Via Sant'Ambrogio una via alla ricerca della sua identità

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Un tempo via del Duomo, o del Teatro, oggi via Sant'Ambrogio che porta lo stesso nome del duomo consacrato dopo i disastri della prima guerra mondiale nell'ottobre del 1929, pur senza il campanile che dovette attendere la fine degli anni '50 per essere battezzato. Una via che nel corso della sua storia è sempre stata da transito di merce e persone e che è diventata negli ultimi tempi il teatro dello scontro identitario di una Monfalcone alla ricerca del proprio equilibrio sociale. Perchè è evidente che a Monfalcone, terra di passaggio, da quando è diventata grazie ai Cosulich città dei cantieri, per questo contesa dal regno d'Italia all'Austria, per privarla dei suoi cantieri insieme al porto triestino, ha conosciuto quelle dinamiche proprie delle città portuali. Gente che viene, gente che va. Approdo e partenza di nuove identità. Dal Sud Italia, all'Asia, passando da quel centinaio di nazionalità che a Monfalcone stanno cercando il proprio equilibrio, ognuna ne

A volte la vita è come un film

A volte la vita è come un film.
Un film ove non comprendi quando sei il regista, l'attore o semplice comparsa.
Un film ove ti sfugge ogni regia, colore o suono, semplicemente un film.
Ma in questo film accade di conoscere persone, persone che si spogliano di quella maschera quotidiana che la burocrazia ti offre o impone, persone senza maschera, persone umane.
Ho conosciuto l'umanità.
Quel senso di umanità, una carezza di fratellanza laica e pura, che permette all'individuo di sentirsi regista e non semplice attore o mera comparsa di quel film che viviamo a volte senza consapevolezza a volte semplicemente perché lo si deve vivere.
E' una società asociale quella che circonda i nostri pensieri e sentimenti.
Cerco la verità, perché mi ribello alla falsità.
Cerco la giustizia sociale, perché mi ribello all'ingiustizia di un sistema che opprime ogni risposta al perché.
Eppure esistono dei perché che non possono divenire perché.
Eppure esistono delle risposte che non possono essere conferite.
Quello che appare non è.
La conquista della libertà di essere uomini o donne che vogliono semplicemente vivere un mondo privo di catene, privo di meschinità, privo di poteri e sotto-poteri, privo di autoritarismi, privo di strategie destabilizzanti quell'equilibrio che mai equilibrio reale è stato, ma solo equilibrio concesso nel paciere di quel piacere deciso in qualche stanza cupa e fredda di terre ogni oltre convenzione razionale, deve passare da quella via stretta ed in salita dell'inquietudine della consapevolezza.
A volte è meglio vivere l'ignoranza di Stato. A volte è meglio vivere semplicemente l'ordinarietà ordinaria ed ordinata come imposta dal sistema impostore.
Sofferenze, lacrime, timori, sentimenti confusi nell'urlo del sapere, comportano tentazioni che potrebbero rendere futili quelle azioni come ora tastierizzate, come ora internetizzate, come ora prigioniere di quella rete che da per avere.
Ma non avranno mai quell'utopia della voglia di essere liberi.
Non avranno mai la voglia di non essere adattati.
L'adattamento al normale e normalizzato avvenire degli eventi è la peggior eresia che mai possa trovare rapace affermazione.
E dunque scrivo e lotto, lotto e mi ribello, perché io sono il regista della nostra vita, sono l'attore della nostra vita, sono la comparsa nella nostra vita.
Siamo noi i registi del nostro destino, consapevoli, nonostante tutto,  è meglio.

Marco Barone

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