L'operazione Blechi e le testimonianze raccolte da Paolo Zonta, Elda Soranzio e Mario Candotto



Ci sono storie che lasciano il segno e nel corso dei decenni continuano ad essere ricordate, raccontante, con sfumature diverse e dettagli sempre nuovi, andando alla ricerca di perchè che ancora oggi non hanno una risposta esaustiva. Una di queste è sicuramente quella della "spia" Blechi, di cui non si ha neanche memoria fotografica, come è emerso durante uno scambio di battute nel corso della storica cerimonia con la quale si onora la storia della Brigata Proletaria. Ma il personaggio è esistito, eccome se è esistito.  
 
La così detta operazione Blechi, degna della migliore regia hollywoodiana, ma quando si dice che la realtà supera l'immaginazione, c'è poco da fare se non raccontare la storia. E questa è la storia di Walter Garlaschi nato a Ronchi il 19 ottobre del 1922, residente a Monfalcone, storia che mi è stata raccontata da Mario Candotto nei seguenti termini: "Garlaschi, era stato fatto prigioniero dai tedeschi in Grecia, era con la marina. Venne imprigionato nei campi tedeschi per poi arrivare a Monfalcone. Venne in contatto con un compagno partigiano di Ronchi, Faragona, che lo portò in montagna insieme ai partigiani. Blechi si rese responsabile di diverse atrocità, non a Ronchi, dove comunque segnalò diverse persone da consegnare ai tedeschi, ma nei paesi limitrofi”. Quando si comprese che fosse una spia, si decise di ucciderlo. Il primo agguato non riuscì, "perché aveva una specie di giubbotto antiproiettile”. Altre parole preziose furono quelle che avevo raccolto da Paolo Zonta, (ex Presidente della sezione ANPI di Ronchi), che ha assistito a quei fatti: "la gente di Ronchi e Vermegliano, luogo, questo, ove avvenne il primo agguato, quando venne ferito, gli sputava, perché sapeva che era un traditore, che prima di essere sparato gli venne detto è giunta la tua ora. Garlaschi dopo che venne ferito provò ad innescare una bomba a mano per gettarla contro chi era lì, e poi venne giustiziato nell'ospedale, gli venne tagliata la gola".
Fatto confermato anche da una nota poesia dedicata proprio a questa vicenda, quale la "Poesia di Valter 1944". Ecco il testo:
In quel San Pietro in osteria trovan Stanco in allegria, egli spara senza pietà sul Faragona non preparà. Il poveretto ben crivellato, laggiù all'Adria fu trasportato. Il giorno dopo il caro invito fu ancora vivo seppellito. (...)E adesso a Valter accadde il bello un luccicante e lussuoso coltello. Solo con sguardi e una parola fu tagliato alla gola
Anche se in realtà pare che venne ucciso a colpi di pistola. Dunque da queste testimonianze si può desumere che Blechi fosse infiltrato, per conto dei nazisti, fin dall'inizio e non che decise di passare al nemico successivamente come altri comprensibilmente tendono a sostenere. Ma su ciò non ci sarà mai certezza. Su Blechi, Elda Soranzio, che fu staffetta partigiana per l'intendenza Montes, nome di battaglia Lina, ricevuto con il consenso di Silvio Marcuzzi, e scelto perché Lina era il nome della compagna di un partigiano, mi raccontò diverse questioni: 
 
"Arrivarono a Doberdò le SS. Il partigiano Walter, alto e robusto, venne arrestato e subito si arruolò nelle bande fasciste e naziste. La spia riconosce diversi partigiani, in tanti vengono arrestati e rinchiusi in una casa non abitata. I sette fermati sono sottoposti ad interrogatori e torture dalle SS. Poi vengono, in serata, scortati dai tedeschi nella casa di una famiglia e prima di lasciare il paese hanno fatto saltare in aria. Walter ha fatto arrestare e catturare la gente che un tempo era nelle sue file, le uccisero ferocemente. Quando non aveva più nulla da raccontare ai tedeschi lo lasciarono libero senza scorta. I partigiani sapevano che girava per il paese vestito da donna, o da vecchio o con la barba. Lo sorpresero a Vermegliano, vicino alla piazza del paese, gli spararono e fuggirono pensando che fosse morto. All'indomani hanno saputo che non era morto. In cinque partigiani di notte si sono recati all'ospedale, la spia quando ha visto i partigiani, disse "se mi perdonate, ritorno con voi, che ho tante cose interessanti da dirvi". Il perdono non gli venne concesso. 
 
Venne ucciso il 2 febbraio del 1944 ed insieme a lui venne uccisa anche la madre, casalinga, Malaroda Bianca, nata il 26 gennaio del 1901 a Ronchi, che si mise ad urlare e cercò di evitare l’uccisione del figlio. Entrambi vennero sepolti a Monfalcone il 7 febbraio del 1944. I loro resti dovrebbero essere oggi nell'ossario. 
 
Purtroppo i testimoni preziosi di questa vicenda, da cui ho appreso dettagli importanti, come Paolo Zonta, Elda Soranzio e Mario Candotto, oggi, non ci sono più. A loro va il mio pensiero e senso di gratitudine per ciò che hanno rappresentato per la nostra comunità. 

mb 

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