Quel paradosso di Gorizia, dove da un lato si celebrano i cooperanti dei nazisti, dall'altro li si condannano come odiatori dell'Italia

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A Gorizia il nazionalismo è capace di produrre dei cortocircuiti storici incredibili. Da un lato al parco della Rimembranza continua a dominare sovrano il monumento fatto a pezzi dai domobranci, collaborazionisti dei nazisti nella Venezia Giulia occupata dalla Germania nazista, con una targa dove si può leggere che "mano incivile armata dall'odio dei nemici dell'Italia" il  il 12 agosto del 1944 lo fecero saltare in aria". Evento che fu la conseguenza dell'attentato che avvenne al teatro Verdi di Gorizia il pomeriggio del 5 agosto del 1944. Al le ore 17.30 scoppiava una bomba ad orologeria nell'interno del teatro Verdi di Gorizia, a quell'ora affollato di donne e bambini. Rimanevano ferite 10 persone fra le quali due gravemente e decedevano poi all'ospedale. Altra bomba  inesplosa  veniva rinvenuta nella galleria dello stesso Teatro. Inizialmente si diede colpa ai partigiani, liquidati sempre come banditi, ma diverse ipotesi invece hanno sost...

Prospettiva fallica: da Bologna ad Osor con uno sguardo insolito a Trieste

Così scriveva Wu Ming 1 in un suo recente post: “”Se fissiamo il Nettuno del Giambologna da una particolare angolatura, di scorcio, vedremo realizzarsi una magia: il pollice sinistro spunta dal fianco e diviene un fallo eretto con tanto di glande enfio e turgido. Una leggenda locale parla di uno scherzo del Giambologna alle monache dell’adiacente convento: guardando dalle finestre, vedevano il dio esibire una poderosa erezione. Ecco che irrompe il conflitto, ecco che l’Uno (la statua) diventa due (lo scultore irriverente e le suore), e poi molti, perché uno pensa al potere committente, alle persone che sapevano della burla, a quelli che se ne sono accorti da soli, a chi tramanda la leggenda, e poi, chissà se è davvero «solo» una leggenda… Ecco un’allegoria di quanto cerchiamo di fare nei nostri libri”. Ed ha ragione. Quella statua di Bologna è nota proprio per tale particolarità “fallica”, una delle prime cose che si fanno notare ai non bolognesi, appena giunti nello splendido spazio tra Piazza Maggiore e la nota Sala della Borsa è proprio il pene, non pene, del dio Nettuno.
Ma non è l'unico. Ad Osor, splendida e piccola località della Croazia, dove a quanto pare vi è stata la corsa alle sculture, ebbene, una di queste, se inquadrata dalla giusta prospettiva, apparirà nella sua versione fallica, il violino potrà diventare strumento fallico.








Anche Trieste ha il suo gioco fallico...
Una delle statue della fontana dei quattro continenti, quella che rappresenta l'Africa, se immortalata dalla giusta prospettiva fallica, avrà il suo pene, più grosso e tendente ad essere mozzato che lungo a dire la verità.

Ma a pochi passi dalla statua raffigurante il continente africano sorge una possente colonna in pietra bianca che sorregge la statua di Carlo VI d'Asburgo ed in tema di prospettiva fallica, a quanto pare, non scherza mica.
Il pene, specialmente nel periodo dei Romani ma anche in  quello dei Greci, era simbolo di potenza, di potere ed agevolava, in base alle dimensione e forma, la carriera militare. Non è un mistero che i cannoni e molti strumenti da guerra richiamano il pene. Fallici, ma non fallaci, perché uccidevano. Insomma la vita, tra scherni ed atti volutamente consapevoli, può offrirti, per le strade delle città dei momenti diversivi, un diversivo ironicamente fallico.Vedere ed osservare attraverso lo spazio non comune. Ottica alternativa, un duello tra razionalità e follia, tra dionisiaco e apollineo, insomma chiamala se vuoi semplicemente prospettiva fallica.




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