Dieci anni dall'Istituzione del giorno
del ricordo. Dieci febbraio, che è la stessa data della
sottoscrizione del Trattato di Pace di Parigi del 1947, un trattato
che ha totalmente ignorato la resistenza che gli italiani hanno
effettuato contro i nazifascisti. Giorno del ricordo in cui si parla
anche delle vicende complesse del confine orientale. Ed io decido di parlare della Brigata
Proletaria, perché rientra nelle vicende complesse del confine orientale, perché tra revisionismi, menzogne, esaltazione di eventi,
esasperazione dei singoli fatti proposti in modo sconnesso dal
passato di cui sono figli, un passato censurato e chiuso nel peggior
oblio opportunista, in quella terra che ha visto sorgere il sole
dell'avvenire ma anche tramontare ad est il sole della verità, è
cosa utile e positiva parlare della resistenza, anche in tale
occasione.
A Selz, di Ronchi dei Partigiani, esiste
un cippo per la Brigata Proletaria, il primo gruppo, di resistenza
armata, nato contro il nazifascismo, a cui ha fatto anche parte la
prima staffetta partigiana d'Italia, Ondina Peteani.
Il giorno 8 settembre 1943 alla notizia
dell'armistizio gli operai dei C.R.D.A. di Monfalcone e di altre
fabbriche, erano già pronti e determinati per combattere contro i nazifascisti.
Il giorno 9 settembre nascerà il primo comitato d'azione ed il 10
settembre, a Monfalcone, dopo un comizio ove parteciparono con tanto
di tuta blu gli operai, questi confluirono a Cave di Selz per costituire
quella che sarà la Brigata Proletaria.
“ Eravamo in tanti, io credo quasi un
migliaio, e si andò prima di tutto a Selz e a Vermegliano nelle case
dei contadini a prendere carri agricoli, aratri, erpici e altra
ferramenta; sistemammo il tutto sulla strada in modo di formare degli
ostacoli posti a scacchiera per fermare l'avanzata di eventuali carri
armati o autoblinde dei tedeschi. Da lì a piedi ci portammo a Villa
Montevecchio, eravamo armati di mitragliatrici, fucili e moschetti
appartenuti all'esercito italiano.Furono formate le brigate italiane:
una venne dislocata a Merna e una fu inviata alla Stazione di
Gorizia. Così Giovanni Morsolin intervistato da Silvio Domini nel
1996, il cui testo è stato riportato nel libro Ronchi dei L. Storia
e documenti, 2006, pag 158 e ss. Il gruppo di resistenza di Morsolin, dopo un'azione
partigiana sui monti sopra l'Aidussina, venne catturato da una
pattuglia di tedeschi. Messi contro un muro furono crivellati di
colpi, da raffiche di mitra,caddero tutti i suoi nove compagni di
lotta, ma Morsolin si salvò, perché creduto morto, venne ferito solo di
striscio sopra l'occhio.
Ondina Peteani dirà “ "Da
parte del comando partigiano viene impartito l'ordine a Fontanot
Vinicio (Petronio) di scendere a Ronchi per reclutare largamente fra
i compagni del terreno. A Selz incontra Marega Ferdinando alla testa
di un nutrito gruppo di operai del cantiere che si arruolano
volontari tra i partigiani. Si forma così la prima brigata
partigiana italiana che assume provvisoriamente il nome di Brigata
Triestina, col compito di operare principalmente nella parte più avanzata del Carso, sopra
Monfalcone fino a Gorizia" ( in Riccardo Giacuzzo - Giacomo
Scotti, Quelli della montagna. Storia del Battaglione Triestino
d'Assalto, Centro di Ricerche Storiche, Rovigno, 1972, p.).
Si unirono alla Brigata proletaria anche i partigiani
sloveni e fecero importanti azioni, come l'interruzione di strade e della linea Trieste Gorizia,
cosa che venne perfettamente eseguita con la distruzione dei ponti sul Vipacco. Attaccarono il presidio nemico dell'aeroporto
di Ronchi, misero in fuga un corpo di guardia tedesco che
sorvegliava il cavalcavia, però poi l'azione di risposta tedesca fu
violentissima,in quella che verrà ricordata come la battaglia di
Gorizia.
Chiudere gli occhi ed immaginare operai
con la tuta blu, contadini, antifascisti, giovani e donne, uniti e
unite nella resistenza, che con quel nome, brigata proletaria, omaggiarono anche le brigate proletarie già operanti in Jugoslavia da diverso tempo, come atto di fratellanza e solidarietà e condivisione della resistenza antinazifascista dei partigiani jugoslavi, è una forte emozione. Quella della brigata proletaria è stata la prima resistenza armata dopo la firma
dell'Armistizio, nata con lo scopo di liberare l'Italia dal
nazifascismo e per edificare una società anti-capitalista, socialista,
perché la resistenza è stata anche ciò, cosa che si vuole
rimuovere, dimenticare o nascondere, non può che recare immensa emozione. Uomini e donne di Trieste,
Monfalcone, Fiume, Ronchi, Gorizia, e delle cittadine costiere istriane hanno
dato la vita, la loro vita, per costituire formazioni come la
Brigata Proletaria e Delavska Enotnost-Unità Operaia che collaborarono con la resistenza jugoslava nella prospettiva della rivoluzione
socialista , quella rivoluzione, osteggiata anche dalle direttive del PCI, tradita dal compromesso di cui oggi
giorno noi tutti vediamo e comprendiamo il senso aspro ed acerbo.
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