Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

Immagine
Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Questione richiedenti asilo di Gorizia la Prefettura può bypassare il Comune

La Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, meglio nota come Convenzione Europea dei Diritti Umani, è stata firmata a Roma il 4 novembre 1950, ed è entrata in vigore il 3 settembre 1953. L'Italia ha provveduto a ratificarla con l. n. 848 del 4 agosto 1955, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 221 del 24 settembre 1955. Una convenzione che prevede espressamente misure di tutela nei confronti di chi vive situazioni, ad esempio, degradanti. E degradanti sono le situazioni che da mesi vedono i richiedenti asilo di Gorizia. Fatto oramai tristemente notorio ma giunto al limite.  Si è detto che uno dei motivi del “concentramento” che è avvenuto a Gorizia era dovuto al fatto che la locale Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale tendeva ad accogliere una gran mole di domande. Difficile dire dove i richiedenti asilo possano aver preso queste informazioni, rilevato che l'unica fonte sussistente su internet risale al 2008 ed ha visto a Gorizia un rigetto di 1.576 domande su un totale di 2162. Alla faccia della grande numero di domande accolte. Ma in Italia le cose non è che vanno meglio, guardando la media nazionale, nel 2014, su un totale di 64.886 domande, ne sono state esaminate 36.330, e ben 13.327 sono quelle rifiutate
Il fenomeno  è certamente più esteso a livello europeo che italiano. Oltre 522mila rifugiati e migranti sono giunti in Europa via mare dall'inizio del 2015 stando all'ultimo aggiornamento reso noto da pochi giorni a  Ginevra dall'Oim (Organizzazione internazionale delle migrazioni). Nello stesso periodo, il numero di morti o dispersi è stimato a 2.892. Del totale di 522.134 migranti e rifugiati giunti via mare, 388.324 sono sbarcati in Grecia, 130.891 Italia e 2.819 in Spagna. 


Una volta prodotta la domanda di asilo, quali sono le informazioni che i richiedenti asilo potranno ottenere in rete, ad esempio sul sito del Ministero dell'Interno? Che “se non hai un posto dove vivere, comunicalo alla Polizia, che invierà la tua richiesta alla Prefettura. Qualora non ci siano posti disponibili nel sistema di accoglienza dello SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) sarai inviato temporaneamente in un CARA o in un centro di prima accoglienza (centri in cui si può essere ospitati solo per un periodo limitato di tempo). La durata dell’accoglienza, sia nel CARA che nello SPRAR, è normalmente prevista per sei mesi. Nella pratica questa si può estendere fino al termine della procedura di asilo. La legge italiana prevede il diritto all'accoglienza per tutti i richiedenti asilo. Un aiuto è fornito anche da alcune associazioni di carattere privato che mettono a disposizione delle strutture. Nonostante ciò, a causa dello scarso numero dei posti disponibili, in alcuni casi la possibilità di trovare un posto in un centro di accoglienza non è immediata ed è possibile che tu debba attendere a lungo o che per avere un posto in un centro di accoglienza tu possa essere trasferito in un luogo diverso da quello in cui hai presentato la domanda d’asilo. La legge prevede che se non ci sono posti disponibili nei centri di accoglienza, il richiedente asilo che non ha mezzi economici ha diritto a un sussidio in denaro. Qualora ti trovi in questa situazione devi richiedere tale sussidio alla Questura dove presenti domanda d’asilo”.
Da segnalare una importante sentenza della Corte Europea in materia, del 27 febbraio 2014. Sentenza che in Italia sembra essere poco conosciuta. La Corte afferma che "Per quanto riguarda, in primo luogo, il momento dal quale gli Stati membri sono tenuti a fornire le condizioni materiali di accoglienza, va rilevato che la Corte ha già precisato che, per quanto concerne il periodo durante il quale le condizioni materiali di accoglienza devono essere riconosciute ai richiedenti asilo, tale periodo comincia nel momento in cui questi richiedenti presentano la loro domanda di asilo (v., in tal senso, sentenza del 27 settembre 2012, Cimade e GISTI, C‑179/11, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 39). Infatti, dallo stesso dettato dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2003/9 emerge che i richiedenti asilo devono aver accesso alle condizioni materiali d’accoglienza – che esse siano fornite in natura o in forma di sussidi economici – nel momento in cui presentano la domanda di asilo. D’altro canto, l’economia generale e la finalità della direttiva 2003/9 nonché il rispetto dei diritti fondamentali – e segnatamente delle prescrizioni dell’articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, a norma del quale la dignità umana deve essere rispettata e tutelata – ostano a che un richiedente asilo venga privato – anche solo per un periodo temporaneo dopo la presentazione di una domanda di asilo, della protezione conferita dalle norme minime dettate dalla citata direttiva (v. sentenza Cimade e GISTI, cit., punto 56). Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’importo dei sussidi economici concessi, dall’articolo 13, paragrafo 5, secondo comma, della direttiva 2003/9 risulta che, qualora gli Stati membri forniscano le condizioni materiali di accoglienza in forma di sussidi economici o buoni, l’importo dei medesimi è fissato in conformità dei principi stabiliti dall’articolo stesso. In proposito, dall’articolo 13, paragrafo 2, della stessa direttiva emerge che l’importo dell’aiuto finanziario concesso deve essere sufficiente per garantire una qualità di vita adeguata per la salute ed il sostentamento dei richiedenti asilo.Occorre inoltre constatare che, ai sensi dell’articolo 2, lettera j), della direttiva 2003/9, si deve intendere per «condizioni materiali di accoglienza» le condizioni di accoglienza che includono alloggio, vitto e vestiario, forniti in natura o in forma di sussidi economici o buoni, nonché un sussidio per le spese giornaliere. Risulta peraltro dal considerando 7 della medesima direttiva che essa è intesa a stabilire norme minime in materia di accoglienza dei richiedenti asilo che siano normalmente sufficienti a garantire loro un livello di vita dignitoso e condizioni di vita analoghe in tutti gli Stati membri. Ne discende che, sebbene l’importo dell’aiuto finanziario concesso sia determinato da ciascun Stato membro, esso deve essere sufficiente a garantire un livello di vita dignitoso e adeguato per la salute nonché il sostentamento dei richiedenti asilo.Di conseguenza, qualora uno Stato membro abbia scelto di fornire le condizioni materiali di accoglienza in forma di sussidi economici, tali sussidi devono essere sufficienti a garantire un livello di vita dignitoso e adeguato per la salute nonché il sostentamento dei richiedenti asilo, consentendo loro, in particolare, di disporre di un alloggio, se del caso, nell’ambito del mercato privato della locazione. Tuttavia, le disposizioni della direttiva 2003/9 non possono essere interpretate nel senso che occorre lasciare ai richiedenti asilo la scelta di un alloggio secondo la loro convenienza personale".


