Via Sant'Ambrogio una via alla ricerca della sua identità

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Un tempo via del Duomo, o del Teatro, oggi via Sant'Ambrogio che porta lo stesso nome del duomo consacrato dopo i disastri della prima guerra mondiale nell'ottobre del 1929, pur senza il campanile che dovette attendere la fine degli anni '50 per essere battezzato. Una via che nel corso della sua storia è sempre stata da transito di merce e persone e che è diventata negli ultimi tempi il teatro dello scontro identitario di una Monfalcone alla ricerca del proprio equilibrio sociale. Perchè è evidente che a Monfalcone, terra di passaggio, da quando è diventata grazie ai Cosulich città dei cantieri, per questo contesa dal regno d'Italia all'Austria, per privarla dei suoi cantieri insieme al porto triestino, ha conosciuto quelle dinamiche proprie delle città portuali. Gente che viene, gente che va. Approdo e partenza di nuove identità. Dal Sud Italia, all'Asia, passando da quel centinaio di nazionalità che a Monfalcone stanno cercando il proprio equilibrio, ognuna ne

Se il nuovo ordine mondiale passa dall'economia.Un'analisi pubblicata sul sito dell'intelligence italiana




Sul sito del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica è stata pubblicata una ricerca molto interessante, pubblicata da Laris Gaiser membro dell’ITSTIME (Italian Team for Security, Terroristic Issues & Managing Emergencies) presso l’Università Cattolica di Milano in qualità di esperto d’intelligence economica. Si riportano vari concetti, analisi, riflessioni, che ben evidenziano come il mondo sia cambiato e come, seguendo il ragionamento del controverso Edward Luttwak 
nella nascita di un nuovo ordine mondiale sarà l'economia a prendere il posto degli eserciti. Erano gli anni '90 quando ciò veniva annunciato. In parte Luttwak avrà certamente ragione, lo abbiamo visto tra il 2007 e 2008 cosa è accaduto in Occidente con la famigerata "crisi" che crisi in realtà non è stata, salvo per buona parte della popolazione che ha pagato gli effetti diretti di uno scontro durissimo all'interno del capitalismo, appunto guerra economica mondiale. Anzi, a dirla tutta si potrebbe anche sostenere che è in quell'arco temporale che va individuata l'inizio della terza guerra mondiale. Una guerra che durerà decenni, e la cosa peggiore è che non si avrà la consapevolezza di essere all'interno di una guerra, pur essendo in guerra, e vivendo alcuni effetti tipici della guerra, salvo quando questa si mostra con il suo volto tradizionale, con stati di polizia, con gli eserciti per le strade, con i morti e la distruzione, come ora accade in un certo senso in Francia o Belgio, per quanto concerne l'Europa, ad esempio.
Anche perchè gli eserciti devono pur avere una ragione di esistere, e qualche campo di azione a questi verrà pur riservato, ma nel tempo in cui nel mondo ovunque vi sono armi nucleari, una terza guerra mondiale sullo stile delle vecchie guerre sarebbe la fine dell'umanità. E nessuno se lo può permettere. Dunque è l'economia, con il capitalismo, ancora una volta a segnare la differenza. Gaiser rileva che "l’economia è diventata per tutti i Paesi il mezzo principale con cui aumentare il proprio potere e con cui influenzare gli equilibri internazionali all’interno dei quali le vecchie alleanze militari unitamente alle guerra militari hanno perso parte della loro importanza." In una situazione globale, dove, per alcuni aspetti, la Jugoslavia di Tito è stata anche un modello, un modello a cui oggi molti dicono che si dovrebbe ispirare l'Unione Europea, che ne ha determinato nella sua versione grezza proprio la morte. Certamente la questione del modello non era tanto la ratio socialista che ne governava l'indirizzo economico, ma quello politico internazionale nel rapporto tra le varie potenze. Gaiser afferma che " la Jugoslavia di Tito, al confine tra due mondi lo ha saputo fare in maniera egregia durante la Guerra Fredda traendone grandi vantaggi. La Jugoslavia, coma in parte anche il Kazakistan di oggi capace di gestire la sua posizione a cavallo tra Russia e Cina, non si è mai proposta come il confine di un mondo subendone le invitabili frizioni ma ha saputo estorcere, quasi sempre, il meglio dalle due sfere d’influenza che se la contendevano. L'autore conclude il suo studio scrivendo che "il mondo del dopo Guerra Fredda, dopo essere passato attraverso la fase unipolare rappresentata degli Stati Uniti d’America, è oggi alla ricerca di nuovi equilibri che sembrano essere destinati a generarsi dalla competizione degli Stati sul mercato mondiale. Il sistema di Bretton Woods, creato dalle ceneri della Seconda Guerra mondiale, non è più in grado di gestire le trasformazioni economiche in corso. L’intelligence economica è l’approccio complesso che si basa sulla geopolitica, la strategia, la finanza, la guerra informativa, la guerra psicologica, la produzione ed il commercio, il mercato ed il controllo del mondo cyber: un concetto di sicurezza partecipata a sostegno del benessere collettivo. All’interno di uno scenario caratterizzato dalla multipolarità differenziata l’intelligence economica potrebbe divenire il cardine del nuovo ordine mondiale ovvero di una governance generalmente accettata e condivisa." 
Penso che tutto ciò debba servire da riflessione, per capire come i vecchi schemi, le vecchie regole di concepire una guerra, possono certamente essere ancora validi in alcune parti del mondo, ma non sono più valide in via globale, e ciò lascia intendere anche come sia in corso un ripensamento dell'intelligence in materia dove l'economia ed il capitalismo continueranno a farla da padrone in tutti i sensi e le guerre che ci sono e ci saranno riguarderanno contrasti all'interno del capitalismo, quel capitalismo che ha saputo, ahimè, sempre rigenerarsi ed adattarsi ad ogni situazione ed epoca condizionando la vita di miliardi di persone. 

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