L'Impero dall'aquila a due teste doveva cadere. Con l'incredibile attentato di Sarajevo, dove tra un mix di incompetenza, casualità e complotti si arrivò ad uccidere l'erede al trono, Francesco Ferdinando, e sua moglie Sofia, mai amato dall'Imperatore. Si spinse, dalla Germania ad alcuni fedelissimi dell'Imperatore, per colpire e affossare quella costola amara che era la Serbia. L'ultimatum più duro di quel secolo mai partorito contro uno Stato fu il pretesto per dominare una Serbia che alla fine dei conti, subendo una strage, tra i 450 mila e 750 mila morti complessivamente, si rivelerà essere la fine dell'Impero austroungarico e si spalancò il portone per l'avvento della grande Germania, e il nazismo. Se l'Impero non avesse in modo sciagurato aggredito la Serbia, un Paese intero punito per colpire una piccola organizzazione ed il suo attentatore, oggi, forse sarebbe ancora in vita. Si vivrebbe una storia diversa.
All'interno dell'Impero covavano sentimenti nazionalistici plurimi, ognuno cercava di portare acqua al proprio mulino, dall'irredentismo italiano che denunciava il miglior favore che l'Impero manifestava verso i popoli slavofoni e viceversa chi lamentava nei Balcani poca attenzione verso le proprie istanze di autodeterminazione.
Nel 1952, su testo di Concina e Cherubini e con l'interpretazione di Nilla Pizzi, vincerà il festival di Sanremo una canzone dal profondo spirito politico. Una melodia alla ninna nanna, dalla grande malinconia, ma che avrà un gran forza emotiva nel Paese per non far perdere quella Trieste, tanta osannata nei primi decenni del '900.
Vola Colomba.
Vorrei volar laggiù dov'è il mio amor,
Che inginocchiato a San Giusto
Prega con l'animo mesto:
Fa che il mio amore torni
Ma torni presto
Vola, colomba bianca, vola
Diglielo tu
Che tornerò
Trieste, con il Memorandum del '54 scivolerà all'amministrazione italiana, l'Istria, e le altre terre contese, invece, rimarranno alla Jugoslavia. Quell'Istria, quella Dalmazia, meno interesse si rivelò per Fiume, che tra il prima e durante la grande guerra, in alcuni interventi di deputati che avranno un ruolo notevole nel nazionalismo italiano, passando anche dal fascismo, ma non solo, terranno certamente banco nella politica romana.
Come l'intervento di
Salvatore Barzilai, triestino, irredentista, presidente della FNSI, massone, componente della delegazione italiana alla conferenza per la pace a Versailles, verrà interessato anche lui, in qualità di ebreo, e senatore, dalle leggi razziali.
Il 4 dicembre 1913, prende la parola alla Camera, e nel suo intervento, parla della questione istriana, secondo la sua veduta contro ciò che venivano denunciati come "soppressione di ogni attività legittima degli italiani, e tentativi pertinaci di slavizzazione del paese."
Una sola cifra ; cinquanta anni fa la Dalmazia era terra italiana, conservava tutte le tradizioni della Repubblica Veneta, ed oggi la proporzione degli italiani in Dalmazia è del due per cento ! È distrutta rasa al suolo la civiltà italiana in quel paese! Appena appena la città di Zara si sostiene miracolosamente; Spalato, terra di Niccolò Tommaseo, è finita! E quest'opera persistente, lenta, continua, si compie a Trieste, in Istria. Ma le resistenze sono meravigliose, l'opera di denaturazione è lenta, ed allora si ricorre ai grandi mezzi. Dopo che venne inaugurata la ferrovia dei Tauri si importarono a Trieste 700 famiglie slave in blocco e si collocarono in particolari quartieri della città. La Società del Lloyd ha accolto 1,700 operai slavi. Dei 4,700 impiegati di Trieste, 3,900 sono slavi. E di fronte alla lotta accanita anche il partito socialista di Trieste ha cominciato ad aprire gli occhi.
Ponendo il problema che era proprio dell'irredentismo di quel tempo, che portò poi a rivendicare in blocco, Fiume, la Dalmazia, l'Istria, il rischio della "slavizzazione dell'Adriatico".
Noi lottammo contro il porto serbo nell'Adriatico per il terrore della grande Russia, perchè, attraverso non so quali sbalzi, quali territori, non arrivasse all'Adriatico. Era la grande minaccia al nostro paese; e fu quindi tra altro la necessità di salvare l'equilibrio anche etnografico dell'Adriatico, che ci mandò in compagnia dell'Austria all'opera dell'indipendenza albanese. Ora che cosa è accaduto? (E questo ricollega il mio argomento di ora con quello di pochi minuti fa). Se noi avessimo potuto dar forza di simpatia e di amicizia alle popolazioni balcaniche, avremmo assistito a questo spettacolo che ventiquattro milioni di slavi dello Stato austriaco, che al tempo di Venezia erano amici degli italiani, se avessero visto l'Italia amica delle loro rivendicazioni, anziché rappresentata, anche artificiosamente dalla stampa austriaca, iniziatrice di ogni mossa a loro ostile, avrebbero attenuata 1' asprezza verso i nostri fratelli.
