La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

Immagine
Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Da Ciampi a Mattarella oltre dieci anni di retorica di Stato sul Giorno del Ricordo

Istituito quattro anni dopo l'istituzione in Italia della Giornata della Memoria, il Giorno del Ricordo, che si celebra il 10 febbraio, pochi giorni dopo, dunque il 27 gennaio, con la Legge legge 30 marzo 2004 n. 92, ha creato tensioni, problematiche, fin dalla sua proclamazione. Perchè è una legge, che pur riconoscendo come complesse le vicende del confine orientale, le ha semplificate sotto il segno del nazionalismo, dell'ideologia anti-comunista ed in particolar storicamente anti "jugoslava". Quando la storia viene strumentalizzata per fini politici, non è più storia, ma uno strumento di propaganda politica. Interessante notare come tutti i discorsi che seguiranno avranno sempre un riferimento all'Europa, all'europeismo, diventato sentimento e mezzo legittimante il revisionismo storico di Stato.
Tanti i discorsi presidenziali che si sono succeduti in questi 15 anni anni di vigenza di tale legge. Alcuni sintetici, alcuni dei semplici comunicati, altri, discorsi veri e propri.

Il primo discorso sarà del Presidente Ciampi

2005
Ciò che emerge nel suo discorso del 9 febbraio 2005 è da un lato è la questione sentimentale verso, indistintamente, tutte le vittime delle foibe (ricordiamo che vittime furono soprattutto fascisti, nazisti, non solo, come la vulgata vuole presentare, innocenti civili)
Il mio pensiero è rivolto con commozione a coloro che perirono in condizioni atroci nelle Foibe, nell'autunno del 1943 e nella primavera del 1945; alle sofferenze di quanti si videro costretti ad abbandonare per sempre le loro case in Istria e in Dalmazia.
Per poi, riconoscere, il tutto, come una conseguenza, drammatica, di quanto accaduto in passato,senza specificare, però cosa. Si tratterà di un primo sassolino gettato per arrivare a quella chiusura del cerchio che si realizzerà nel 2019: 
Tanta efferatezza fu la tragica conseguenza delle ideologie nazionalistiche e razziste propagate dai regimi dittatoriali responsabili del secondo conflitto mondiale e dei drammi che ne seguirono.

2006
Il discorso dell'8 febbraio 2006 va segnalato per la prima medaglia consegnata alle vittime delle foibe. Come diversi studi hanno evidenziato, il medaglificio che ne seguirà sarà in parte una riabilitazione di fascisti.
La celebrazione di quest'anno si arricchisce di un momento di grande significato: la prima consegna a congiunti delle vittime di una medaglia dedicata a quanti perirono in modo atroce, nelle foibe, al termine della seconda guerra mondiale.

Si introduce per la prima volta  il concetto di pulizia etnica, che si affermerà, compiutamente nei discorsi a seguire. 
L'odio e la pulizia etnica sono stati l'abominevole corollario dell'Europa tragica del Novecento, squassata da una lotta senza quartiere fra nazionalismi esasperati.


2007
E' il primo discorso di Napolitano.  

Sarà un discorso durissimo quello d Napolitano. Nella gradualità delle cose, durata solo due anni, accoglierà l'assist preparato da Ciampi, per fare il suo affondo sul concetto di pulizia etnica e non solo. Parlerà di furia sanguinaria, di disegno annessionistico slavo i cui effetti erano barbarie che potevano essere trattate nel '900 al pari dell'Olocausto.
 
"giustizialismo sommario e tumultuoso, parossismo nazionalista, rivalse sociali e un disegno di sradicamento" della presenza italiana da quella che era, e cessò di essere, la Venezia Giulia. Vi fu dunque un moto di odio e di furia sanguinaria, e un disegno annessionistico slavo, che prevalse innanzitutto nel Trattato di pace del 1947, e che assunse i sinistri contorni di una "pulizia etnica". Quel che si può dire di certo è che si consumò - nel modo più evidente con la disumana ferocia delle foibe - una delle barbarie del secolo scorso. Perché nel Novecento - l'ho ricordato proprio qui in altra, storica e pesante ricorrenza (il "Giorno della Shoah") - si intrecciarono in Europa cultura e barbarie

2008
Rivendica il discorso dell'anno precedente  parlando di omaggio alle vittime di quegli anni.Una semplificazione generica, perchè, in tale omaggio, si presume, il pensiero non potrà che andare anche a chi carnefice fino a qualche giorno prima, ora passa dalla parte dell'essere vittima. Quando, per amore della verità e rispetto della verità, andava quantomeno fatta una separazione tra vittime innocenti, e vittime non innocenti dal punto di vista storico. Manca, ancora una volta la contestualizzazione, e quel prima che è determinante per capire perchè si è arrivati alle foibe, perchè vi è stato anche l'esodo.


