Città che vai divieto
che trovi. Il periodo della propaganda elettorale è soggetto ad una
normativa a dir poco stringente. Le fonti normative di riferimento
sono in particolar modo la Legge 212 del 1956 articolo 6 che così
norma “ Dal trentesimo giorno precedente la data fissata per le
elezioni e' vietata ogni forma di propaganda elettorale luminosa o
figurativa, a carattere fisso in luogo pubblico, escluse le
insegne indicanti le sedi dei partiti. E' vietato, altresi', il
lancio o il getto di volantini in luogo pubblico o aperto al
pubblico e ogni forma di propaganda luminosa mobile”.
Ma anche la Legge 130 del
1975 articolo 7 comma 1 lì ove afferma che “ Le riunioni
elettorali alle quali non si applicano le disposizioni dell'articolo
18 del testo unico 18 giugno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica
sicurezza, a termine dell'ultimo comma dello stesso articolo,
possono aver luogo non prima del 30° giorno antecedente la data
fissata per le elezioni. Durante detto periodo l'uso di
altoparlanti su mezzi mobili e' consentito soltanto per il
preannuncio dell'ora e del luogo in cui si terranno i comizi e le
riunioni di propaganda elettorale e solamente dalle ore 9 alle
ore 21,30 del giorno della manifestazione e di quello precedente,
salvo diverse motivate determinazioni più' restrittive
adottate da parte degli enti locali interessati relativamente
agli orari anzidetti. La contravvenzione alle norme di cui al comma
precedente e' punita con l'arresto fino a 6 mesi e con l'ammenda
da lire 50.000 a lire 500.000”.
A queste fonti primarie
di Legge si deve aggiungere la Circolare della Direzione generale
dell’amministrazione civile – Direzione centrale per i servizi
elettorali, 8 aprile 1980, n. 1943/V del Ministero dell'Interno.
Ricordando che si tratta
di Circolare, dunque non di atto normativo primario, è
prevalentemente diretta alle soggettività politiche che partecipano
o competono per il processo elettorale ivi considerato. Si legge, per
esempio, che lo scopo della normativa è quello di “moderare
eccessi e dispendi in occasione di consultazioni popolari e ad
assicurare, nello stesse tempo, a tutti i cittadini, i partiti e le
organizzazioni politiche, durante la campagna elettorale, parità di
condizioni per la propaganda, eliminando qualsiasi privilegio
determinato da maggiori possibilità finanziarie”.
Ed anche che “dalla legge anzidetta è derivata, indubbiamente, una maggiore
compostezza delle competizioni elettorale ed una sufficiente tutela
della estetica cittadina, gravemente deturpata, in passato,
dall’intemperanza di una incontrollata propaganda, compiuta con
ogni mezzo. (...)Nella predetta opera di prevenzione e di repressione
le Autorità che hanno competenza in materia di ordine pubblico e di
pubblica sicurezza, dovranno sollecitare la responsabile
collaborazione dei partiti e delle organizzazioni politiche affinché
le generali disposizioni della legge trovino, nelle concrete
situazioni locali, la realizzazione più aderente agli intenti che le
hanno dettate In quest’ordine di idee, deve ritenersi, altresì,
consentito, facendosi leva anche su azioni preventive intese a
ricercare l’accordo con le parti interessate, svolgere ogni
intervento, fino a quelli coercitivi, per evitare: la distribuzione
di volantini quando sia rivolta a partecipanti a comizi di diverso
orientamento politico; il transito di mezzi mobili, annunzianti
l’ora ed il luogo di comizi, in prossimità di piazze, strade o
locali ove siano in corso altre manifestazioni elettorali; cortei o
parate nelle prossimità di dette piazze, strade, o locali”.
In tema di cortei si
specifica che “Interventi siffatti sono da ritenere
facoltizzati dai poteri generali della polizia di sicurezza, da
quelli specifici a difesa dell’ordine pubblico e della pubblica
tranquillità e dalla stessa normativa penale, nella materia di cui
trattasi”.
Dunque una circolare dispositiva molto stringente, che interpreta in
modo peggiorativo il quadro normativo primario nonché quello
costituzionale, a cui spesso seguono accordi o protocolli territoriali eterogenei. Ma, come ben evidenziano molte Prefetture, “in
conformità alle direttive impartite in materia dal Ministero
dell'Interno, durante i periodi di campagna elettorale sono
consentite manifestazioni per altre iniziative politiche o postazioni
destinate alla raccolta di firme a sostegno di altre iniziative
politiche, sempreché si attengano alla normativa di cui alle leggi
4.4.1956, n. 212 e 21.4.1975, n. 130, in tema di propaganda
elettorale. In dette postazioni l'esposizione di manifesti o
iscrizioni deve pertanto riguardare l'oggetto della specifica
iniziativa e non debbono quindi costituire propaganda diretta o
indiretta concernente le consultazioni elettorali in corso”.
Quindi non è vero che le
manifestazioni politiche, che non interessano i processi elettorali,
devono essere vietate, ivi incluse, ovviamente manifestazioni
studentesche, sindacali,dei lavoratori e così via discorrendo,
perché se così fosse si tratterebbe sia di una interpretazione
fortemente restrittiva della materia che illegittima e che ben
evidenzierebbe la volontà di reprimere ogni processo di libertà di
manifestare, un diritto che non può essere limitato, né tanto meno
vietato, nel periodo elettorale, ben ribadendo che la normativa
esistente in materia, relativa alla prescrizioni da osservare durante la "propaganda elettorale", si rivolge esclusivamente a quelle soggettività chiamate a
svolgere un ruolo attivo nei processi elettorali, come i partiti coinvolti nel processo elettorale, e non si rivolge certamente alle manifestazioni sindacali
o similari che nulla hanno a che vedere con i processi elettorali. In base al quadro
normativo vigente, il diritto di manifestare non deve interferire
con i “processi elettorali”,ma è anche ovvio che i processi
elettorali non devono interferire con il diritto costituzionale di manifestare.
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