Doveva aprire a
settembre 2013, ma come sempre, il diritto alla salute e tutto ciò
che vi è correlato, può attendere, le beghe politiche vengono prima
di ogni cosa, gli annunci si perdono nel mentre di un niente, eppure
chi ha il dovere etico, morale, e sociale, di governare, dovrebbe ben
sapere che quando si parla di amianto si tocca un tasto doloroso,
ancora vivo, ma altamente delicato. Eppure con le promesse e con la
disperazione della gente si continua a giocare.
Siamo ad oltre metà
novembre 2013 ma del centro unico per l'amianto,che doveva aprire
presso i locali dell'Ospedale di San Polo di Monfalcone, si è persa,
per ora, traccia.
Allora decido di
recarmi presso la struttura ospedaliera di Monfalcone, al primo
piano.
Dopo aver percorso
un lungo corridoio, superata la porta d'ingresso, noto che in quel
luogo son presenti diverse associazioni che si occupano di varie
questioni attinenti alla salute dei cittadini,la cui presenza è per
nulla scontata in una struttura ospedaliera, penso che in Italia
saranno poche quelle che hanno tali e simili spazi in concessione.
Spazi, appunto.
Dopo
un qualche minuto di attesa, incontrerò Chiara
Paternoster e Diego Dotto due volontari dell'associazione Esposti
Amianto di Monfalcone nata nel febbraio del 1994 per iniziativa del
Sig. Duilio Castelli, ex coibentatore presso gli Stabilimenti Navali
di Monfalcone e riconosciuto malato di asbestosi già nel 1971.
Resosi conto della tragedia che l’uso massiccio dell’amianto
aveva creato nel Monfalconese decise di attivarsi per informare tutti
i lavoratori dei rischi connessi all’amianto. Da allora, presso
l’Ospedale Civile S.Polo di Monfalcone sede dell’Associazione,
uno sportello al servizio dei cittadini funziona due volte alla
settimana.
Uno sportello
gestito da volontari, e ciò è bene ribadirlo.
La prima cosa che
penserai, vista la collocazione dell'associazione è che tra
l'Azienda sanitaria, le Istituzioni, lo Stato, insomma, vi sia una
naturale e spontanea collaborazione, pensi per esempio che qualcuno in nome e per
conto di chi governa la sanità pubblica, abbia contatti diretti,
spontanei di collaborazione con quell'associazione.
Invece no. Quello è
solo uno spazio dato in concessione a diverse associazioni, punto.
Eppure non dovrebbe essere solo così, vista la particolarità della
materia trattata. Quante proposte di aiuto sono state avanzate da
parte delle istituzioni a chi si occupa, in modo volontario, di tutti
i problemi correlati all'amianto?
Sorvolo sulla
risposta.
Quello che emergerà
nell'umano confronto avuto con Chiara e Diego è significativo.
E' emersa la non
comunicabilità, è emersa la solitudine di chi vive e combatte
contro l'amianto, è emersa la paura, è emerso il silenzio, è
emersa la non collaborazione, è emersa l'indifferenza, è emersa la
mancata socializzazione e gestione collettiva di un dramma che pur
essendo individuale in verità non è individuale ma sociale.
Quello dell'amianto
è un dramma sociale e non può essere altrimenti e se pensiamo alla
principale casistica del monfalconese, una delle realtà più
martoriate, su questo tema, in Italia, deve essere essenzialmente
sociale.
Perché nel cantiere
navale quando si lavorava a contatto con l'amianto, si lavorava in un
luogo appartenente allo Stato. E' il corpo dello Stato, nel suo complesso e con la voce della politica, ad essere responsabile di
ciò che è accaduto. Scaricare la sola responsabilità verso singoli
è un fattore che non risolverà nulla fino a quando lo Stato e la politica non si
assumerà la responsabilità di non aver dovutamente vigilato, di non
aver effettuato alcuna sorveglianza sanitaria, nessuna prevenzione,
eppure già dal 1906 erano noti gli effetti altamente nocivi del
killer amianto.
Una farina
apparentemente innocua con cui hai impastato la tua morte.
