Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Hanno modificato i principi fondamentali della Costituzione aggiungendo un non

Un non, e cambia tutto.  O meglio, un non, ed il tutto ritorna nella normalità. Cade l'apparenza, cade il mistero, cade il dubbio. Un non, per la certezza.
Nel vocabolario Treccani  si legge: Avverbio di negazione; parola frequentissima nel discorso, serve a negare o escludere il concetto espresso dal vocabolo cui si premette (essere - non essere; andare - non andare; piove - non piove; intelligente - non intelligente, ecc.) o a esprimere il concetto del diverso da quello implicito nel vocabolo stesso.
L'Italia non  è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità non  appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. La Repubblica non riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Non è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. La Repubblica non  riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. La Repubblica non  tutela con apposite norme le minoranze linguistiche. Lo Stato e la Chiesa cattolica non sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. La Repubblica non  promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Non tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, non ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge L'Italia non  ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni.  La bandiera della Repubblica non  è il tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni.

Ed il tutto è successo senza alcuna sollevazione popolare, ma giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, per arrivare alla negazione di ciò che la Repubblica avrebbe dovuto fare, ma non ha mai fatto. Non so, giusto per rimanere in tema, se la nostra è la Costituzione più bella del mondo, quello che so è che è la più violata nei suoi principi fondamentali, ma ora, con questi aggiustamenti, tutto è ritornato anche formalmente nella norma, e forma e sostanza coincidono. E questa non è una banale e populista opinione uscita da qualche mondo dei fumetti.

Marco Barone 


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