Accentuando, dunque, quelle che venivano rimarcate come responsabilità asburgiche l'aver posto gli italiani come "nemici" e non amici del popolo balcanico.
A un mese dall'attentato di Sarajevo, il 6 maggio 1914 , è da segnalare l'interpellanza dei deputati
Foscari e Federzoni, nazionalisti, e sarà noto soprattutto Federzoni, fascista della prima ora, ministro per il governo Mussolini, presidente della società geografica, ma verrà condannato a morte dal tribunale fascista a Verona, per essersi opposto a Mussolini, v
errà poi condannato nel '45 per i reati fascisti, fu amnistiato nel '47.
I sottoscritti chiedono d'interpellare il ministro degli affari esteri, per sapere come siasi provveduto finora e come intendasi provvedere in avvenire perchè sia rispettato l'equilibrio etnico dell'Adriatico, oltre che per l'Albania, anche per la Dalmazia, per l'Istria, per Trieste e per il Friuli, visto che le condizioni millenarie furono già in questi ultimi anni profondamente mutate in danno della stirpe italiana, non solo con artifìci statali ogni giorno più palesi e con quotidiane offese a ogni principio di giustizia e di civiltà, ma anche con violazione di ogni dovere costituzionale da parte degli Stati Adriatici rivieraschi e delle convenzioni internazionali per quanto riguarda il trattamento da farsi ai regnicoli.
Concetti sopravvissuti anche nel nostro attuale secolo.
Il
14 aprile del 1916, in piena prima guerra mondiale, da segnalare l'intervento di
Colonna di Cesarò accusato di essere stato l'attentatore di Mussolini ,antifascista, ministro delle poste e dei telegrafi, presidente dell'Associazione nazionale Pro Dalmazia italiana. Dopo la scomparsa di Matteotti si pose tra i capi dell'Aventino.
Perchè non è imperialismo volere Trento, Trieste, l'Istria e la Dalmazia, per amore della cui italianità l'Italia ha rinunciato, per oltre trent'anni, alla propria libertà di azione, e ha subito anche a volte dolorose umiliazioni della propria dignità! Perchè non vi ha in Italia chi non desideri la ricostituzione del Belgio e della Serbia, integrata quest'ultima dai territori che le spettano, e dagli sbocchi sul mare che le sono necessari!
Il
17 ottobre 1917 in pieno periodo rivoluzionario in Russia,
Labriola, socialista, massone, interventista, dopo un periodo di esilio, si avvicinò al fascismo, scrivendo
una lettera di lode a Mussolini per la guerra in Etiopia, farà parte, poi, dell'Assemblea Costituente. Così interverrà sulla questione dalmata.
Connessa è la questione della Dalmazia-Signori, finché lo Zar doveva andare a Costantinopoli, l'Italia doveva andare in Dalmazia, unico mezzo per impedire che i porti dalmati diventassero lo scalo ordinario di una flotta russa. Ma oggi che la scomparsa dello Zarismo ha semplificati tanti problemi europei, si può parlare della Dalmazia come conviene, vale a dire rispettando le statistiche della popolazione, che alla Dalmazia assegnano una piccola minoranza italiana, inferiore a quella della popolazione delle altre nazionalità non serbe. Occorre riconoscere lealmente e sinceramente che i censimenti della Dalmazia - quelli di oggi, quelli di cinquant'anni fa, quando i croati non s'erano ancora desti al senso della loro indipendenza nazionale - non convalidano la tesi italiana della Dalmazia. Del resto su questo punto il gabinetto non è unito ed io mi auguro che gli onorevoli Bissolati e Bonomi non faranno cadere questa occasione per dichiarare che essi considererebbero l'annessione della Dalmazia all'Italia una ingiustizia nazionale.
Il 23 novembre 1918 è da segnalare l'intervento di
Monti Guarinieri, deputato in Parlamento ininterrottamente dalla XX alla XXII legislatura
(1897-1909), eletto sempre al primo turno nel collegio di Senigallia
noto a quanto pare per le sue battaglie contro le "degenerazioni democratiche e socialiste".
Il suo intervento, contrariamente ai pregressi, sarà meno ideologico, e più pragmatico. Ed è uno dei primi interventi che riguardano la questione istriana,dalmata, a guerra finita.
Ho fatto un breve studio sulle condizioni della magistratura in quei paesi sotto l'Austria. In quelle regioni (Venezia Giulia, Gorizia e Gradisca, Istria, Venezia Tridentina e Dalmazia) c'erano due Corti d'appello, una a Trieste e una a Zara ; dodici tribunali: (Trieste, Gorizia, Rovigno, Trento, Rovereto, Bolzano, Zara, Fiume, Spalato, Ragusa, Cattare, e Sebenico) tribunali importantissimi che avevano un cumulo enorme di lavoro, più vario, molto suddiviso, come non è certo nel nostro Paese. E vi sono 94 preture. Dunque in complesso 94 preture, 12 tribunali e 2 Corti di appello. Come intende il Governo di provvedere al funzionamento di queste sedi?
mb
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