Perché tu non lo
sapevi, perché nulla ti avevano detto, perché il boom economico ha
prevalso su ogni ragione e senso di umanità e rispetto della vita
umana. L'amianto è ovunque ma ancora oggi non lo sappiamo o peggio
ancora non vogliamo saperlo.
Poi interverrà la
legislazione dei primi anni novanta, a livello regionale invece si
dovrà attendere quella del 2001, come integrata dalla legge
regionale del 2005, una delle migliori in Italia in quel tempo, come
ricorda Diego, peccato che non è stata pienamente attuata.
La
L.R. 22/2001 Disposizioni in materia di sorveglianza, prevenzione e
informazione delle situazioni da rischio amianto e interventi
regionali ad esso correlati coordinato con la LR 21/2005 prevede già
dal suo primo articolo che la Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia
deve promuovere la sorveglianza delle situazioni caratterizzate da
presenza e da rischio amianto, coordinando l’operato dei soggetti
esercitanti le funzioni di vigilanza e di controllo e attuando azioni
di prevenzione delle malattie conseguenti all’esposizione
all’amianto nei confronti delle persone che siano state o risultino
tuttora esposte e dei loro familiari.
Ma dovrebbe anche
promuovere la ricerca clinica e di base del settore attraverso
idonei strumenti disciplinati dalla presente legge e sostiene le
persone affette da malattie professionali causate dall’amianto e le
loro famiglie.
Oppure l’Agenzia
regionale della sanità’, di concerto con altri organi dovrebbe
predisporre, con il supporto dei dipartimenti di prevenzione e delle
strutture universitarie di medicina del lavoro, un piano regionale di
informazione sulle patologie asbesto-correlate nei confronti:a) della
popolazione in generale;b) dei lavoratori degli enti e delle aziende
che sono stati esposti all’amianto;c) dei medici di medicina
generale e dei medici ospedalieri.
A Monfalcone tra il
2004 ed il 2005 esisteva uno sportello ospitato proprio nei locali
del Comune. Ma dopo poco tempo ha chiuso. Poca informazione e scarsa
partecipazione da parte della cittadinanza.
Sembrerebbe che i
registri regionali dell'amianto non includono coloro che sono già
inseriti nella banca dati degli Istituti previdenziali, in tema di
amianto, perché la prevenzione, da attuare, rischierebbe di essere
troppo onerosa per le casse pubbliche e se ciò dovesse corrispondere
al vero sarebbe il tutto di una gravità mostruosa.
Così come è
inconcepibile che lo Stato non abbia provveduto ad effettuare la
prevenzione verso tutti gli esposti all'amianto quando tale questione
è divenuta di dominio pubblico. Eppure l'elenco di chi ha lavorato
per esempio al cantiere navale era disponibile o no? Per
non parlare di quanto mi segnala Lorenzo Lorusso, il presidente
dell’Associazione Finanzieri Esposti all’Amianto del Friuli
Venezia Giulia il quale segue la vicenda amianto da oltre 10 anni e
mi evidenzia che nella nostra Regione ci sono 48 dipendenti ed ex
tali della Guardia di Finanza iscritti nel Registro Regionale degli
Esposti. Altri due erano iscritti nel Registro dei Mesoteliomi e sono
poi, purtroppo, deceduti. Nonostante questo molte autorità
competenti tendono a minimizzare, ai finanzieri viene negato persino
il previsto curriculum lavorativo, un atto , a pare di Lorusso, che
io condivido, dovuto.
Ma i problemi non
finiscono qui.
Sembra di capire che non esiste alcun
minimo coordinamento tra i vari soggetti che effettuano cura e
ricerca in questo campo e se esiste non è conosciuto. Esiste invece la
prassi del passaparola. Se sarai fortunato, ed avrai parlato con la
persona giusta, allora verrai a conoscenza del fatto che ad Aviano si
sperimentano nuove terapie, dove è impiegata una molecola prodotta in laboratorio che potenzierebbe il sistema immunitario.
Per non parlare
della mancata o carente formazione, in tale ambito, nei confronti dei
medici di base o della quasi totalità di assenza di assistenza
psicologica che dovrebbe essere garantita a chi vive tale immane
problematica.