L'omaggio alle vittime di quegli anni, insieme al doveroso riconoscimento delle ingiustizie subite, del dolore vissuto dai superstiti, dai loro discendenti e da chi fu costretto all'esodo, non possono non devono prescindere da una visione complessiva - come quella richiamata con tanta efficacia ed eloquenza dal senatore Toth - serena e non unilaterale di quel tormentato, tragico periodo storico, segnato dagli opposti totalitarismi.


2009 
Nel discorso del 2009 si protegge la legge ed il Giorno del Ricordo dalle accuse di revisionismo: 

Esso non ha nulla a che vedere col revisionismo storico, col revanscismo e col nazionalismo. La memoria che coltiviamo innanzitutto è quella della dura esperienza del fascismo e delle responsabilità storiche del regime fascista, delle sue avventure di aggressione e di guerra.

E per la prima volta si parla espressamente delle sofferenze cagionate agli sloveni: 
Non dimentichiamo e cancelliamo nulla: nemmeno le sofferenze inflitte alla minoranza slovena negli anni del fascismo e della guerra.  Solo due righe, rispetto al nulla del pregresso. Ma non durerà.

2010

E' l'anno dei professori. Del tentativo di accademizzare questo giorno.
Ho ricevuto nei giorni scorsi una lettera molto bella da Trieste, a firma di due docenti, il prof. Segatti e il prof. Spadaro, e vorrei che la stessa equanimità mostrassero tutti coloro che intervengono con loro scritti per ricostruire la storia di vicende così dolorose. La stessa equanimità e lo stesso rigore scientifico che hanno caratterizzato la straordinaria opera che ho ricevuto questa mattina dagli autori, professore De Vergottini e professore Lago che, con la decisiva collaborazione dell'Istituto geografico militare, hanno ricostruito la toponomastica nei secoli di Istria, Fiume e Dalmazia.
 
Un eminente scrittore italiano, Claudio Magris, ha anche dato di recente notizia del saggio di una studiosa austriaca dedicato all'apporto di grandi intellettuali giuliani all'irredentismo democratico che si espresse in una generosa partecipazione alla guerra del 1915-18, con il fine politico del pieno conseguimento del moto risorgimentale per l'Unità d'Italia e insieme con il fine ideale di una pacificazione dell'Europa nella libertà e nella fraternità tra i popoli.



2011
Si rivendica il discorso del 2007, si affronta la questione dal punto di vista politico, richiamando, come sempre la comunanza causa europea e si parla anche della NATO. Interessante la chiusura del discorso, con richiami nazionalpatriottici che confermano lo spirito  portante di questo giornata:
 
Ecco, ritroviamoci tutti in queste parole e progetti lungimiranti, e insieme richiamiamoci all'eredità del Risorgimento e del concorso di tanti patrioti delle terre adriatiche; facciamolo nello spirito di serene e riflessive celebrazioni del 150° dell'Unità d'Italia. Guardando avanti continueremo a condividere il dolore di famiglie colpite ed esuli come le vostre e ad onorare il sacrificio di quanti caddero senza colpe per l'altrui violenza.

2012 
Si riafferma lo spirito di "riconciliazione" istituzionale con Slovenia e Croazia:

Dopo l'evento di Trieste del luglio 2010 - il concerto della riconciliazione insieme ai Presidenti sloveno e croato - lo scorso anno ho incontrato a Zagabria e poi a Pola il Presidente croato. L'incontro si è concluso con una dichiarazione congiunta che, richiamando i valori comuni, afferma: "In ciascuno dei nostri Paesi coltiviamo come è giusto la memoria delle sofferenze vissute e delle vittime e siamo vicini al dolore dei sopravvissuti a quelle sanguinose vicende del passato. Nel perdonarci reciprocamente il male commesso, volgiamo il nostro sguardo all'avvenire che con il decisivo apporto delle generazioni più giovani vogliamo e possiamo edificare in un'Europa sempre più rappresentativa delle sue molteplici tradizioni e sempre più saldamente integrata dinanzi alle nuove sfide della globalizzazione".

