L'Egitto continua a non essere dichiarato Paese insicuro ma Giulio non è finito nell'oblio

 Nel sito Viaggiare Sicuri della Farnesina, nella scheda dedicata all'Egitto si continua a leggere che   " Dal 2011 l’Egitto è stato attraversato da profondi rivolgimenti politico-sociali ed il contesto politico-regionale relativo alla questione palestinese può avere riflessi sulla stabilità sociale e movimenti di protesta. I connazionali che si recano nel Paese per motivi professionali, di studio o turistici, devono essere pienamente consapevoli di tale contesto generale, così come dei rischi di detenzione o di altre misure coercitive connesse alla partecipazione ad attività politiche o anche soltanto a discussioni potenzialmente ricollegabili al contesto politico interno, come dimostra l’omicidio di Giulio Regeni. Come noto, nel 2016, è stato rinvenuto, vicino al Cairo, il corpo del giovane ricercatore italiano, torturato e barbaramente ucciso". I rapporti commerciali tra Italia ed Egitto continuano ad essere consolidati, si stipulano anche accordi...

Quando un gesto di follia e disperazione diventa fionda per il razzismo




Una giornata qualunque, forse.
Musicisti di strada, artisti di strada, persone che vanno persone che vengono, altre che protestano nei pressi del palazzo della Regione.
Splende il sole, in questo 12 marzo, ma non sarà quello dell'avvenire, quello forse non è mai sorto, almeno qui a Trieste ed in Italia.
Attimi della disperazione, attimi di tensione in una giornata apparentemente primaverile.
Sparerai al cielo, sparerai a quella speranza che ti ha abbandonato, sparerai alla paura, sparerai alla follia, sparerai in aria, i colpi secchi frantumeranno il silenzio di quella indifferenza che giorno dopo giorno, tramite anche la burocrazia, nega sorrisi, nega felicità, nega l'esistenza.
Hai voluto forse sfidare questa negazione.
Nel peggiore dei modi.
Sparando lì in alto dove il piombo si fonde con il dolore, con la disperazione. Sparando contro te stesso hai personificato la violenza della disperazione. Poi sirene, nastri, etichette che segnano i colpi della follia, si perde quasi il conto. Quel conto che tu hai pagato senza sconto alcuno. Con la tua vita. Eppure è un dramma della disperazione che forse ha trovato la goccia fatidica che ha fatto traboccare il fiume tempestoso della irrazionalità  nella burocrazia, in quelle carte e nei bolli che determinano il tuo essere regolare in un Paese che di irregolarità vive. Eppure un gesto così violento, cruento, ha aperto la via alla mai defunta intolleranza. Si scandalizza la società perbenista per gli striscioni negli stadi, si scandalizzano per i cori negli stadi, ma sembra essere tutto fottutamente normale quando un gesto di simile assurdità, che ben poteva essere compiuto anche da un semplice italiano, magari per altri motivi, magari per qualche altra goccia perfida che scavava la fossa della via del non ritorno mentre la tua vita continuava a barcollare,  diventa la fionda per il razzismo. Diversi i commenti apparsi in rete che insultano in sostanza il ragazzo di origini afgane soggetto ed oggetto di questo dramma , che usano il pretesto di questo dramma per attaccare "gli stranieri" e ciò accade nella multietnica Trieste, città mitteleuropea,  una città che vive di ricordi, ma che di ricordi può anche morire mentre il mondo corre inesorabilmente verso la disumanità sempre più diffusa. 

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