A Gorizia vi è una totale assenza di posti disponibili, stante la mancata volontà politica di individuare spazi idonei all'accoglienza, che pure esistono, nonostante la presenza della locale Commissione territoriale che ha lo scopo di riconoscere lo status di rifugiato, nei casi previsti dall’art. 1, lett. A, punto 2, della Convenzione di Ginevra 28/07/1951, di riconoscere lo status di protezione sussidiaria, che compete alle persone che non possiedono i requisiti per essere riconosciute come rifugiati, ma che se ritornassero nel Paese di origine correrebbero un rischio effettivo di danno grave nel senso di cui all’art. 14 del decreto legislativo 251/2007, di rigettare la richiesta di protezione internazionale, ma ritenere che possano sussistere gravi motivi di carattere umanitario e quindi trasmettere gli atti al Questore per il rilascio del permesso di soggiorno ai sensi dell’ art. 5, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, di rigettare la richiesta di protezione internazionale, senza riconoscere alcuna forma di protezione. La decisione della Commissione potrà comunque essere impugnata presso il Tribunale di Trieste.

Ora, il recentissimo Decreto legislativo 18 agosto 2015, n.142 attuativo della direttiva comunitaria 2013/33/UE e 2013/32/UE, entrato in vigore dal 30 settembre 2015, prevede che nel caso in cui è temporaneamente esaurita la disponibilità di posti all'interno delle strutture di prima accoglienza a causa di arrivi consistenti e ravvicinati di richiedenti, l’accoglienza può essere disposta dal prefetto, sentito il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno, in strutture temporanee, appositamente allestite, previa valutazione delle condizioni di salute del richiedente, anche al fine di accertare la sussistenza di esigenze particolari di accoglienza. Questo è il caso di Gorizia. E tali strutture provvisorie dovranno soddisfare le esigenze essenziali di accoglienza nel rispetto dei principi di cui all’articolo 10, comma 1, del citato provvedimento legislativo, e sono individuate dalle prefetture-uffici territoriali del Governo, sentito l’ente locale nel cui territorio è situata la struttura, secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici. E’ consentito, nei casi di estrema urgenza, il ricorso alle procedure di affidamento diretto ai sensi del decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 1995, n. 563, e delle relative norme di attuazione. E tale accoglienza dovrà essere limitata al tempo strettamente necessario al trasferimento del richiedente nelle strutture di cui all’articolo 9 ovvero nelle strutture di cui all’articolo 14. Ovvero i centri governativi di prima accoglienza. Insomma la Prefettura, in questa situazione di "emergenza" ben può bypassare il Comune di Gorizia. 
E' il caso anche di segnalare che con il decreto del ministro dell'Interno del 7 agosto 2015 è stato adottato un avviso pubblico sulle modalità di presentazione delle domande di contributo da parte degli enti locali che prestano o intendono prestare, nel biennio 2016-2017, servizi di accoglienza in favore di richiedenti e titolari di protezione internazionale e umanitaria.
Al fondo possono accedere i comuni, anche in forma associata, le unioni di comuni, le province in partenariato con le realtà del privato sociale.

Gli enti locali che fanno parte del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) sono distribuiti su tutto il territorio nazionale e garantiscono interventi di "accoglienza integrata" ai richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale.

Commenti

Post popolari in questo blog

Una storia per bambini della scuola primaria nella giornata Mondiale della Gentilezza

Come calcolare capienza di una piazza durante manifestazione?

Bruxelles e le vetrine hot