E per la prima volta all'intero di questi discorsi si introduce Porzus:
In questa prospettiva e con questi sentimenti è mia intenzione, in una prossima già programmata visita in Friuli, rendere omaggio alle vittime dell'eccidio di Porzûs.

2013 
Si omaggia, Toth, che ha collaborato con Napolitano nel cammino per il Giorno del Ricordo. Si rimarca il carattere generalizzato degli italiani come innocenti, come vittime di una furia "barbarica, raccapricciante".

Debbo innanzitutto viva riconoscenza all'on. Lucio Toth, per aver ripercorso con assoluta puntualità e completezza il cammino che abbiamo insieme percorso in questi sette anni - celebrando "il Giorno del Ricordo" - per rendere giustizia agli italiani che furono vittime innocenti - in forme barbariche raccapriccianti, quelle che si riassumono nell'incancellabile parola "foibe" - di un moto di odio, di cieca vendetta, di violenza prevaricatrice, che segnò la conclusione sanguinosa della seconda guerra mondiale lungo il confine orientale della nostra patria. E a cui si congiunse la tragica odissea dell'esodo di centinaia di migliaia di istriani, fiumani e dalmati dalle terre loro e dei loro avi.

E si richiama lo spirito di riconciliazione:

Riconciliazione non significa rinuncia alla memoria e alla solidarietà. E ha senso perché quanto più i giovani, i ragazzi di oggi, si compenetrano con ogni passaggio importante, con ogni squarcio doloroso della nostra storia di italiani - e penso anche alle prossime celebrazioni della prima guerra mondiale - tanto più potrà rinsaldarsi la nostra coesione nazionale e insieme con essa rafforzarsi la nostra voce in Europa.

2014
E' l'anno della memoria condivisa. Si segnerà una svolta epocale nei discorsi istituzionali. Si introduce questo concetto a livello formale e sostanziale e sarà un pilastro fondamentale per il revisionismo di stato, per la retorica di Stato. A dieci anni dalla Legge sul Giorno del Ricordo. Il discorso verrà tenuto al Senato, dal Presidente del Senato, Grasso.

L'istituzione del "Giorno del Ricordo" vuole essere un modo per affrontare in maniera condivisa le cause e la responsabilità di quanto è accaduto e per superare tutte le barriere di odio, diversità e discriminazione.
All'interno del discorso si dedicano solo due righe alle responsabilità del fascismo, contrariamente, al resto.

L'occupazione Jugoslava, che a Trieste durò quarantacinque giorni, fu causa non solo del fenomeno delle foibe ma anche delle deportazioni nei campi di concentramento jugoslavi di popolazioni inermi. In Istria, a Fiume e in Dalmazia, la repressione Jugoslava costrinse molte persone ad abbandonare le loro case. La popolazione italiana che apparteneva a quella regione fu quasi cancellata e di quell'orrore, per troppo tempo, non si è mantenuto il doveroso ricordo. Non possiamo dimenticare e cancellare nulla; non le sofferenze inflitte alle minoranze negli anni del fascismo e della guerra, né quelle inflitte a migliaia e migliaia di italiani


2015
E' il primo discorso del Presidente Mattarella. O meglio di tratta di un comunicato, di poche righe.  Si parla genericamente di decisione condivisa, richiamandosi quello spirito di "memoria condivisa" dunque, introdotto nel 2014, e fugacemente fa riferimento al concetto di pulizia etnica e odio razziale:

Il Parlamento con decisione largamente condivisa  ha contribuito a sanare una ferita profonda nella memoria e nella coscienza nazionale.   Oggi la comune casa europea permette a popoli diversi di sentirsi parte di un unico destino di fratellanza e di pace. Un orizzonte di speranza nel quale non c'è posto per l'estremismo nazionalista, gli odi razziali e le pulizie etniche.


2016 
Si insiste sullo spirito di condivisione di questo giorno. 
La Giornata del Ricordo, nel rinnovare la memoria delle tragedie e delle sofferenze patite dagli italiani nella provincia di Trieste, in Istria, a Fiume e nelle coste dalmate, è occasione per dare vita a una storia condivisa, per rafforzare la coscienza del nostro popolo, per contribuire alla costruzione di una identità europea consapevole delle tragedie del passato.


