La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Quella rivalità tra Friuli e Venezia Giulia, superata dalla storia, ma ancora esistente


Ogni volta che, vuoi per un saluto sbagliato, per una frase detta a metà, o chissà cosa, i fucili identitari e le mura che dividono Friuli e Venezia Giulia spuntano fuori dalle cantine assopite in un periodo storico dove il caos è la norma ed il senso di protezione da questo caos è dato dai confini del proprio piccolo e minimale ed insignificante orticello. Di rivalità in Italia ve ne sono state e con risvolti anche violentissimi. Penso a quella che ha caratterizzato la mia terra d'origine, la Calabria. I moti di Reggio Calabria, cavalcati da forze di estrema destra, neofasciste, nel mezzo vi passò anche il deragliamento del treno del sole, a causa di una bomba, con sei morti e cinquecento feriti. Dieci mesi di assedio della città di Reggio con tanto di carri armati. Il motivo? La rivalità con Catanzaro, poi strumentalizzata per fini più oscuri. Non si è arrivati ad avere i carri armati, ma son tanti a pensare che se potessero, friulani e triestini, perchè la definizione di giuliani non la sentirai mai, poichè alla fine dei conti la Venezia Giulia attuale altro non è che quasi solo il territorio di Trieste o ciò che è appartenuto al territorio di Trieste, con parte del mandamento monfalconese, fino al 1947, si sfiderebbero a colpi di duello, un duello rusticano, per difendere il proprio onore, la propria identità. Una rivalità la cui origine è misteriosa, sentimentale più che razionale. E' bastata, questa volta, una frase a metà, vuoi per semplicismo, vuoi perchè in Italia nessuno dirà mai Friuli Venezia Giulia, ma per comodità Friuli, che addirittura sul Piccolo e sul Messaggero Veneto, pur appartenendo allo stesso gruppo editoriale, si è registrato uno scontro tra opinionisti su tale vicenda, con divergenze profonde. Ma che senso ha, oggi, "guerreggiare" per queste situazioni a dir poco ridicole?  In FVG vi sono mille identità, meritano tutte rispetto, ma si ha la sensazione che non si aspetta altro che un pretesto per scazzarsi alla grande sul nulla. Ogni pretesto è buono per far saltare in aria l'unione. Basta vedere quello che accade in Europa. La questione migranti, e sicurezza è usata come scusante, ingigantita ad hoc, per il ritorno delle frontiere, poi dei confini, che nella sostanza significano morte dell'Europa unita. Dal ritorno di cadaverici nazionalismi, che non hanno mai prodotto niente di buono e mai fatto rima con democrazia, al ritorno di particolarismi che ledono gravemente quel piccolo ed immenso puzzle che è il FVG. E dunque non stupiamoci se presto ritornerà il trattino per dividere il Friuli dalla Venezia Giulia, e poi chissà cosa ancora. Ed il tutto in una terra piccola, che non raggiunge neanche i due milioni di abitanti in un mondo ove siamo più di 7 miliardi. Ma come siamo messi?
Marco Barone

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