Come
è noto è stato pubblicato da poche settimane il nuovo Codice
di "condotta" per i dipendenti pubblici ed in particolar modo
l'articolo 12 comma 2 afferma che “Salvo il diritto di esprimere
valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali,
il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche offensive nei
confronti dell’amministrazione”.
Una
norma che si presterà a diverse interpretazioni.
Ultimamente,
specialmente grazie alla diffusione di strumenti di socializzazione
virtuale tramite internet, molti lavoratori tendono ad esprimere
diverse valutazioni, anche critiche, nei confronti del proprio datore
di lavoro. Diversi sono stati i procedimenti disciplinari avviati per
tal motivo, ciò conferma che i datori di lavoro controllano anche
facebook, twitter, blog e similari, d'altronde di che stupirsi? La
privacy non esiste, salvo(?) che l'individuo decida di comunicare solo
privatamente, ma così non è, perché oggi giorno ognuno di noi
vuole essere protagonista, essere qualcuno, deve comunicare, ed
internet facilità tale comportamento ma nello stesso tempo anche il
controllo sia esso sociale che non.
La
Corte di Cassazione con la sentenza sentenza 24
aprile – 20 giugno 2013, n. 15443, affronta un caso di diffamazione
a mezzo stampa, attivato tramite una querela da parte della Coop
Estense contro una lettera di un lavoratore pubblicata nell’edizione
del 20 giugno 1999 del quotidiano locale “La Gazzetta di Modena”,
sotto il titolo principale “Non tutto oro ciò che è Coop se hai
un contratto a termine” e quello secondario di “Clima di paura
tra i precari”, che veniva reputato dalla connotazione diffamatoria.
La
Corte di Cassazione dopo un processo durato diversi anni affermerà
che “ qualora la narrazione di determinati
fatti sia esposta insieme alle opinioni dell’autore dello scritto,
in modo da costituire nel contempo esercizio di cronaca e di critica,
la valutazione della continenza non può essere condotta sulla base
di criteri solo formali, richiedendosi, invece, un bilanciamento
dell’interesse individuale alla reputazione con quello alla libera
manifestazione del pensiero, costituzionalmente garantita (art. 21
Cost.); bilanciamento ravvisabile nella pertinenza della critica
all’interesse dell’opinione pubblica alla conoscenza non del
fatto oggetto di critica, ma di quella interpretazione del fatto, che
costituisce, assieme alla continenza, requisito per l’esimente
dell’esercizio del diritto di critica (Cass n.25/2009). Giova
aggiungere che, in materia, non sussiste una generica prevalenza del
diritto all’onore sul diritto di critica, in quanto ogni critica:
alla persona può incidere sulla sua reputazione; del resto, negare
il diritto di critica solo perché lesivo della reputazione di taluno
significherebbe negare il diritto di libera manifestazione del
pensiero. Pertanto, il diritto di critica può essere esercitato
anche mediante espressioni lesive della reputazione altrui, purché
esse siano strumento di manifestazione di un ragionato dissenso e non
si risolvano in una gratuita aggressione distruttiva dell’onore
(Cass. n.4545/2012, n.12420/08)”,
Ovviamente
si deve rilevare che esistono anche sentenze non positive per i
lavoratori in tal senso, però il principio enunciato, applicabile a
tutte le categorie di lavoratori, è certamente significativo lì ove
si precisa che il diritto di critica può
essere esercitato anche mediante espressioni lesive della reputazione
altrui, purché esse siano strumento di manifestazione di un
ragionato dissenso e non si risolvano in una gratuita aggressione
distruttiva dell’onore.
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