A Lussino, salvate diverse tombe di cittadini italiani dall'oblio, ma c'è ancora molto da fare per il riconoscimento dei diritti della minoranza italiana

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Viene reso noto che a Lussino, grazie all'operato di alcuni cittadini sensibili alla salvaguardia della memoria storica ed identità dei luoghi, sono state salvate una trentina di tombe, esattamente ben 37, nel cimitero di San Martino, dall'oblio e dal degrado a cui erano destinate. I cittadini in questione, tramite la nota pagina facebook dedicata a Lussino hanno reso noto che grazie al finanziamento promosso dall'Università Popolare di Trieste, attraverso i fondi del MAECI Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale,hanno potuto  attivarsi per salvarle. Iniziativa di gran pregio che merita il giusto riconoscimento e gratitudine in un contesto dove la comunità degli italiani,con difficoltà , essendo anche gli italiani autoctoni  ridotti al minimo storico, cerca di attivarsi per quanto possibile anche tramite l'operato di singole individualità per la difesa della memoria storica. Una delle battaglie che stanno conducendo da anni ad esempio è il  r...

L'incendio del Narodni Dom di Trieste definito nel 1920 come semplice atto di nazionalisti teppisti



Come è noto, certamente a Trieste, meno, probabilmente, nel resto d'Italia, il 13 luglio 1920 si è consumata in città una violenza reputata il simbolo delle barbarie  compiute dal nazionalismo italiano e dal fascismo nei confronti degli sloveni, quale l'incendio del Narodni Dom, al quale poi seguirà quello di Pola e sei anni dopo quello di Gorizia. Chiaramente non è stato l'incendio del Narodni Dom l'inizio delle violenze contro gli sloveni, queste ebbero inizio ben prima, ma quell'incendio certamente, ha ben evidenziato, attraverso il fuoco, le fiamme, la distruzione materiale, teatrale e tremendamente violenta, la drammaticità della situazione in essere a Trieste, che da quel momento in poi peggiorerà. Ma alla Camera del Regno d'Italia l'unico intervento che si potrà ricondurre nell'immediatezza a quel fatto è solo del 21 luglio del 1920 di un certo Barberis il quale dichiarerà che “ (...) Pochi giorni fa mi trovavo a Trieste, che è una città tranquillissima. Parto di notte e apprendo poi che sono successi i fatti che tutti abbiamo letto sui giornali : la distruzione di parecchi edifìci bancari, l'assalto alla tipografìa del giornale socialista locale e il tentativo di invasione di parecchi alberghi. Queste sono le gesta dei nazionalisti teppisti. E questi fatti di Trieste si ripetono ora a Roma per opera dei nazionalisti della marcia del 1915, che volevano attentare anche alla vita di colui, che oggi hanno richiamato al Governo; essi che lo avevano condannato a morte e lo avevano minacciato. Noi vediamo in tutto questo una preparazione. E voi, o signori del centro che approvate continuamente il Governo in tutte le sue manifestazioni, vi assumete la responsabilità di quel brigantaggio che ha creato la guerra, che ha creato i pescicani e che i pescicani in questo momento vanno incoraggiando". Insomma, essendo pur un chiaro intervento critico e per nulla scontato in quel periodo, da un lato il tutto viene ridimensionato a semplice opera di nazionalisti teppisti, o ricondotto a questioni di scontro di classe, non si comprende bene, rilevato che le politiche del Regno d'Italia nel confine orientale sono state scellerate ed indegne nei confronti degli sloveni in primo luogo e non solo, in chiave di nazionalizzazione forzata, che non si è trattato di un semplice teppismo nazionalistico, o tipico scontro di classe, ma di un chiaro atto squadristico finalizzato a determinare la distruzione etnica nei confronti di una comunità da sempre presente in questo territorio, ed odiata e discriminata. Atto squadristico che non può essere ricondotto nel tipico scontro di classe, che certamente vi è stato, ma non è questo il caso della questione slovena a Trieste nel suo complesso.

note:fonte foto Narodni dom

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