La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Le superstizioni e le credenze nella Calabria di Corrado Alvaro

Firmatario dell'anti-manifesto, che si opponeva al manifesto degli intellettuali fascisti che aveva tra i primi firmatari anche D'Annunzio, Corrado Alvaro, nel suo saggio la Calabria, realizzato per le scuole, nel testo di Calabria, presentato durante la conferenza tenuta al 'Lyceum' di Firenze nel 1931 e pubblicato nello stesso anno, descrive in maniera minuziosa e dettagliata anche le tradizioni, le credenze, le superstizioni, che hanno reso unica la terra di Calabria invasa da Bizantini,Normanni, Svevi, Arabi, Angioini, Spagnuoli, Francesi, terra di greci e latini, terra ove la tradizione è sopravvissuta nel tempo. Ricorderà il rituale per invocare la vendetta sull'offensore: “l'offeso andava in chiesa, s'inginocchiava ai piedi delle campane, ne tirava la fune con i denti, e scoprendosi il petto batteva il pugno in terra”. Descrizione tanto fisica quanto violenta. Ma ancor più drammatica era, quella che Alvaro definirà come la “sanzione biblicamente terribile” ovvero: “la madre misconosciuta o picchiata o scacciata dai figli, invocava la maledizione su di essi scoprendosi il seno e posando la fronte sulla terra”. Scena tipica di una tragedia greca, ma fatta propria dalla ritualità religiosa e popolare calabrese. Ricorderà anche che chi veniva baciato dalla nutrice perdeva la memoria degli affetti, chi era malato, “mentre passava una processione doveva levarsi a sedere sul letto, altrimenti il suo stato si aggravava”. Credenze popolari diffuse e forse ancora sussistenti, non solo in Calabria: “il vento improvviso annunzia delitto”, “le piaghe alle gambe si curando fasciandole di foglie di quercia”,” a guardare le stelle e a toccarsi il viso nascono porri”, “basta gettare un pugno di sale in un forno acceso e scappare” per liberarsi dai porri. Od ancora: “ per far fruttificare gli alberi sterili si dà con la scure sulla corteccia degli alberi al primo venerdì di marzo e si mettono pietre tra ramo e ramo”. Per “abbreviare il transito a chi soffre troppo si pone un giogo di bue sotto il cuscino”, per evitare la polmonite “è opportuno non mangiare fagioli di color rosso”. Come ha avuto modo di scrivere Corrado Alvaro, con la conoscenza di queste credenze, tradizioni, ritualità, “si penetra il senso della vita di questa regione in contatto continuo con la natura ed i misteri”. Certamente molte superstizioni e tradizioni e ritualità e credenze son venute meno, ma tante ancora sussistono, una commistione tra religiosità e spiritualità, tra tradizioni arcaiche ed antiche, contadine e tragiche che ben possono spiegare la complessità della Calabria.

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