E le scuole? Le
scuole come si comportano?
Chiara
e Diego, evidenziano che a parte la sensibilità manifestata da
qualche dirigente scolastico, nulla è stato fatto, anzi diranno che
siamo
stati noi dell'associazione a farci avanti in diversi casi.
Eppure in una
Regione come la nostra si dovrebbe avviare un processo cognitivo e
formativo sull'amianto, perché il problema non è mica superato,
anzi.
I casi non
riguardano solo i cantierini, ma anche altri lavoratori. Si parla di
coloro che hanno lavorato freni per macchine, nelle ferrovie, in
edilizia, in cartiera, con le caldaie ed attività di
manutenzione,nella portualità, i finanzieri, i vigili del fuoco,e
tante altre categorie, per non parlare dei semplici cittadini,
appunto, ma su tale questione rimando ad un prossimo intervento.
Mancanza di
coordinamento, finanziamenti sulla ricerca irrisori, mancanza di
informazioni, individualizzazione del problema amianto, mancanza di
comunicazione tra i soggetti pubblici ma anche tra soggetti pubblici
ed associazioni che si occupano di amianto, mancanza di formazione
adeguata, insomma, spesso si cerca la via della giustizia, penale o
civile, dai tempi lunghi, dagli esiti incerti, che mai in ogni caso
riusciranno pienamente ad offrire giustizia.
Lo Stato rischierebbe di
andare in fallimento se dovesse risarcire tutti coloro che hanno
avuto a che fare con l'amianto, tipica diceria, ma alquanto diffusa.
Lo Stato, o meglio buona parte di esso, ha già fallito nel momento in cui nulla ha fatto per
evitare che i lavoratori od i cittadini venissero a contatto con
l'amianto. Ora si cerca in qualche modo di rimediare, ma a rilento e
spesso ci si perde nella sterile demagogia o peggio ancora nella
burocrazia che crea solo illusioni e di illusioni non né abbiamo più
bisogno.
Il lavoro svolto
dall'associazione esposti amianto di Monfalcone è importante, è da
anni la più importante realtà che in zona riesce a conferire
qualche risposta a chi cerca delle risposte, ma non si possono
certamente da soli fare miracoli. E' dovere dello Stato intervenire
ma è dovere della collettività farsi carico di questa problematica,
perché non è un problema del singolo, ma di tutti, e solo così, in
questo modo le cose potranno forse mutare e costringere lo Stato a
mutare radicalmente rotta, per esempio destinando congrui
finanziamenti per la ricerca, coinvolgendo le scuole,sanzionando chi
ancora oggi ricorre all'amianto anche all'estero.
Ma come mi è stato
riferito più volte vi sarebbero diverse società italiane, che
sfrutterebbero lavoratori interinali operando in Paesi asiatici
ove nessuna legislazione o tutela esiste in tema di amianto, insomma
hai società italiane che mandano i lavoratori a morire con
l'amianto, nonostante tutto. Di che stupirsi d'altronde quando
l'Italia riceve con tutte le onorificenze del caso Putin, quando la
Russia è ancora oggi il primo produttore di amianto?
Una stretta di mano,
un certo arrivederci, e con mille e più perplessità lentamente
uscirai dall'Ospedale S. Polo non prima di aver condiviso una forte provocazione, forse si dovrebbe realizzare un cimitero di soli morti di amianto, di sole persone uccise dall'amianto, per capire di cosa stiamo parlando? A volte le immagini reali scuotono meglio le coscienze spesso chiuse nel circolo vizioso dell'indifferenza od avvolte dal velo di quella paura che deve essere gettato via,perché solo condividendo questo dramma è possibile affrontare in maniera compiuta la questione amianto e, come già ricordato, non basta andare nei soli Tribunali, perché il problema non lo si risolve solamente lì, anzi.
p.s
ho intenzione di effettuare inchieste ed approfondimenti e denunce sulla questione #amianto in FVG. Se avete segnalazioni in FVG, in particolar modo tra la provincia di #Trieste e #Gorizia questa la mail marcusbarone@yahoo.it come oggetto inserite amianto. Cordialmente m.b
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