Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Il caso dell'aeroporto di Ronchi. Valore zero per ripartire da zero


Nel giorno in cui il Piccolo, a grandi titoloni, ha evidenziato il valore del nostro scalo, pari a zero, ogni dieci minuti decollava un aereo. Alcuni si chiedevano ma non valeva zero il nostro scalo? Ed oggi tutti questi voli? Da un certo punto di vista era anche interessante vedere decollare l'aereo ogni dieci minuti, per no so quanti voli, però dopo qualche ora, vista anche la vicinanza con il centro abitato di Ronchi, quei rumori iniziavano ad essere un grande fastidio. Ma nessun problema. Solo una coincidenza. Si trattava di esercitazioni di volo. Lo stesso aereo che in uno scalo con voli ridotti ai minimi termini è decollato ed atterrato non so quante volte. Scherzo del destino verrebbe da dire. A Ronchi il problema di avere voli ogni dieci minuti non si pone, è più facile che l'Udinese vinca lo scudetto piuttosto.  Valore zero, fatturati a picco ma sono previsti investimenti milionari. Il Piccolo riportava che "gli investimenti, per il terminal passeggeri sono previsti per un totale di oltre 10 milioni nel periodo 2016-2019; alle infrastrutture di volo andranno 2,22 milioni nel 2016 e 5,1 nel 2017, per un investimento complessivo di 12 milioni al 2019. Per lo sviluppo dell'intermodalità si spenderanno 2,5 milioni nel 2016 e 7,4 nel 2017, per totali 16,8 milioni a fine quadriennio". Domanda ma chi investirebbe mai in una azienda dal valore pari a zero? Nessuno, salvo qualche considerazione. Come è noto dal luglio 1997, titolare della gestione dello scalo di Ronchi è la Aeroporto Friuli Venezia Giulia S.p.A., società per azioni a socio unico – la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia – dal luglio 2010. Quello che ci si augura è che tutti questi investimenti saranno accompagnati da un protocollo di legalità antimafia, perché possano affermarsi i giusti e dovuti controlli in una zona dove le mafie ci sono da lungo tempo. Sorge il sospetto che il tutto serva per preparare un prodotto, oggi dai valori di mercato ai minimi termini, da collocare in vendita se non in svendita. Ergo, privatizzazione piena. Ora Ronchi così come il porto di Trieste ha sofferto una concorrenza inaffrontabile con il sistema di Venezia. Non si può concorrere con Venezia, si può fare solo sistema. Altrimenti Ronchi e Trieste continueranno a prendersi solo gli scarti di Venezia, quando va bene, come accaduto sino ad oggi. Ma spendere soldi pubblici per il giusto investimento dello scalo di Ronchi, la cui intitolazione anacronistica di Brazzà, colonialista e nobile romano, naturalizzato francese, andrà certamente rivista, per poi collocare eventualmente la struttura nel mercato, è giusto? E' giusto investire milioni di milioni di euro pubblici in una struttura dal valore zero e con fatturato a picco? Quando il suo futuro pare essere già ben tracciato? L'unica cosa certa è che oggi si deve ripartire certamente da zero.

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