Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Quel fazzoletto rosso per la resistenza



Sul fazzoletto rosso alcuni partigiani portavano la testa di Stalin incorniciata dalla falce e dal martello. Altri il proprio nome di battaglia, ornamento che a volte porta ricamate le cifre della sua autrice. Quanto sudore, quanta passione, quanto dolore ha conosciuto quel fazzoletto e rosso. Simbolo della resistenza. Ma il fazzoletto non l'avevano solo i partigiani comunisti. 
I badogliani, ad esempio, avevano quello azzurro, verde era quello delle formazioni osovane. Insomma il fazzoletto rosso è un simbolo fondamentale della resistenza, è elemento fondamentale della divisa del partigiano, è segno di fedeltà ai valori della Resistenza.
Marco Barone

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