C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Quella lapide al cimitero di Lussino





Si dice che nei cimiteri si racconta la storia del luogo. Al cimitero di Lussino, in Croazia, in una via laterale, vi è una lapide che balza agli occhi ove si legge: " qui riposano Mario Filinich, Giovanni Zorovich,Giovanni Carcich , e Giovanni Knesich nato alla fine del 1800, uccisi il 10 maggio del 1956. Ai tre giovani barbaramente uccisi e fatti sparire nelle acque di Lischi assieme ad un povero vecchio che diede loro una piccola barca per fuggire verso la patria italiana. I parenti e tutti i Lussignani non più residenti a Lussino. Lussinpiccolo 2001".
Poi, in basso, aggiunto in un secondo momento, un pezzo di marmo, ove si legge: "si uniscono al dolore i Lussignani rimasti". 

In rete si leggono diverse testimonianze ricche anche di particolari. Tre amici, con l'aiuto di un proprietario di una barca del posto, cercarono di fuggire verso l'Italia a remi. Erano attesi in Italia. Ma non si seppe nulla di loro. Si erano rassegnati su quello che sembrava essere l'evento più probabile, un naufragio.
A metà anni '90 gli scheletri vennero ritrovati, ripescati. Venne identificato solo il corpo di uno dei Giovanni, il Zorovich, grazie alle radiografie dei denti conservate dalla madre. I teschi, in base a quello che raccontano le testimonianze, avevano un foro di proiettile. E da qui è maturata una ricostruzione macabra. Vi è chi dice che furono prima barbaramente uccisi e poi legati saldamente alla loro stessa barca ed affondati a 100 metri dalla costa, chi furono prima massacrati di botte, denudati, legati in posizione fetale, ed affondati con la barca, dopo aver ricevuto un colpo di pistola a testa sparato da sotto il mento verso la sommità del cranio.
E gli artefici di questa morte e di tutto ciò sarebbero state le "milizie di Tito". E' inevitabile che sorgono alcuni interrogativi su questa vicenda, e quello che ci si domanda è sulla base di quali prove è stato possibile ricostruire tutto quello che si racconta sulla fine di queste quattro persone? E dramma nel dramma pare che addirittura il fratello di una delle persone scomparse dopo il riconoscimento autoptico avvenuto a Fiume di ciò che rimaneva dei 4 scheletri, nascose nella sua soffitta le ossa per sottrarle alla ricerca della polizia locale per evitare che venissero gettate in una fossa comune.  

Certo è che la lapide collocata nel cimitero di Lussino dice, genericamente, "barbaramente uccisi" e "fatti sparire nelle acque di Lischi assieme ad un povero vecchio che diede loro una piccola barca per fuggire verso la patria italiana". E che dunque non si scrive espressamente in quel luogo sacro da chi sarebbero stati uccisi, ed il perché, ed il come, anche se lo si lascia in un certo senso intendere.



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