In questo momento storico, dove tutti i Paesi hanno "usato" la questione dei profughi semplicemente per barricarsi, con recinti, reticolati, muri, in un contesto dove tutti a parole vogliono essere in Europa, ma dove nessuno si sente europeo e dove la maggior parte dei Paesi tradiscono lo spirito con cui è nata l'Europa, a Gorizia si è svolta una importante iniziativa. Città di confine, dove ancora si può trovare qualche vecchio cartello con scritto "confine di stato.
Città che si è allineata perfettamente con il resto dell'Europa che ha tradito lo spirito dell'accoglienza. Non voler vedere. Quando il problema era la presunta ospitalità di Gorizia, ecco che si annientano esperimenti provvisori di accoglienza. Quando il problema è il presunto buonismo della Commissione territoriale in materia di richieste d'asilo, ecco che questa viene depotenziata. Questo modo di fare o non fare, questioni di punti di vista, corre nella direzione dei reticolati, simbolici o non simbolici che siano, che proteggono i Paesi europei, il loro razzismo, con la protezione del nazionalismo, cancro di ogni epoca.
La mostra è stata realizzata con
il contributo di RTV SLO e UNHCR. Una mostra che sarà visitabile fino al 27 settembre. Stefano Lusa, ha effettuato un lavoro importante, ogni fotografia è una emozione, uno schiaffo, e non puoi non vedere, almeno questa volta. Forse quella esperienza della "rotta balcanica" è, per ora, irripetibile, per l'effetto domino che si è creato con i muri e perchè paghiamo la Turchia per non vedere, come ha evidenziato Lusa. Oppure, chi buon dirlo.
Quello che ben si può dire è che quelle foto, accompagnate dalla spiegazione dell'autore, hanno impressionato, emozionato e colpito profondamente le coscienze anche in una Gorizia che è stata per lungo tempo un pessimo esempio "istituzionale" in materia di non accoglienza nei confronti dei fuori convenzione. Dove volontariato e MSF hanno letteralmente tolto le castagne dal fuoco ad un sistema disastroso. Viviamo in un sistema dove la mattina, quando ci si alza, si decidono che devono essere rispettati determinati parametri numerici. Così è stato per il fuorviante "patto di stabilità" così per la questione accoglienza in materia di migranti. Ma se si esce da questo parametro, cosa accadrà al migrante presente in loco? Si ripeterà quanto accaduto a Gorizia? Ora pare che i Comuni verranno divisi in tre categorie:
quelli fino a 2mila abitanti che ospiteranno fino a un massimo di cinque
migranti, quelli con più di 2mila abitanti 2,5 migranti ogni mille
residenti, mentre per le città metropolitane la quota sarà di 1,5
migranti ogni mille abitanti. Ma noi ci troviamo in una provincia, o meglio ex provincia, dove sono diversi i Comuni che non hanno accolto neanche un solo migrante. Magari usando come scusante la questione della burocrazia. E' arrivato il momento di finirla con questi discorsi, è solo una questione di volontà e rispetto dei diritti umani, è arrivato il momento che anche Comuni come Ronchi, gemellato con Wagna, rispettino la storia di "profuganza" che li hanno caratterizzati, altrimenti a cosa servono i gemellaggi come quello con Wagna? A perdersi nei soliti bla bla bla?
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