2017
Richiama ancora una volta il concetto di memoria condivisa 

Reiterare la memoria di quei fatti, contribuire ad una lettura storica corretta e condivisa è il contributo prezioso di tante associazioni degli esuli e delle comunità giuliano-dalmate e istriane, base di una autentica riconciliazione che allontani per sempre la sofferenza delle spaventose violenze del passato, delle criminali pulizie etniche, dei lutti indelebilmente impressi

E parla di strage di italiani. Concetto che viene esplicato per la prima volta in questo modo:
Le cicatrici dei feroci crimini nella Seconda Guerra Mondiale - che nel dopoguerra si tradussero anche in una strage di italiani, e che si accompagnarono alle sofferenze di decine di migliaia di famiglie costrette ad abbandonare case e lavoro nella zona di Trieste, in Istria, a Fiume e nelle coste dalmate - costituiscono parte della nostra storia.

2018 
Si introduce una prima equiparazione tra violenze nazifasciste e quelle prodotte dal comunisti titino.  
Alla durissima occupazione nazi-fascista di queste terre, nelle quali un tempo convivevano popoli, culture, religioni diverse, seguì la violenza del comunismo titino, che scatenò su italiani inermi la rappresaglia, per un tempo molto lungo: dal 1943 al 1945.

2019
E' l'anno del discorso probabilmente più duro sul Giorno del Ricordo, con il quale si vuole chiudere un cerchio avviato con forza certamente con il discorso di Napolitano del 2007. Mattarella è il Presidente della memoria condivisa, concetto che sarà presente praticamente in tutti i suoi discorsi, ed è il Presidente che porrà sullo stesso piano, salvo la differenza dell'ideologia, nazisti e comunismo jugoslavo, Foibe e Risiera. Nessuno era mai arrivato a tanto con tanta fermezza, ma il terreno, come si può vedere negli elementi che connotano i discorsi di questi 15 anni praticamente, era stato ben seminato, ora gradualmente, ora con qualche accelerata. Si introdurrà il concetto di negazionismo e riduzionismo, ciò in sintonia con la legge in materia penale di negazionismo entrata da poco in vigore. Un discorso dove spiega anche perchè, cosa che non era mai accaduta in precedenza, ci furono secondo la sua visione rapporti buoni con Tito. Chissà cosa penserebbe Pertini di tutto ciò. Ricordiamo che a Belgrado ancora oggi è visibile un suo messaggio  di viva amicizia per Tito.

Celebrare il Giorno del Ricordo significa rivivere una grande tragedia italiana, vissuta allo snodo del passaggio tra la II guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda. Un capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente. Mentre, infatti, sul territorio italiano, in larga parte, la conclusione del conflitto contro i nazifascisti sanciva la fine dell’oppressione e il graduale ritorno alla libertà e alla democrazia, un destino di ulteriore sofferenza attendeva gli Italiani nelle zone occupate dalle truppe jugoslave. Un destino comune a molti popoli dell’Est Europeo: quello di passare, direttamente, dalla oppressione nazista a quella comunista. E di sperimentare, sulla propria vita, tutto il repertorio disumanizzante dei grandi totalitarismi del Novecento, diversi nell’ideologia, ma così simili nei metodi di persecuzione, controllo, repressione, eliminazione dei dissidenti. Un destino crudele per gli italiani dell’Istria, della Dalmazia, della Venezia Giulia, attestato dalla presenza, contemporanea, nello stesso territorio, di due simboli dell’orrore: la Risiera di San Sabba e le Foibe.

