La ciminiera di Monfalcone va salvaguardata non demolita

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In Italia spesso si preferisce inseguire la via della tabula rasa, dell'annientamento, del vuoto, per dare spazio al nuovo che sormonta e travolge tutto ciò che è stato nel bene e nel male. Ci sono manufatti che hanno segnato la vita e la quotidianità di una comunità. Ci sono manufatti architettonici che caratterizzano i luoghi ed uno di questi è indiscutibilmente la ciminiera di Monfalcone di cui si apprende che nel 2027 avverrà la sua demolizione. Qui non è chiaramente in discussione la riconversione della centrale attuale ma di ciò che esteticamente, simbolicamente, rappresenta quel manufatto enorme di circa 150 metri circa realizzato nel secolo scorso e che andrebbe preservato piuttosto che spazzato via. Quel manufatto potrebbe essere considerato come ciminiera storica industriale, elemento tipico del paesaggio industriale monfalconese. Perchè non valutarne la sua valorizzazione a livello conservativo, anche come elemento storico di riflessione di come i processi ...

Il milite ignoto ed il dolore delle cinque madri, ma solo una poteva essere quella giusta

Undici furono le salme che caratterizzarono l'epopea del milite ignoto, una sola poteva essere scelta ed una sola venne scelta. E doveva essere una donna, una madre a compiere l'ennesimo atto "votivo" alla causa nazionale. Nell'imbarazzo di tale incredibile situazione ci fu una vera e propria selezione, per scegliere la madre giusta, il dolore giusto, con il figlio giusto, perso in guerra. L'Italia veniva rappresentata come una donna, la vittoria veniva identificata come una donna. Che mezzo milioni di madri persero i propri figli e poco più di un milione videro i propri figli essere gravemente feriti, o maciullati, era un qualcosa che doveva trovare il giusto coronamento con la giusta scenografia, iconografia, estetica nazionale di stato.
Ci fu una vera e propria selezione. Venne nominata una commissione che aveva il compito di scegliere la madre giusta. Non poteva essere Anna Visentini Feruglio, udinese, la prima madre scelta, madre di ben due figli dispersi in guerra,  non poteva essere una madre di Livorno che pare si recò a piedi da Livorno fino alla capitale del Friuli, Udine alla ricerca disperata del proprio figlio, non poteva essere una madre di Lavarone che si racconta addirittura che la stessa scavando in cimitero con le proprie mani la terra che ne ricopriva i resti, una volta trovate le ossa giuste le ricompose con un nastro, tricolore, così si racconta per portarle nel proprio paese. Storia che ricorda per diversi aspetti l'ultimo pensiero dei soldati colpiti prima di perire, come vengono tramandati dalla retorica nazionale, che ovviamente non era per la madre, non era una maledizione per la guerra e per chi li ha sottratti alla propria vita per essere massacrati in una carneficina, non era per la propria amata od il proprio amato, ma l'ultimo pensiero era d'amore per l'Italia. Viva l'Italia. Già.
 
E non poteva neanche essere il caso di una povera e disperata mamma che si racconta ebbe la forza di  assistere a oltre 150 esumazioni pur di trovare i resti del figlio. No. Serviva dell'altro. E quell'altro venne individuato nel dolore di Maria Bergamas, di Gradisca d’Isonzo, madre dell’irredento Antonio Bergamas, sottotenente decorato di Medaglia d’argento al valor militare, caduto sul monte Cimone il 18 giugno 1916 il quale in sostanza passò dall'Impero Austro-Ungarico al Regno d'Italia, morì combattendo per l'Italia contro quello che era stato il suo Impero. Per molti un classico traditore, per altri la figura perfetta dell'eroe nazionale, eroe o non eroe poco importa, perchè morì in una guerra ingiusta, massacrante ed il dolore della mamma, la quinta, si è dovuto chinare alla causa nazionale per quel milite ignoto che ha segnato la storia di questo Paese.

Marco Barone
 
 

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