piedi tutto il discorso sull'attività
aggiuntiva e sul carattere non di attività funzionale di queste prove in
relazione alla mansione del docente.
Infine il Giudice conclude
dicendo che si deve evincere
l'obbligatorietà dello svolgimento delle prove dell'Invalsi nell'istituzione
scolastica e per il singolo docente, senza che il collegio docenti abbia alcuna
competenza in ordine alla decisione sul loro espletamento.
Questo passaggio, che è quello
conclusivo, afferma il principio della Obbligatorietà delle prove dell'Invalsi
nella singola Scuola e la non competenza del collegio docenti a deliberare
sull'espletamento o meno delle prove, salvo, come evidenziato nella parte
motiva, pronunciamenti sulle modalità organizzative.
Dunque, a parer mio, nel rispetto
dell’autonomia scolastica e dell’attività didattica, non essendo le prove
dell’Invalsi attività didattica e rientrando al limite, invece, nell’attività
extrascolastica -salvo il caso dell’esame di Terza Media- potrebbero queste essere
svolte in attività pomeridiana, fuori dai locali scolastici, con il solo
operato del personale Invalsi. Tenendo altresì conto, che, ad oggi, gli
studenti ben possono rifiutarsi di svolgere queste prove -con l’unica eccezione
della prova di esame poiché nessun obbligo emerge per loro, poiché nessuna
sanzione può essere loro comminata, non essendo le dette prove utili per la valutazione
del singolo studente, così come i docenti, trattandosi di attività
aggiuntiva, cosa non smentita dalla
sentenza di cui trattasi, possono effettuarle solo su libera disponibilità.
Ribadisco quanto espresso in premessa, la
battaglia deve continuare lì ove oggi è risultata essere vincente, ovvero sul
sistema Invalsi, sull’aspetto sociale, sulla discriminazione, sull’omologazione
e standardizzazione sia dell’insegnamento che dell’apprendimento degli
studenti, l’Invalsi andrà contrastato con tutti gli strumenti ritenuti
legittimi, dallo sciopero al boicottaggio, con il coinvolgimento di genitori,
studenti e docenti e cittadini.
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