La zona al confine orientale dell’Italia, già martoriata dai durissimi combattimenti della Prima Guerra mondiale, assoggettata alla brutalità del fascismo contro le minoranze slave e alla feroce occupazione tedesca, divenne, su iniziativa dei comunisti jugoslavi, un nuovo teatro di violenze, uccisioni, rappresaglie, vendette contro gli italiani, lì da sempre residenti. Non si trattò – come qualche storico negazionista o riduzionista ha voluto insinuare – di una ritorsione contro i torti del fascismo. Perché tra le vittime italiane di un odio, comunque intollerabile, che era insieme ideologico, etnico e sociale, vi furono molte persone che nulla avevano a che fare con i fascisti e le loro persecuzioni. Tanti innocenti, colpevoli solo di essere italiani e di essere visti come un ostacolo al disegno di conquista territoriale e di egemonia rivoluzionaria del comunismo titoista. Impiegati, militari, sacerdoti, donne, insegnanti, partigiani, antifascisti, persino militanti comunisti conclusero tragicamente la loro esistenza nei durissimi campi di detenzione, uccisi in esecuzioni sommarie o addirittura gettati, vivi o morti, nelle profondità delle foibe. Il catalogo degli orrori del ‘900 si arricchiva così del termine, spaventoso, di “infoibato” La tragedia delle popolazioni italiane non si esaurì in quei barbari eccidi, concentratisi, con eccezionale virulenza, nell’autunno del 1943 e nella primavera del 1945. Alla fine del conflitto, l’Italia si presentava nella doppia veste di Paese sconfitto nella sciagurata guerra voluta dal fascismo e, insieme, di cobelligerante. Mentre il Nord Italia era governato dalla Repubblica di Salò, i territori a est di Trieste erano stati formalmente annessi al Reich tedesco e, successivamente, vennero direttamente occupati dai partigiani delle formazioni comuniste jugoslave.Ma le mire territoriali di queste si estendevano anche su Trieste e Gorizia. Un progetto di annessione rispetto al quale gli Alleati mostravano una certa condiscendenza e che, per fortuna, venne sventato dall’impegno dei governi italiano. Certo, non tutto andò secondo gli auspici e quanto richiesto e desiderato. Molti italiani rimasero oltre la cortina di ferro. L’aggressività del nuovo regime comunista li costrinse, con il terrore e la persecuzione, ad abbandonare le proprie case, le proprie aziende, le proprie terre. Chi resisteva, chi si opponeva, chi non si integrava nel nuovo ordine totalitario spariva, inghiottito nel nulla. Essere italiano, difendere le proprie tradizioni, la propria cultura, la propria religione, la propria lingua era motivo di sospetto e di persecuzione. Cominciò il drammatico esodo verso l’Italia: uno stillicidio, durato un decennio. Paesi e città si spopolavano dalla secolare presenza italiana, sparivano lingua, dialetti e cultura millenaria, venivano smantellate reti familiari, sociali ed economiche.  Il braccio violento del regime comunista si abbatteva furiosamente cancellando storia, diversità, pluralismo, convivenza, sotto una cupa cappa di omologazione e di terrore. Ma quei circa duecentocinquantamila italiani profughi, che tutto avevano perduto, e che guardavano alla madrepatria con speranza e fiducia non sempre trovarono in Italia la comprensione e il sostegno dovuti. Ci furono - è vero - grandi atti di solidarietà. Ma la macchina dell’accoglienza e dell’assistenza si mise in moto con lentezza, specialmente durante i primi anni, provocando agli esuli disagi e privazioni. Molti di loro presero la via dell’emigrazione, verso continenti lontani. E alle difficoltà materiali in Patria si univano, spesso, quelle morali: certa propaganda legata al comunismo internazionale dipingeva gli esuli come traditori, come nemici del popolo che rifiutavano l’avvento del regime comunista, come una massa indistinta di fascisti in fuga. Non era così, erano semplicemente italiani. La guerra fredda, con le sue durissime contrapposizioni ideologiche e militari, fece prevalere, in quegli anni, la real-politik. L’Occidente finì per guardare con un certo favore al regime del maresciallo Tito, considerato come un contenimento della aggressività della Russia sovietica. Per una serie di coincidenti circostanze, interne ed esterne, sugli orrori commessi contro gli italiani istriani, dalmati e fiumani, cadde una ingiustificabile cortina di silenzio, aumentando le sofferenze degli esuli, cui veniva così precluso perfino il conforto della memoria. Solo dopo la caduta del muro di Berlino – il più vistoso, ma purtroppo non l’unico simbolo della divisione europea - una paziente e coraggiosa opera di ricerca storiografica, non senza vani e inaccettabili tentativi di delegittimazione, ha fatto piena luce sulla tragedia delle foibe e sul successivo esodo, restituendo questa pagina strappata alla storia e all’identità della nazione.

mb

Commenti

Post popolari in questo blog

Una storia per bambini della scuola primaria nella giornata Mondiale della Gentilezza

Come calcolare capienza di una piazza durante manifestazione?

Bruxelles e le vetrine hot