Le torri nel corso della
storia hanno rappresentato il simbolo del potere.
Una torre
più era alta più era elevato il potere del committente.
Ma le
torri rappresentano anche uno strumento di diffusione della voce
della protesta.
Penso a
Luca in Val di Susa, ai ferrovieri di Milano, ed ora a Marcello Di
Finizio a Trieste.
La torre,
un traliccio, una gru, che ti sollevano materialmente dalla terra
ferma, per urlare al popolo sottostante, la rivendicazione di un
diritto.
Cosa è
giusto cosa è sbagliato è difficile dirlo.
A volte
vivi la sensazione che forse ciò che reputi giusto sia errato e ciò
che reputi errato sia giusto, è solo una questione di prospettiva,
di sensibilità, che può mutare l'intera rappresentazione di una
vita.
Quella di
Marcello è una vicenda che da due giorni fa parlare.
Almeno a
Trieste.
E' questo
è già qualcosa.
Però
prima voglio sottolineare una piccola ma significativa esperienza.
Una di
quelle cose, chiamale se vuoi coincidenze, che devono lasciar
riflettere.
Domenica
mattina vagando sul lungo mare di Barcola, osservando il mare, notavi
tra gli scogli un pezzo di cartone con una scritta blu, "
continua lo sciopero della fame...Barcola" Una scritta che il
tempo, inesorabile tempo, ha lentamente cancellato.
Ti
chiedevi ma chi avrà scritto "sciopero della fame
continua....Barcola" ?
Poche
ore,e la risposta arriva.
Marcello
Di Finizio, per due volte ha fatto lo sciopero della fame, è andato
a Roma anche in bicicletta per protestare contro gli effetti della
Direttiva Bolkestein che in sostanza prevede l'asta
pubblica di tutte le concessioni demaniali. Una tematica sentita
fortemente dai piccoli balneari perché il rischio che le future aste
siano aggiudicate e vinte dai soliti colossi è un dato di fatto
reale.
Le
valutazioni possono essere varie.
Penso alla
vicenda di un piccolo imprenditore, che vede la propria attività
andare in frantumi, prima per un incendio e poi per
una mareggiata. Era un'attività sana che conferiva lavoro a
varie persone. Era la sua vita.
Ma per gli effetti della Direttiva
Bolkestein Marcello rischia di perdere tutto.
Anzi come ha denunciato dall'alto
dell'Ursus, dove staziona, a circa 70 metri di altezza dal mare, da
due giorni, non ha più nulla da perdere.
Non avere
più nulla da perdere.
Quante
volte ho sentito questa frase.
Questa
esclamazione.
La forza
della disperazione, ti spinge ad azioni incredibili, ma reali.
Una gru,
arrugginita dal logorio di una società sempre più complessa e
burocratica, una persona che urla la sua disperazione e l'ingiustizia
figlia di una norma europea, Europa alla quale abbiamo ceduto senza
batter ciglio la nostra sovranità popolare, e la città che
continua, nonostante tutto, a vivere la sua ordinaria vita.
Marcello è
ancora sul gigante di ferro. Farà bene? Farà male?
Credo che
quando si vive il senso del non aver più nulla da perdere, si
ribalta il senso di quel senso ordinario a cui la società per forza
di cose ha abituato l'essere umano.
La
civiltà.
Un gesto
che molti definirebbero come incivile, ma è più civile la civiltà
o civile l'inciviltà figlia della voglia di combattere una
ingiustizia tipizzata dalle leggi di questo non più bel Paese?
Marco Barone
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