La Croazia e quei capricci nazionalistici fuori da ogni tempo sul bilinguismo

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  La Croazia è una nazione splendida, ricca di contraddizioni, fortemente cattolica, orgogliosa dei propri colori, della propria bandiera, che primeggia dal turismo, allo sport, pur essendo un Paese grande quanto una regione italiana, eppure, ci sono delle cose che continuano a far storcere il naso. Come il bilinguismo. Se in città come Fiume, Rijeka, che è impossibile veder chiamate Fiume con un cartello bilingue, come accade d'altronde similmente a Trieste, dove Trst, lo si può leggere solo fuori dalla città, dei tentativi azzardati  vi sono, come alcune targhe poste per ricordare i nomi storici delle vie, bisogna constatare però che è molto complicato riuscire a trovare dei cartelli, delle indicazioni, in italiano. Eppure la minoranza italiana esiste, ha delle proprie comunità, che faticano ad ottenere delle concessioni, dei diritti. Balza all'occhio ad esempio una segnalazione che giunge dalla splendida Lussino. E non è l'unico caso che accade in Croazia. Dove un cartel...

Ma a Gorizia, per il referendum, vi è stata o non vi è stata la violazione della Par condicio?

A Gorizia ha fatto discutere, il fatto che nella sala del Consiglio provinciale, si sia svolta una iniziativa a sostegno del sì alla riforma costituzionale, perchè, come denunciato dal Comitato del No, " la par condicio nei confronti dell’elettorato è nuovamente violata, relativamente al divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l’efficace assolvimento delle proprie funzioni". Producendo anche apposito esposto. Mi è stato segnalato che qualcuno ha spostato la questione sulla opportunità, parlando di presunta violazione, visto che la sala è stata richiesta da un consigliere provinciale per fare propaganda ed è stato riconosciuto il tutto come legittimo anche se non opportuno. O non si è realizzata nessuna violazione della par condicio, cosa su cui manifesto alcuni dubbi in linea con quelli manifestati dal comitato del no, oppure è stata una sola questione di opportunità. Ma se si è trattata solo di questione di opportunità, di che cosa stiamo parlando? Visto che tra violazione della par condicio ed opportunità politica ci passa nel mezzo un bel mare di diversità contrastanti ed opposte? Si tratta di valutazioni diverse, legittime, e ci mancherebbe, ma non conciliabili con la posizione chiara e netta, assunta in modo inequivocabile, dal comitato del no.  A proposito di democrazia voglio ricordare che come è noto per il convegno sul 10 febbraio sulle vicende del confine orientale (reputata come iniziativa provocatoria e similare a quelle che nel giorno dell'Olocausto negano ciò, roba da non credere, eppure è accaduto in quella Provincia che ora chiuderà i battenti, e certamente non verrà rimpianta da molti) la sala non è stata mai concessa. Eppure quel giorno, che ha segnato una pagina nera "made pseudosinistra" nella storia di Gorizia che non verrà mai dimenticata, la violazione della democrazia si è realizzata pienamente, negando il diritto di esprimere la propria opinione, con cognizione di causa, conformemente alla legge anche sul giorno del ricordo, in un luogo pubblico. In quel caso l'articolo 21 della Costituzione è stato chiuso in un bel cassetto dai grandi tutori democratici di sinistra. Ed allora se tale violazione vi è stata e se ne era a conoscenza la Provincia, viste le segnalazioni come effettuate, perchè non ha preso posizione? O forse il non prendere posizione, è da intendersi come una presa di posizione?

Marco Barone

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