Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

Immagine
Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

La pubblicità di infostrada è l'Italia che viviamo.

La pubblicità spesso rappresenta meglio di ogni altra cosa il tempo in cui viviamo.
Devono vendere un prodotto, devono captare cosa la gente vuole o non vuole, ma nello stesso momento devono rappresentare in pochi minuti la fase storica e sociale che viviamo.
Voglio brevemente soffermarmi su quella di infostrada.
All'inizio vi era Fiorello, che solo soletto e tutto tranquillo rappresentava il ruolo del venditore ufficiale, all'interno della pubblicità, di infostrada.
Poi arriva il ragazzo giovane e bello, che sostituisce Fiorello e parte la guerra tra i due.
Stabilità contro precarietà.
Alla fine arriva il brutto che con il suo fascino minimo ma essenziale per la sopravvivenza del profitto comporta il licenziamento di Fiorello e del bello.
Ultimo atto, Fiorello il bello ed il brutto lavorano tutti insieme, ad una condizione però, adeguarsi al brutto.
Il brutto rappresenta l'essenza del mercato.
Brutto ma produttivo.
Brutto ma efficace.
Produttivo ed efficace per il datore di lavoro, per il sistema economico, non certamente per il lavoratore.
Ed allora se Fiorello rappresentava il vecchio modello del lavoratore, con diritti legittimi e legalizzati, il bello rappresentava il precario con pochi diritti, il brutto rappresenta pochissimi diritti ed il nuovo che avanza.
Ed allora anziché combattere e lottare perché il brutto vada via, perché il precario diventi stabile, cosa hanno deciso di fare?
Di unirsi al brutto, perché nell'immediato possono lavorare, poi si vedrà.
E cantano, e ballano con il brutto.
Cantando e ballando come vuole il brutto.
Adattamento.
Nessuna progettualità.
Questa è una lettura semplice semplice che ho voluto dare a quel tipo di pubblicità.
E mi sorprende nel senso che spiega a parer mio bene il tempo che viviamo.
Si è dato per scontato che l'articolo 18 e lo Statuto dei Lavoratori è cosa vecchia, morta e sepolta.
Trattano.
Sì, trattano.
I sindacati concertativi trattano.
Nessuna barricata.
No.
Trattano.
Ed allora quando si tratta su diritti dove non si deve trattare, quando la massa dei lavoratori tace o nei peggiori dei casi vivono la guerra tra poveri, cosa abbiamo più da difendere?
Nulla.
A cosa servirà poi scendere in piazza?
A nulla.
Ed allora ci stiamo tutti adeguando al brutto.
Il brutto è il governo Monti, l'oligarchia, il potere economico e bancario.
Ci adeguiamo.
Già, al brutto che avanza.

Commenti

Posta un commento

Post popolari in questo blog

Una storia per bambini della scuola primaria nella giornata Mondiale della Gentilezza

Come calcolare capienza di una piazza durante manifestazione?

Bruxelles e le vetrine hot