Trasformare la casa natale di Tina Modotti, nel museo Tina Modotti, può essere una grande opportunità per Udine

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Tina Modotti è probabilmente più apprezzata all'estero che in Friuli. Semplicemente è a dir poco sconcertante che non esista praticamente quasi nulla dedicato a lei. C'è una sala dedicata a Tina Modotti in città, c'è un punto Modotti, che ospita dei quadri di artisti locali, a pochi passi dalla casa natale di Tina Modotti che è cercata più dai messicani, sudamericani che altro. Eppure in quella via affascinante a pochi minuti a piedi dal centro di Udine, in via Pracchiuso 89, c'è la casa natale di Tina, dove sorge una targa con le parole di Neruda che ne ricordano l'essenza. La facciata della casa è stata recentemente restaurata e l'edificio ospita l’asilo notturno “Il Fogolâr”   inaugurato il 4 settembre del 2006  ed ospita le persone senzatetto  ed è gestito dalla Caritas. All'interno vi si trovano delle stampe e copie di alcune fotografie di Tina. Sarebbe il minimo sindacale pretendere di trasformare la casa natale di Tina Modotti in un museo che possa ac...

L'urlo di disperazione della sorella di Vakhtang: "A chi volete che interessi il destino di un migrante morto?"



L'articolo pubblicato su Repubblica sulla morte di Vakhtang Enukidze è un colpo diretto allo stomaco. Hai una sorella, che ha perso un fratello, una famiglia, un figlio, la comunità distante 3000 km da Gradisca, un suo cittadino. E la fiducia nella giustizia è pari a zero. A chi volete che interessi il destino di un migrante morto? Mio fratello era una persona equilibrata, di buon carattere. Non era certo un violento. Così Asmat Jokhadze, la sorella. Vakhtang era affidato allo Stato italiano. Ha attraversato diverse sue strutture, il carcere di Gorizia, il CPR di Gradisca. E' morto. Sulle cause della morte si dovranno attendere gli accertamenti dell'autopsia. La famiglia di Vakhtang dovrà ancora aspettare per riavere il proprio caro. I fatti, le ricostruzioni, sono contrastanti, ma univoche nella direzione che qualcosa è successo, all'interno delle strutture dello Stato dove il georgiano era in stato di affidamento prima di essere espulso, o meglio rimpatriato, come si dice ora. Sono tante le questioni su cui si dovrà fare luce e chiarezza prima di gettare prematuramente sentenze definitive, è interesse di tutti in un Paese che purtroppo più volte si è dovuto scontrare con casi di ingiustizia. L'elenco è lunghissimo. Il CPR è ingestibile. Lo si sapeva. E' un contenitore implosivo. Ed è imploso. E come se non bastasse, quella politica istituzionale al governo regionale che dovrebbe assumere comportamento di neutralità e buon senso in casi come questi, invece, annuncia la necessità di aprirne altri di CPR all'interno del FVG. Secondo quel disegno che da terra di accoglienza diventa terra di espulsione. Qui non siete più graditi. La componente emotiva, per quanto difficile deve restare fuori dalla sfera processuale per arrivare a cercare di fare giustizia. Quella politica arriverà il momento in cui avrà il suo peso, ma ora, la cosa più importante è non perdere tempo. Perché i primi giorni sono quelle fondamentali per la composizione di un puzzle complesso che tocca più sfere. E cerchiamo di dimostrare alla famiglia di Vakhtang che a noi della sorte del loro caro, interessa. Che un migrante morto è un cittadino come noi. Che non siamo delle bestie indifferenti. Che questo fosse il peggior criminale sulla faccia della terra, e Vakhtang non lo era, che fosse un santo, poco importa. Lo stato di diritto deve essere uguale per tutti, se così non fosse, ritorneremmo in un sistema di barbarie anticostituzionale e tipico delle peggiori tirannie.

mb

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