Chiamare ancora oggi Ronchi "dei Legionari" sarebbe come chiamare Latina, Littoria

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Come è risaputo dal 1925, la città di Ronchi di Monfalcone, ha visto mutare il proprio nome in Ronchi dei Legionari, per la precisione il 2 novembre del 1925 con il Regio Decreto firmato da Rocco pubblicato nella G.U n° 283 del 5 dicembre 1925. Quest'anno pertanto ricorrono ben cent'anni da questa ricorrenza dovuta all'omaggio voluto dal fascismo per celebrare la presa di Fiume da parte di D'Annunzio che partì casualmente da Ronchi dopo aver dormito per qualche ora in una dimora nella vecchia via di Trieste. E come è ben risaputo nessun cittadino di Ronchi partecipò a quell’atto eversivo che ha subito la città di Fiume per 500 giorni con tutte le conseguenze che ne derivarono per i fiumani che nel 1924 scivolarono anche grazie a quel fatto storico e politico sotto il fascismo. Continuare a chiamare Ronchi "dei Legionari" come se appartenesse a chi mai ha appartenuto nel corso della sua storia, minandosi pertanto ogni identità storica del territorio, sarebbe co...

Scuola, tra dieci anni si perdono 55mila posti di lavoro?La soluzione è sempre la stessa ridurre rapporto studenti e docenti e tempo pieno

E' stato presentato uno studio della nota Fondazione Agnelli come richiamato sul Piccolo di Trieste, interessante. Fondazione che come è ben noto da tempo si interessa di questioni scolastiche e sostiene un modello di scuola che corre nella direzione del contestato e controverso sistema INVALSI, sostenuto oltre che dalla stessa anche dall'Associazione TreeLLLe e Compagnia San Paolo di Torino. Purtroppo la scuola nel corso dei decenni è stata attenzionata in cattivo modo, soggetta a riforme disastrose, l'ultima la "buona scuola" contro la quale si è registrata la più alta adesione ad uno sciopero degli ultimi decenni come minimo, la più importante di questo secolo. La scuola delle tre I di memoria berlusconiana è stata pienamente recepita dalla "buona scuola" che corre nella direzione della certificazione delle competenze, funzionali al mondo del lavoro, che su quella della effettiva conoscenza per essere cittadino consapevole. Si prospetta un quadro ben noto per i prossimi dieci anni. Ci sarà un calo di un milione di potenziali "studenti" praticamente che comporterà 55 mila posti di lavoro nella scuola a rischio senza dimenticare gli effetti dell'indotto oltre che gli ATA. Il FVG è tra le regioni a maggior rischio come è stato evidenziato, soggetta da tempo ad un calo demografico sistematico, una regione che ha un numero di abitanti di poco superiore alla sola provincia di Bologna.

In regione il calo è stato quantificato del 9% alla scuola dell'Infanzia ,17% primaria e 5% scuola secondaria di primo grado, 1% scuola secondaria secondo grado con la perdita complessiva di 681 classi/ sezioni di cui 355 solo alla scuola primaria. Un disastro enorme per una regione già in stato di difficoltà. Non fare nulla, come è stato evidenziato, comporterà un risparmio di 2 miliardi di euro annui. Tenendo conto che l'Italia nell'istruzione investe una miseria, non sarebbe una novità. La soluzione più ragionevole è quella che si propone da sempre e da sempre osteggiata per motivi incomprensibili. Ad esempio ridurre in modo sostanziale il rapporto tra docenti e studenti io proponevo un rapporto di un docente ogni 15 alunni, sarebbe l'ideale. Si propone l'aumento del numero dei docenti medio per classi. E soprattutto il tempo pieno, demolito da più parti, è l'altra soluzione efficace, diventata per torti di stato una bestemmia da esorcizzare. Cose richieste sempre da chi conosce la scuola ha a cuore le sorti della scuola pubblica e di qualità e non da chi si alza la mattina e si inventa riforme catastrofiche. Insomma, la scuola deve ritornare al centro dell'attenzione delle priorità nazionali, quanto prima.
Marco Barone 

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